Per gli ambientalisti l'atomo non serve all'Italia
Con il nucleare, bolletta energetica più salata e nessun reale freno alla febbre del pianeta. La scelta dell'atomo, poi, non risolverebbe i problemi di smaltimento delle scorie e di sicurezza degli impianti, con rischi elevati per lavoratori e popolazioni limitrofe. A sostenerlo sono Greenpeace, Legambiente e Wwf che, in un dossier, hanno raccolto le ragioni della loro contrarietà all'opzione nuclearista, recentemente, rilanciata dal ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola, che ha promesso l'apertura della prima centrale nucleare in Italia entro 5 anni. «Sarebbe - sostengono le tre associazioni ambientaliste - un vero e proprio salasso economico per l'intera collettività, con un immenso esborso di risorse pubbliche». Meglio, proseguono, puntare su risparmio ed efficienza energetica affiancate da sviluppo delle fonti rinnovabili e forme di energia sempre più flessibili. Opportuno, poi, sottolinea il direttore generale del Wwf Michele Condotti, «inserire il dibattito sul nucleare all'interno della strategia energetica nazionale, eliminando, così, all'origine i rischi legati a posizioni ideologiche».
Dal dossier delle tre associazioni emerge che il nucleare è una fonte energetica molto costosa, considerato come «gran parte dell'elettricità da nucleare sia legato al costo di investimento per la progettazione e realizzazione delle centrali, che è almeno doppio di quanto ufficialmente dichiarato e richiede tempi di ritorno di circa 20 anni». Senza dimenticare, poi, i costi di smaltimento delle scorie e di decommissioning degli impianti. Tutte spese, insomma, che rendono molto cara la scelta del nucleare. Tanto più che tutti gli scenari, persino quello dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), prevedono, nei prossimi anni, una riduzione del peso dell'atomo nella produzione elettrica mondiale, passando dal 15% del 2006 a circa il 13% del 2030, nonostante al ripresa dei programmi nucleari in alcuni Paesi.
Inoltre, sempre secondo il dossier, il nucleare non consentirebbe di ridurre la nostra bolletta energetica. Per renderlo, sostengono, un pezzo consistente della produzione energetica nazionale occorrerebbe costruire da zero tutta la filiera. Oltre agli impianti di produzione del combustibile e il deposito per lo smaltimento delle scorie, servirebbero, almeno, 10 centrali, per un totale di 10-15mila Mw di potenza installata, e tra i 30 e i 50 miliardi di euro di investimenti, con il forte rischio di sottrarre risorse allo sviluppo delle rinnovabili e dell'efficienza energetica. E un esempio, sottolinea il direttore generale del Wwf Condotti, della poca convenienza a costruire centrali nucleari è dato dalla centrale di Olkiluoto, in Finlandia. «Doveva - dice - costare 3 miliardi di euro ed essere realizzata nel giro di 3 anni, mentre siamo ai soli primi 16 mesi e già accumula un ritardo di quasi 2 anni sulla tempistica, con ben 4,6 miliardi di euro spesi». Ma, soprattutto, sostengono le associazioni, la scelta nucleare non è affatto sicura e mette una vera e propria pietra tombale su qualsiasi prospettiva di riduzione delle emissioni di Co2. Il nucleare di quarta generazione, spiegano, è ancora di là da venire (si parla del 2030) e, nelle migliori delle ipotesi, il primo impianto (di terza generazione) entrerebbe in funzione tra almeno 10 anni, sancendo, di fatto, l'addio agli obiettivi comunitari e vincolanti del 30% di riduzione delle emissioni di Co2, del 20% di produzione energetica da rinnovabili e del 20% di miglioramento dell'efficienza energetica al 2020.
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