Tornano i fermenti del termovalorizzatore in provincia di Matera
Davvero non si ha pace in questo territorio. Sembra che il destino cinico e baro abbia decretato la necessità di far fronte alla mancata raccolta differenziata dei rifiuti attraverso la costruzione di un termovalorizzatore in una delle province italiane che ha uno dei tassi più bassi di RSU prodotti!
Ma non è mica colpa dei cittadini (che differenziano anche in quei luoghi nei quali, pur essendoci i contenitori per la differenziata, la stessa non funziona) se siamo in una condizione di arretratezza rispetto alla raccolta differenziata? Ed ora gli stessi cittadini dovrebbero anche sopportare i danni di un termodistruttore (di questo si tratta, basta con gli eufemismi lessicali che nascondono la realtà!) perché gli amministratori, regionali, provinciali e comunali non hanno fatto abbastanza per assecondare una pratica già da tempo patrimonio acquisito di decine di migliaia di cittadini della provincia di Matera che vorrebbero differenziare i propri rifiuti ma non possono.
Ma davvero nessuno è responsabile, e a pagare dovranno essere le popolazioni residenti nelle vicinanze del termodistruttore? Come dire, alcuni sbagliano, o semplicemente non decidono, e tutti pagano. Un po’ come la crisi economica globale che rischia per i capricci di pochi architetti del neoliberismo di far pagare a tutti il costo delle loro iperboliche invenzioni.
L’idea di praticare la via del termodistruttore è inaccettabile e perdente non solo perché non si giustifica nel ciclo dei rifiuti ma anche e soprattutto perché in questa regione, e quindi nelle sue due province, non si è fatto quasi nulla affinché dai proclami si passasse alla pratica della riduzione del conferimento dei rifiuti, alla raccolta differenziata, al riuso.
I cittadini, singoli o organizzati, non potranno permettere che l’assenza della programmazione porti gli Enti pubblici all’esito di costruire un termodistruttore. Perché non è il fato a volerlo ma la mancanza di capacità politica e pratica di dare nuovi e diversi strumenti per risolvere il problema. Non può essere ancora una volta il mercato, con l’affidamento alla filiera industriale dei rifiuti, l’esito di questa complessa questione. La vicenda campana è l’emblema del fallimento delle politiche che volgono lo sguardo alla filiera industriale come soluzione, perché la soluzione è collocata proprio ad un punto cardinale opposto che parla di riuso, riduzione, riciclo. Certo il riuso, la riduzione, il riciclo non garantiscono affari ai potentati economici dell’industria della “monnezza”, non determinano un iperguadagno per gli investitori di borsa che portano al tracollo dell’economia. Invece di essere attenti ai richiami del mercato e prima di arrivare ad un punto di non ritorno sarebbe utile che i nostri Amministratori pensassero, perché in Basilicata siamo ancora nella condizione di farlo, a soluzioni diverse e meno onerose per la salute, per la natura, per le tasche della collettività.
Oppure sarà la lotta, in barba ai decreti militari del Governo nazionale contro le popolazioni, a determinare esiti differenti. La vicenda contro il sito unico di stoccaggio di scorie nucleari dovrebbe illuminare rispetto a certe scelte.
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