La lega italo-svizzera dei Comuni «adotta» i San Bernardo
28.12.04
L’allevamento dei San Bernardo è salvo. I «cani con la botticella» resteranno lassù, tra le nevi, sospesi a quota 2.400 metri tra la Valle d’Aosta e la Svizzera, dove da decenni li vogliono la tradizione e la storia di queste vallate. Il rischio di chiusura, dopo il forfait dei frati che gestivano lo storico allevamento («Siamo sempre meno, accudirli e curarli costa, non abbiamo tempo per andare avanti»), è stato scongiurato. C’è voluto un lungo lavoro di collaborazione tra diversi enti, come spiega Giovanni Morsiani, il presidente del Club Italiano dei San Bernardo, per arrivare, oggi, alla costituzione della Fondazione Barry du Grand St. Bernard. Ne fanno parte 22 Comuni svizzeri e undici italiani, insieme a due club cinofili (uno elvetico e uno italiano) dei San Bernardo. Scopo della Fondazione: la tutela e la conservazione della razza. Un risultato che pareva impensabile fino a pochi mesi fa. Carlo Cerise, responsabile del Comitato amici cani San Bernardo della Valle D’Aosta, è raggiante. «È un Natale bellissimo. Grazie alla collaborazione di numerose comunità montane siamo riusciti a garantire un futuro sereno a questi cani, che da sempre sono e per sempre resteranno l’emblema delle nostre valli e del nostro Passo». Per ora i restanti 15 esemplari dell’ex allevamento dei frati sono ospiti del canile di Martigny: il trasferimento si è reso necessario con la chiusura del Passo. Ma è un «esilio» temporaneo. La Fondazione li riporterà nella loro casa non appena le condizioni climatiche lo permetteranno. La tradizione, portata avanti con crescenti difficoltà dai frati dell’ospizio, che risale all’XI secolo, potrà così continuare ad esistere, appoggiandosi su forze e risorse nuove.
Il pericolo di chiusura dell’allevamento di San Bernardo più famoso del mondo aveva allarmato non solo gli appassionati cinofili, ma anche i turisti e gli stessi valligiani. «Gli amanti della montagna - spiega una guida alpina - quando passano da queste parti chiedono sempre notizie dei cani San Bernardo. Ed erano in molti quelli che facevano una deviazione per una visita all’allevamento». Nei secoli, le storie dei salvataggi di persone disperse tra la neve o sepolte dalle valanghe sono diventate leggenda. A partire da questo luogo. Animale di grosse proporzioni, ma di indole tranquilla, il «cane delle nevi» avrebbe fatto la sua prima comparsa nella storia intorno all’anno Mille proprio tra le mura dell’ospizio del valico del Gran San Bernardo, grazie a Bernardo di Mentone. Affettuoso, disponibile e protettivo, il San Bernardo ha altre due qualità impagabili: intuisce quando il tempo sta cambiando, e soprattutto sa individuare sotto montagne di neve le persone sepolte da una valanga.
leggenda è rimasto, più di tanti altri suoi simili, uno splendido esemplare di maschio che rispondeva al nome di Du Barry. Circa due secoli fa salvò da solo, tra il ghiaccio delle Alpi, quarantacinque persone, finché non fu ucciso dalla quarantaseiesima, un soldato napoleonico sommerso da una slavina. Il quale, convinto di trovarsi di fronte ad un gigantesco orso, lo trafisse a colpi di baionetta.
Oggi, con gli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia più avanzata, sembrerebbe non esserci più bisogno del fiuto dei San Bernardo per le operazioni di soccorso e ricerca. Ma il cane con la botticella resta un mito per tutti gli amanti della montagna. Per tutti, ma non, forse, per i frati, che da qualche tempo avevano deciso di chiudere l’allevamento. L’estate scorsa, l’ultimo e definitivo annuncio: «Chiudiamo». Immediata la mobilitazione. Al di qua e al di là del confine italo-svizzero. Oggi, finalmente, il cessato allarme: l’amore per i San Bernardo ha sconfitto l’arida realtà delle cifre. La Fondazione si occuperà di loro e del futuro della razza. I protagonisti di tanti salvataggi coraggiosi sono stati, a loro volta, salvati.
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