Diritti Animali

In Calabria portati a quota 1.300 metri centinaia di animali esotici «per attirare turisti». Struttura abusiva, alcuni esemplari morti a causa del freddo

Cammelli e lama, lo zoo dei forestali sull’Aspromonte

27 dicembre 2004
Sergio Rizzo
Fonte: www.corriere.it
27.12.04

Un cammello dello zoo Che cosa avesse spinto Domenico Basile a imbarcarsi in quest’avventura, non è dato sapere. La motivazione per aprire uno zoo con centinaia di animali esotici nel bel mezzo dell’Aspromonte doveva tuttavia essere consistente. Cammelli, dromedari, lama, struzzi, zebù, emù. Serpenti boa e pitoni. Ma anche rapaci e uccelli di tutti i tipi. Gru damigelle di Numidia, avvoltoi neri, gheppi americani, pellicani, tucani e persino 90 (novanta) coloratissimi pappagalli, frequentatori abituali della giungla tropicale. Il tutto a 1.300 metri di quota dove di solito, in pieno inverno, c’è un metro di neve. Quantomeno un bizzarro modo di impiegare i soldi pubblici. E nemmeno pochi, visto che l’Afor, l’Azienda per la forestazione della Regione Calabria, quella che ha in carico gli 11 mila forestali e di cui Basile era presidente, avrebbe speso almeno 10 milioni di euro. Se però la storia del «centro faunistico» di Basilicò, subito ribattezzato il Jurassic park dell’Aspromonte, non fosse ancora più assurda.

Per i vertici dell’Afor, evidentemente convinti di aver avuto un’idea geniale, lo zoo di montagna doveva rappresentare una eccezionale attrazione turistica. Il posto c’era. Il contesto naturale, pure. Mancavano solo gli animali esotici. Si provvide, in ossequio alle normative europee, comprandoli in Olanda, anche se nessuno è in grado di dire in base a quale criterio (e soprattutto a che prezzo) venne riempita quella improvvisata Arca di Noè. A quel punto non restava che costruire il giardino zoologico.

Ma fu il meno. Nemmeno una formalità. Né una gara. Soprattutto, nessun permesso. Niente concessione edilizia. Niente di niente. Tonino Perna, presidente dell’Ente nazionale parco dell’Aspromonte, nel cui perimetro stavano spuntando con la rapidità dei funghi porcini 39 costruzioni abusive in un’area di quattro ettari opportunamente disboscata, non fu nemmeno avvertito con una telefonata. E la cosa più incredibile è che Basile, ex parlamentare di Alleanza nazionale, appena qualche mese più tardi sarebbe stato nominato (in premio?) assessore all’Ambiente della giunta regionale di Giuseppe Chiaravalloti. «Lavoravano di notte», racconta Perna. «Me ne accorsi una sera, tornando a casa dal lavoro, quando vidi le fotoelettriche accese sulla montagna». Il perché di tanta fretta era e rimane un mistero. Inutili furono le richieste di chiarimento, le lettere e le proteste. I lavori vennero completati regolarmente nell’estate 2002. Se per «regolarmente» s’intende che non solo non c’era concessione edilizia, ma a giudicare da una relazione tecnica predisposta qualche tempo dopo mancavano pure le fosse settiche per gli scarichi delle «deiezioni animali» e delle acque reflue.

A nulla servirono neppure le rimostranze della Lega antivivisezione, il cui coordinatore regionale, Roberto Vecchio Ruggeri, denunciò le precarie condizioni in cui erano tenuti gli animali, alcuni dei quali non si potevano ovviamente adattare alla rigidità del clima. Non ebbe conseguenze una interrogazione parlamentare di Nuccio Iovene (Ds) e Niki Vendola (Rifondazione comunista). E non sortirono effetto nemmeno le ispezioni dell’Ente parco, i cui uomini accertarono, a quanto pare, la morte di avvoltoi, pappagalli e di un pitone. Altri pappagalli, nel frattempo, erano sfuggiti alla detenzione volando via e dileguandosi nel parco.
Finché Perna, vedendo che l’offensiva sul fronte animalista non produceva risultati, denunciò l’Afor alla magistratura per abusivismo edilizio. E fece centro. Un giorno arrivò la polizia forestale e appose i sigilli al parco.

Per venirne fuori, l’Agenzia della Regione ha deciso così qualche mese fa di mettere la patata bollente nelle mani di una specie di commissario. Stefano Priolo, questo il suo nome, ce l’ha messa davvero tutta. Per prima cosa ha riunito la Regione, la soprintendenza, l’Afor e l’Ente parco intorno a un tavolo. E con il consenso generale, approfittando anche del clima favorevole generato dal condono edilizio, ha organizzato una sanatoria speciale (i manufatti abusivi sono stati costruiti su un’area protetta), che avrebbe comunque comportato la demolizione di alcune costruzioni. Allo scopo di dimostrare che il «centro faunistico» poteva funzionare è stato quindi aperto lo zoo al pubblico, sia pure per un breve periodo. Nello scorso mese di agosto ci sarebbero stati circa 14 mila visitatori. Priolo pensava di averci messo una pezza, ma è stata solo un’illusione. Non soltanto l’Afor, ora presieduta da Francesco Macrì, responsabile della Confagricoltura calabrese e anch’egli esponente di An, ha fatto scadere a novembre il suo incarico senza provvedere alla riconferma né tantomeno alla nomina del successore, ma si è pure «dimenticata» di pagare la modica cifra di 4.000 euro necessaria per ottenere la concessione edilizia che era stata concordata al tavolo con la Regione, l’Ente parco e la soprintendenza. Con il risultato che lo zoo di Basilicò, a due anni e mezzo dalla sua costruzione, continua a essere totalmente abusivo. A ottobre è stato nuovamente chiuso, con dentro 435 animali. E nessuno se ne occupa più, se si eccettuano i 28 operai idraulico forestali incaricati, a turno, di nutrire le bestie.

Probabilmente il ministro delle Riforme leghista Roberto Calderoli, commissario in pectore per la gestione degli 11 mila forestali calabresi, ha commesso un errore rifiutando l’invito a recarsi in Calabria il 23 dicembre che gli aveva rivolto l’assessore alla Forestazione Dionisio Gallo. Ne avrebbe potuto approfittare per una istruttiva visita in Aspromonte. E toccare così con mano, come gli ha suggerito lo stesso Gallo, che con i 160 milioni l’anno di contributo statale la Regione Calabria non si limita davvero a pagare uno stipendio «assistenziale» a 11 mila forestali. Mantiene pure dromedari e pappagalli.

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