Val d'Agri: che nessuno tocchi il Parco
Che venga rimesso in discussione e proprio dalla Val d’Agri l’annoso iter procedurale che ha portato all’istituzione ed alla perimetrazione del parco nazionale della Val d’Agri-Lagonegrese, è per questo comitato già abbastanza inaudito, folle, incosciente, soprattutto quando a farsene paladini sono le associazioni dei cacciatori, ma le notizie di stampa in merito ad un presunto comitato anti-parco sorto nella valle che osteggerebbe la stessa perimetrazione, rincarano la dose oltre ogni limite. Che le associazioni doppiettistiche presentino un ricorso al TAR contro la perimetrazione del parco, che a loro dire limita i loro diritti, potevamo anche aspettarcelo – fosse per loro si potrebbe sparare anche a parco Montereale a Potenza! – ma che a dar man forte a simili progetti anti-storici (il parco è finalmente una realtà legislativa ed in quanto tale ne vanno osservate le prescrizioni) ed anti-ambientalisti fossero, oltre che professionisti, imprenditori, artigiani ed agricoltori, anche dei sindaci della zona ci pare francamente troppo.
Preoccupati dai limiti che a loro dire il parco imporrebbe all’edilizia – ma quale edilizia? Quella degli eco-mostri pubblici (il ponte sul lago del Pertusillo o l’assurdità genetica di una stazione di autobus a Paterno mai entrata in funzione) o quella dei privati (dovremmo forse ricordare quanto si è capaci di concedere in deroga al buon senso, più che alle normative edilizie, o piuttosto dare diritto di credito a quei tristi mattoni forati a vista permanente che troppo spesso deturpano i nostri paesi?) – i sindaci intendono organizzare una conferenza di servizio sulla possibilità di esperire vie legali contro il parco o meglio contro i suoi confini, a loro dire troppo vicini alle zone abitate per non creare vincoli.
Costoro, non paghi di assecondare consensi di bottega facilmente intuibili, fanno inoltre riferimento ad una serie di altre attività che il parco a loro dire limiterebbe, dall’agricoltura alla silvicoltura, settori che al contrario tanto avrebbero da guadagnare proprio dal parco, nell’ottica di reale integrazione tra attività umane e natura che una gestione dinamica del parco comporterebbe, e di cui invece vengono denunciati limiti che non si comprende se risiedano nel diritto della collettività ad un ambiente sano e ad un’agricoltura entropica ai ritmi naturali e quindi anche umani o nel diritto dei singoli a fare tutto come gli pare, in una visione cettolaqualunquista della realtà che già spaventa per il futuro prossimo.
Questo parco nazionale già nasce monco, ritagliato com’è su misura degli interessi delle compagnie petrolifere, per far rientrare pozzi o aree di prossima perforazione in zone a minore o nei fatti nulla tutela ambientale, in ritardo rispetto alle reali necessità di salvaguardia di uno dei maggiori bacini di bio-diversità dell’intera area mediterranea, minacciato dall’impatto violento degli idrocarburi e delle relative infrastrutture, annacquato, vista la delimitazione della zona a protezione integrale alle sole creste montuose, come se le specie floro-faunistiche da salvaguardare vivessero solo ad alta quota e non praticamente ovunque la natura sia lasciata abbastanza in pace, ma comunque nasce ed è uno di quegli avvenimenti che dovrebbe rallegrare chiunque comprenda che ormai un modello di sviluppo va sostituito al più presto con un altro, più sostenibile in ogni senso.
Tra queste persone dovrebbero esserci i cittadini della Val d’Agri, la cui vera minaccia all’economia - ed alla salute - risiede nell’attività senza freni dell’estrazione e raffinazione di idrocarburi, altro che le minacce che verrebbero dall’estensione del parco! Si chiede di allontanare il parco dalle zone abitate e si denuncia come paradigma dell’invasività di questo supposte limitazioni ad alcune attività umane che, se si aspettasse almeno l’istituzione di un regolamento del parco o si leggessero le norme di gestione dei parchi nazionali, troverebbero molte ed ampie risposte in termini di criteri vincolanti per zone di perimetrazione (zone A,B e C, cioè zone a tutela integrale, a tutela semi-integrale ed a tutela integrata alle attività umane). Si preferisce invece mettere il carro avanti ai buoi, utilizzando come argomento negativo la contiguità del parco al centro olii di Viggiano ed ai pozzi sparsi ovunque nella valle, cosa che dovrebbe far pensare piuttosto a quanto proprio il sistema ENI sia stato ostacolo all’unico volano di sviluppo per una terra altrimenti destinata a morire di petrolio.
Noi del comitato no oil potenza ci chiediamo se non siano le attività umane a necessitare di limiti e di nuovi indirizzi verso i criteri di maggiore sostenibilità che il parco ed una nuova conseguente cultura del fare umano suggerirebbero come soluzione per uscire da una condizione di sfruttamento senza limiti di ambiente e risorse che si ritorce con effetti devastanti sull’intera società. Più che metter limiti al parco, cari sindaci, cerchiamo di metter limiti al petrolio ed alla sua – quella si reale e devastante! – invasività di ogni aspetto della vita sociale, economica e naturale della nostra regione e della valle dell’Agri in modo particolare…io amo la mia terra!!!
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