Diritti Animali

La beffa della volpe all’ultima caccia

Tra poche settimane, il 18 febbraio, entrerà in vigore il bando alla caccia alla volpe approvato dalla camera dei Comuni lo scorso novembre tra polemiche, dimostrazioni di piazza e nonostante il voto contrario della camera dei Lord.
24 gennaio 2005
Enrico Franceschini

caccia alla volpe È furba, la volpe. Quando i cani, fiutata la tana, d’improvviso le piombano addosso, con uno scarto disperato lei riesce a infilarsi nel fitto del bosco, in un groviglio di arbusti, rovi e cespugli così impenetrabile che per starle dietro i segugi guaiscono di dolore. Ma poi, contro la logica apparente, non è lì dentro che sceglie di nascondersi. Mentre la muta, eccitata dall’odore, la cerca affannosamente tra gli sterpi, mentre i cavalieri chiudono la macchia su tre lati, la volpe esce inaspettatamente allo scoperto sul quarto lato, l’unico che si apre su una radura, dunque il più pericoloso per lei e probabilmente per questo il solo dove non c’è nessuno ad attenderla. O meglio, quasi nessuno. Impiego qualche secondo a capire cos’è la palla di pelo fulvo che trotterrella a testa bassa lungo il limitare della boscaglia, come se volesse venire incontro a me e a un altro paio di spettatori appiedati. Non ci viene incontro, naturalmente: resistendo all’istinto di fuggire subito, aspetta che il suo odore giri il più lontano possibile dalla muta urlante alle sue spalle, quindi di colpo schizza come un proiettile attraverso la radura. Succede così in fretta che anche i miei ben più esperti accompagnatori hanno bisogno di un attimo per realizzare l’accaduto. "Eccola, dannazione, eccola", gridano non appena si riprendono, attirando l’attenzione dell’hunt master. Un istante, e il capocaccia sbuca trafelato al nostro fianco in sella a uno scalpitante destriero bianco. S’alza sulle staffe, suona il corno a perdifiato, si lancia all’inseguimento, tallonato dai cani che, compreso l’inganno, abbaiano a squarciagola. Nel frattempo la volpe ha attraversato l’intera distesa del prato e si è dileguata nella foresta. Ce la farà a salvarsi?

La foresta è quella di Sherwood, covo di un leggendario fuggitivo del passato: Robin Hood. E la caccia è una delle ultime previste in Inghilterra: tra poche settimane, il 18 febbraio, entrerà in vigore il bando alla caccia alla volpe approvato dalla camera dei Comuni lo scorso novembre tra polemiche, dimostrazioni di piazza e nonostante il voto contrario della camera dei Lord. Può darsi che il divieto subisca un rinvio: la Countryside Alliance, potente lobby dei cacciatori, ha inoltrato un ricorso all’Alta Corte, che martedì 25 gennaio potrebbe accoglierlo, congelando la legge fino al momento della sentenza. A Tony Blair non dispiacerebbe: si risparmierebbe mesi di proteste e incidenti, alla vigilia delle elezioni in programma a maggio. Rinvio o meno, i cacciatori non sembrano troppo preoccupati: "Se necessario faremo appello, e se anche quello sarà respinto andremo alla corte internazionale dei diritti dell’uomo", dicono, "prima o poi, in un modo o nell’altro, cancelleremo questa legge insulsa e antidemocratica". Un giornale di Londra li paragona ai passeggeri del Titanic, che danzano l’ultimo ballo mentre la nave affonda. "La caccia alla volpe è finita", ha scritto il “Guardian”, "questione di settimane o mesi, ma è destinata a scomparire". Qualche ragione per continuare il rito come se non li avesse colpiti un iceberg, tuttavia, i cacciatori ce l’hanno. Far rispettare tassativamente il bando, ammette la polizia, sarà difficile. La legge non vieta di riunirsi in campagna, a cavallo, indossando una giacca rossa, con una muta di cani inferociti. Non vieta neppure di stanare una volpe con i cani (non più di due, in teoria), per poi eliminarla a fucilate. Vieta soltanto che i cani la sbranino "intenzionalmente". Se per ipotesi il cacciatore armato di fucile sbaglia la mira e i cani fanno a pezzi la povera bestiola, non è reato. In ogni caso occorrerà la prova: una foto della volpe sbranata, o una confessione dei cacciatori che il fatto è avvenuto deliberatamente. "Non sarà difficile far rispettare il bando", ironizza Alastair Jackson, presidente della lobby dei cacciatori, "sarà impossibile".

La conferma pare venire dalla Scozia, dove il divieto è entrato in vigore un anno fa. La caccia alla volpe, con qualche accorgimento - i fucili a tracolla, anche se non sempre sparano, meno cani dietro alla preda - è proseguita. A dicembre è stato processato per la prima volta un hunt master scozzese, accusato di avere intenzionalmente rincorso e sbranato una volpe coi cani: l’hanno assolto per insufficienza di prove. E allora, non cambierà nulla? Jim, il capocaccia che mi ha invitato a Nottingham, veterano di trent’anni di cavalcate, non ne è così sicuro. "Sono cambiati i tempi", dice cupo. "Oggi la gente di città fa quel che vuole, se ne frega delle vecchie abitudini di campagna. In Scozia la caccia alla volpe non è già più quella di una volta. Se la legge non viene modificata, non sarà più la stessa cosa neppure in Inghilterra". Città contro campagna, borghesi contro contadini, moderna sensibilità contro secoli di tradizione: la battaglia viene presentata in questi termini. Importata nel Regno Unito dalla Francia nel 1660, all’inizio la caccia alla volpe coi cani (e al cervo) era un privilegio riservato alla famiglia reale. Poi fu esteso alla nobiltà e ai proprietari terrieri. è un retaggio dell’era feudale, un passatempo elitario, anacronistico, crudele, dicono gli attivisti della Lega Protezione Animali. è un elemento essenziale della tradizione e della vita rurale, ribattono i cacciatori. "Gli animalisti ci dipingono come una massa di riccastri aristocratici, invece siamo per lo più coltivatori diretti, piccoli allevatori, con cinquanta vacche e quaranta ettari di terra, persone normali che vivono in campagna e la amano", insiste Nelly, una delle amazzoni di stamane. Parzialmente vero: ma a finanziare la Countryside Alliance sono aristocratici come il Duca di Westminster, secondo uomo più ricco del Regno, che ha versato quasi 400 mila sterline alla lobby della caccia. E comunque non mancano certo i cacciatori di sangue blu: compreso l’erede al trono, il principe Carlo, che minacciò di "lasciare per sempre il Paese, se i laburisti vieteranno la caccia alla volpe" e promette di cacciare "fino all’ultima ora".

Che ci sia qualcosa di pittoresco, in questa antica cerimonia, è innegabile. Quando ci incontriamo, nella tenuta di un ricco possidente a trenta chilometri da Nottingham, l’aria frizzante del mattino fa scintillare il verde della foresta. Consumata una rustica colazione, i cacciatori in giacca nera o rossa, pantaloni bianchi, stivali, speroni e frustino, montano a cavallo. Gli inservienti sguinzagliano i cani. Camerieri in livrea s’ergono in punta di piedi nel fango per offrire bicchierini di punch fumante ai cavalieri in sella. Ci sono anche gli spettatori, tutti uguali: giacca di tweed, giaccone Barbour, bastone da passeggio, fuoristrada parcheggiato davanti alle scuderie. A un segnale del capocaccia, si parte: cavalieri e cani al galoppo, noi spettatori dietro, finché è possibile, sui 4x4. Non vi divertireste lo stesso, chiedo, a cavalcare per la campagna senza sbranare la preda? "La volpe è la naturale ricompensa dei cani", spiega Peter, agricoltore, che mi fa da guida. Talvolta i cacciatori non vedono l’epilogo: capiscono che la volpe è stata raggiunta soltanto dal latrato impazzito dei segugi e dal sangue che hanno sul muso, quando tornano indietro. Se della volpe rimane qualcosa, il sangue può essere spalmato sul volto dei partecipanti più giovani: lo chiamano blooding, un battesimo del fuoco, iniziazione all’età adulta. è appunto il sangue ciò che tutti, cani, cavalieri, spettatori, vogliono vedere. Perciò la caccia "senza" la volpe, per loro, non sarebbe la stessa cosa: mancherebbe l’eccitante brivido finale. Per la stessa ragione il 70 per cento degli inglesi è favorevole al bando: c’è un aspetto di ancestrale barbarie, in questo cosiddetto sport, che l’uomo moderno rifiuta di accettare. A praticarlo è un’ostinata minoranza: mezzo milione di cacciatori e altrettanti spettatori, settantamila cani, cinquantamila cavalli, ottomila lavoratori a tempo pieno fra capicaccia, stallieri, veterinari, addetti vari. "La democrazia si giudica dal rispetto delle minoranze", osserva Peter, mentre smontiamo e rimontiamo da una Land Rover per rincorrere la caccia. Ma quando una maggioranza ritiene disumano il comportamento della minoranza, obietto, vota democraticamente per impedirlo. "è una legge insostenibile, ridicola", replica stizzita la mia guida. "Proveremo a invalidarla in tribunale e altrimenti resisteremo, anche rischiando la prigione, per difendere il nostro stile di vita", avverte un altro spettatore, padre di una cavallerizza, "dopotutto questa è la foresta di Sherwood, la foresta di Robin Hood, lo imiteremo".

Già, ma guarda caso Robin Hood, nel cartone animato della Disney, era un simpatico volpone. Sarà per questo che, dopo cinque ore di inseguimenti, latrati selvaggi, risuonar di corni e galoppate, la "nostra" volpe si rivela inafferrabile? "Colpa dell’umidità del terreno, che ha disperso l’odore", sentenzia alla fine Jim, il capocaccia, rientrando alla base deluso, sudato e rubizzo per il gelo, alla testa di cani e cavalieri. Capita spesso, domando, che la volpe salvi la pelle? "Di rado". è tempo di allontanarsi discretamente, prima che pensino che sia stata l’inopportuna presenza di un giornalista a portare sfortuna all’ultima caccia nella contea di Nottingham.
 

Note: Tratto da “la Repubblica”, 23 gennaio 2005

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