In bocca al pescecane

Chi gestirà l'acqua in Puglia e Basilicata? L'improvviso e repentino annuncio della Regione Puglia di entrare a far parte, con il 40% del pacchetto azionario, di Acqua SpA, coglie di sorpresa il mondo politico
4 maggio 2008
Antonio Bavusi

invaso del pertusillo Chi gestirà l'acqua in Puglia e Basilicata? La soppressione dell’Ente Irrigazione e il ruolo di Acqua SpA. L'improvviso e repentino annuncio della Regione Puglia di entrare a far parte, con il 40% del pacchetto azionario, di Acqua SpA, coglie di sorpresa il mondo politico, distratto dalla campagna elettorale delle Politiche 2008. L'iniziativa pugliese farebbe aumentare il capitale societario della SpA pubblica lucana a tre milioni di euro. Ad Acqua SpA la legge regionale n. 21/2002 affida infatti la gestione strategica delle attività di captazione, accumulo, trasporto e adduzione delle acque superficiali e sotterranee per gli usi civili, agricoli ed industriali con la gestione degli schemi idrici e delle dighe lucane.

La Finanziaria 2008, votata prima della caduta del Governo Prodi, aveva sancito la soppressione, entro il 30 giugno 2008, dell'Ente Irrigazione Puglia Lucania Irpinia che attualmente gestisce la rete degli adduttori e le dighe lucane, imponendo anche le tappe forzate per la sua trasformazione in società per azioni. L’Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia fu istituito il 18 Aprile 1947 per decreto del Capo provvisorio dello Stato, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, l’Ente è al servizio di un territorio di oltre 3 milioni di ettari, pari a circa il 10% di quello nazionale. I suoi compiti perseguono fini volti alla soluzione dell’antico e grave problema dell’approvvigionamento idrico nei territori di tre regioni. Il processo di privatizzazione dell’Eipli viene oggi giustificato con la necessità da parte dello Stato italiano di far cassa attraverso il risparmio di fondi destinati ad inutili e costosi carrozzoni che oggi diviene pretesto per alimentare un gioco di scatole cinesi a vantaggio delle multinazionali intenzionate a trarre profitto dalla svendita del patrimonio pubblico.Ma sarà Acqua SpA il nuovo "soggetto industriale compartecipato" previsto dall'allegato V dell'Accordo di Programma sottoscritto dalle Regioni Puglia, Basilicata ed ex Ministero Lavori Pubblici il 5 agosto 1999?. La fretta di chiudere l'accordo da parte dei governatori della Puglia e della Basilicata potrebbe nascondere il timore di interferenze governative sulla delicata questione acqua, ad iniziare dal problema della ricollocazione degli oltre 140 dipendenti dell'Ente Irrigazione che temono per il proprio posto di lavoro o dalle grandi incompiute, quali, ad esempio, le traverse del Sinni e della diga di Monte Cotugno. Acqua SpA, al momento, sembrerebbe più accreditata a subentrare all'Ente Irrigazione nella gestione della risorsa e delle infrastrutture idriche lucane e pugliesi. Nel mese di marzo scorso la Giunta Regionale della Basilicata ne aveva indicato la strada attraverso un protocollo attuativo e la stipula di un "atto d'intesa", da condividere preliminarmente con la Regione Puglia.

gradeoperaA questo atto dovrebbe seguire la variazione con legge dello Statuto di Acqua SpA. Ma gli interrogativi sono molti. La corsa contro il tempo dei governatori pugliese e lucano sembra essersi arrestata all'indomani delle consultazioni elettorali e dopo la firma preliminare per l'accordo. Esiste il problema del piano tariffario e soprattutto preoccupa il ripianamento dei debiti di gestione dell'Ente Irrigazione che la nuova SpA dovrà farsi carico i cui costi rischiano di ricadere sui fruitori, agricoltori, industrie e cittadini, che già pagano prezzi al metro cubo d'acqua elevati e che domani rischiano di vedersi quintuplicato il costo dell'acqua. Il Direttore dell'Eipli, Luigi Amarena, ha lasciato intendere che la palla è già passata al governo nazionale che vedrebbe di buon grado la trasformazione dell'Eipli in una SpA pubblica, mentre la Regione Basilicata ha posto alcune condizioni irrinunciabili all'operazione Acqua SpA quali il mantenimento della partecipazione maggioritaria al capitale sociale ed una gestione della risorsa attestata esclusivamente alle due Regioni. Ma la costante ricerca della competitività d'impresa da parte delle cosiddette SpA pubbliche, rischia di portare l'affare acqua proprio "in bocca al pescecane", ovvero in mano a grandi gruppi privati che mirano ad accaparrarsi, così come hanno fatto in altre regioni italiane, il controllo delle finte multinazionali pubbliche dell'acqua. E'il caso ad esempio della Regione Campania dove nel 1993 la società "Eni Acqua Campania SpA" aveva ottenuto la captazione e l'adduzione delle acque che provvedono alle necessità dei comuni delle province di Napoli e Caserta. Questa società petrolifera sarebbe intenzionata a trasferire le proprie azioni a Veolia in cordata con Caltagirone e l'ormai famosa Impregilo titolare quest'ultima anche dell'affare sui rifiuti campani. Veolia è una potente multinazionale francese che nel suo C.d.A. vede la presenza di Scaroni, attuale presidente ENI nel doppio ruolo di venditore ed acquirente. Un gioco di scatole cinesi che parte sempre da una SpA pubblica per poi approdare nelle mani dei grandi gruppi privati come Veolia che già controlla ad esempio il 49% dell'adduzione dell'acqua in Calabria e che controlla il pacchetto azionario di Siciliacque. La multinazionale Veolia, lentamente e inesorabilmente, sta mettendo le mani sull'acqua del meridione d'Italia (detiene anche il primato mondiale nel campo della gestione dei rifiuti di cui il sud purtroppo abbonda). Il processo di costituzione della SpA pubblica anche in Puglia e Basilicata ( regioni che fanno gola ai grandi gruppi del mercato della privatizzazione dell'acqua ) rischia di seguire la stessa sorte. Già in passato l'Acquedotto Pugliese subì l'assalto dell'Enel culminato nel 2005 con le dimissioni del suo presidente, Riccardo Petrella e con le polemiche con l'attuale governatore Vendola proprio sulla privatizzazione dell'acqua. In un prossimo futuro la guerra dell'acqua rischia di riaccendersi in un sud Italia sempre più povero, assetato ma soprattutto spolpato delle sue risorse. I cittadini pugliesi e lucani sono avvisati

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