Manovra, governo cambia Robin tax, saltano royalties
Il Robin Hood fiscale rimane vivo e vegeto nonostante le polemiche e gli annunci di eutanasia lanciati in Parlamento ma subito smentiti direttamente da Tremonti lunedì a tarda sera. Ma intanto il nostro Robin perde una gamba. Quella che poggiava sull'inasprimento delle royalty sull'estrazione petrolifera in Italia. In uno dei tanti emendamenti al decreto economico è lo stesso Governo a voler cassare la misura. Per il resto l'impianto della tassa rimane (per ora) sostanzialmente confermato, tranne aggiustamenti tecnici che non prevedono altri stravolgimenti di sostanza.
A corroborare almeno in parte la Robin Tax rimane l'aumento dal 27,5 al 33% dell'Ires sulle imprese che hanno direttamente a che fare con la produzione ma anche con il commercio di energia, compresi i produttori elettrici, ma escluse (prevede un altro emendamento) le produzioni da energia rinnovabile. Salve anche le imprese che pur superando la soglia dei 25 milioni di euro di fatturato annuo prevista per l'Ires maggiorata non hanno un'attività "prevalente" nell'energia.
Rimane comunque intatto il maggior prelievo fiscale garantito daldiverso metodo di contabilizzazione delle scorte di prodotti petroliferi, per far emergere le plusvalenze realizzate sul valore delle partite acquistate a prezzo più basso di ciò che si incassa con la rivendita.
Per il controverso provvedimento di redistribuzione "sociale" dei presunti extraprofitti da caro greggio non si escludono comunque altri aggiustamenti in corso d'opera. Anche se quella delle royalty era evidentemente la questione più urgente da risolvere, vista la raffica di altolà degli analisti: la progressività del meccanismo di maggiorazione delle royalty, così come congegnato, avrebbe drenato addirittura per intero i profitti delle imprese nel caso le quotazioni del barile superassero significativamente (nessuno lo esclude) i 200 dollari. E comunque la maggiorazione avrebbe finito per negare un altro provvedimento annunciato (senza peraltro specificare i passi operativi) nella manovra: la promozione della ricerca sulle fonti nazionali di olio e gas bloccate dalla burocrazia e dai veti, a cominciare dalle riserve in Alto Adriatico.
Intanto gli emendamenti presentati dal Governo nell'iter parlamentare del decreto ci si è doverosamente preoccupati di sostituire il gettito tagliato dalla rinuncia a inasprire i diritti di estrazione di idrocarburi, che già era stato finalizzato alla copertura dei 200 milioni di euro necessari per varare la card sociale. I 200 milioni subito necessari al "fondo per i meno abbienti" verranno «dalle somme acquisite per effetto del recupero delle maggiori imposte sostitutive dovute dalle banche in relazione al riallineamento dei valori civilistici emersi per effetto del conferimento delle aziende bancarie», attuando così – viene precisato – le disposizioni della Ue sul recupero degli aiuti di Stato.
Con la gamba delle royalty la Robin Tax perderà anche parte dell'introito globale?Tremonti sembra convinto di no. Il ministro dell'Economia conta molto sulla parte non coercitiva della manovra, e cioè sul richiamo alle contribuzioni aggiuntive "volontarie" lanciato direttamente nel decreto.
L'azienda a controllo pubblico Eni, come noto, ha immediatamente aderito garantendo 200 milioni extra al fondo di solidarietà promesso nel decreto (guarda caso quelli che corrispondono alle necessità di avvio della card sociale).
Da segnalare che oltre ad ammorbidire la Robin tax gli emendamenti del Governo propongono di trasferire nel decreto molte norme sull'energia previste invece nel Ddl. È il caso della corsia preferenziale per il ritorno del nucleare in Italia, con la definizione entro l'anno dei criteri per individuare i siti. Ma anche delle misure per disinnescare la procedura di infrazione Ue per i ritardi nella liberalizzazione della rete dei carburanti.
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