Impianto Eni di Viggiano: «Un boato poi le fiamme»
POTENZA - Una grossa fiamma sul centro oli di Viggiano. È accaduto giovedì quando, intorno alle 20.30, la fiammella che brucia costantemente sulla torcia dell’impianto dell’Eni in Val d’Agri si è improvvisamente levata in cielo. Il rumore delle fiamme, il rosso intenso nel cielo della Valle hanno allarmato i cittadini.
Si è verificata quella che in gergo tecnico si chiama «sfiammata» e che parte quando scattano i sistemi di sicurezza. In sostanza, è una sorta di campanello di allarme quando c’è o ci potrebbe essere qualcosa che non va nell’impianto.
Per 15 minuti, così, la fiamma ha bruciato nel cielo di Viggiano. Diverse le reazioni ieri nella valle del petrolio. «È stato l’argomento del giorno», ripete il signor Paolo. Lui lavora in mezzo alla gente e di commenti ne ha sentiti tanti. «Ma come sempre si dividono in due: quelli del sì al petrolio e quelli del no. Chi sa che non è successo niente e che non c’è da preoccuparsi perché quella fiammella che brucia è un’operazione di sfogo con la quale si è abituati a convivere. Anche se ieri è stata più palese del solito. E chi, invece, è sempre pronto a gridare all’ennesimo disastro ambientale». La Ola (Organizzazione lucana ambientalista) evidenzia «la grande pericolosità del Centro Oli di Viggiano» e parla di «forte boato, fiamme alte fino a 40 metri e olio nebulizzato e gas sprigionatosi per diverso tempo dalle torce dell’impianto». Il Csail (il Comitato per lo sviluppo delle aree interne lucane), ripropone la necessità di «un adeguato piano di protezione civile in grado di garantire sicurezza a dipendenti, lavoratori e residenti dell’area industriale di Viggiano».
«Il mio capannone - dice Pasquale Criscuolo - è a 200 metri dal Centro Oli. Sono sereno, anche in questo momento la fiamma è leggermente più alta del solito, quando brucia vuol dire che l’impianto funziona e siamo in sicurezza. Sono tranquillo io e le persone che lavorano con me». «Siamo stufi - replica, invece Giambattista Mele - occorre una forte informativa come cittadini di Viggiano dobbiamo sapere. Il piano di monitoraggio non esiste».
Lo smentisce il direttore dell’Arbab, Vincenzo Sigillito. «In Basilicata ne abbiamo 11, per legge ne avremmo bisogno di 3. La centralina di monitoraggio è a 150 metri dal Centro Oli di Viggiano e rileva i dati continuamente. Lo ha fatto anche giovedì e sta continuando a farlo (il direttore ci legge i dati in diretta, ndr). Tra le 17 e le 18 si sono registrate leggere modifiche, poi i livelli di monossido di carbonio, biossido di azoto e anidride solforosa sono cominciati a salire. I valori massimi tra le 9 e le 13 di oggi (ieri, per chi legge) ma rientrano nei limiti massimi consentiti. Il monossido di carbonio di solito a 0,5 è salito a 0,9 microgrammi su mc (non dovrebbe superare i 10), l’anidride solforosa da 25 a 45 (tetto massimo 350), il biossido d’azoto da una media di 40-45 è passato a 90 (tetto massimo 200). Insomma anche se c’è stata una cuspide nei valori, gli episodi sono di gran lunga inferiori. L’orientamento dei venti a sud-ovest e la velocità di 15 km all’ora ha per di più facilitato la dispersione. E oggi un fisico validerà, cioè acquisirà i dati e li studierà per capire cosa è successo».
Questa la spiegazione dell’Eni: «Alle 20,30 circa si sono attivati i sistemi di sicurezza al Centro olio di Viggiano in seguito ad un’erronea segnalazione dei sistemi automatici di protezione. I dispositivi di sicurezza sono prontamenti intervenuti. Si è trattato di un’operazione di messa in sicurezza dell’impianto, senza creare situazioni di pericolo per le persone e cose. L'episodio è legato al sistema di controllo preventivo estremamente sofisticato adottato nell’impianto e dimostra il corretto funzionamento dei dispositivi di sicurezza». «Episodi che non comportano rischi per la popolazione».
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