MILANO - «Molti serial killer hanno cominciato con il seviziare cani, tagliare la coda a lucertole, calpestare pesci. I maltrattamenti contro gli animali sono indice di aggressività anche verso gli uomini». Per Giulio Benedetti, pm del pool «reati ambientali» di Milano, è sbagliato sottovalutare le aggressioni contro gli animali. Eppure la nuova legge, che prevede la reclusione fino a tre anni, finora non ha portato a nessuna condanna. Perché?
«I processi sono ancora in corso. Le nuove norme valgono per i reati commessi dopo la loro entrata in vigore. Le sentenze che applicheranno l’articolo 544 del codice penale arriveranno tra un paio d’anni».
È solo una questione di tempo?
«Niente affatto: per gli animali c’è davvero troppo poco rispetto. Le aggressioni a cani e gatti seguono le stesse categorie dei maltrattamenti ai bambini: sadismo, abuso a fini sessuali, sevizie e abbandono. Ma per mentalità in Italia si tende a non prendere in seria considerazione i reati contro i quattrozampe».
Chi maltratta gli animali?
«Alcuni pensano che a farlo siano solo persone isolate, emarginate. È l’errore più grosso: in 16 anni di processi mi sono sfilati davanti agli occhi liberi professionisti, membri delle forze dell’ordine, personaggi del mondo dello spettacolo. Tutti responsabili di ignobili gesti».
Una normativa ancora più severa potrebbe servire a farli smettere?
«La legge c’è ed è severa. Nessuno finisce in prigione, ma si rovina la fedina penale. Per cercare di contenere il fenomeno, però, le pene non dovrebbero restare solo nell’ambito penale. Enpa, Comuni, Province e Regioni potrebbero cominciare a costituirsi parte civile. Per colpire anche nel portafoglio chi aggredisce gli animali».
Simona Ravizza
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