Acqua in Basilicata, governatore De Filippo verso le multiutility
Per la OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista) il ricorso alle cosiddette “multiutility” nella gestione dell’acqua, annunciate dal presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, non sono una scelta obbligata. Questa strada – secondo la nostra Organizzazione – porterà in maniera inevitabile all’aumento dei costi di gestione ed al peggioramento, non solo della qualità dell’acqua, ma anche del servizio idrico, con la scomparsa dei controlli pubblici e l’annientamento dei diritti dei cittadini.
E’ questo il modello che persegue il governatore lucano? L’apertura fatta dal presidente De Filippo all’ingresso di capitali privati nella gestione dell’acqua secondo un “cliché” efficientista e privatistico, ha visto di recente contrario il governatore della Puglia, Niki Vendola, il quale ha scelto di ri-pubblicizzare l’Acquedotto Pugliese, oggi Società per Azioni. Di questa iniziativa ne ha fatto un cavallo di battaglia durante le ultime elezioni amministrative, sbaragliando le opposizioni interne e quelle esterne alla propria coalizione. Come è possibile che la Basilicata che possiede la risorsa idrica decide di privatizzarla mentre una regione che ne è dipendente, la Puglia, decide di seguire la strada opposta? Le apparenze ideologiche, in questo caso, ingannano. Sulla questione sembra essere in atto il “gioco delle tre carte”.
La Regione Basilicata, dopo aver calato il primo asso con la vendita alla Regione Puglia delle azioni in Acquedotto Pugliese SpA, incassa il secondo asso di denari con la sottoscrizione, nel mese di marzo scorso, dell’accordo con la Regione Puglia, Acquedotto Pugliese SpA e Acquedotto Lucano SpA. Un accordo presentato come vantaggioso per la Basilicata. Troppo vantaggioso, al punto che avrebbe risvegliato, secondo alcune fonti non ufficiali, gli appetiti di alcune società multinazionali come Acea e Veolia che sarebbero interessate ad acquisire parte del capitale azionario delle SpA lucane, oggi controllate dalla Regione Basilicata che detiene il 60% di Acqua SpA ed il 100% di Acquedotto Lucano SpA assieme ai Comuni. In base al decreto Ronchi, la componente azionaria pubblica non potrà superare nelle Società per Azioni il 30%. In proposito, il governatore lucano non ha chiarito quale ruolo dovrà avere il pubblico nelle due SpA lucane.
L’accordo con la Regione Puglia porta nelle casse della Regione Basilicata oltre 20 milioni di euro all’anno derivanti dalla cessione di oltre 221 mila metri cubi di acqua convogliati in Puglia dagli invasi di Monte Cotugno e del Pertusillo, con la fissazione della tariffa per la cessione dell’acqua al costo di appena 7 centesimi al metro cubo e un patrimonio in immobili e reti del valore di oltre 600 milioni di euro. Ad Acquedotto Pugliese restano in gestione gli impianti di potabilizzazione, mentre viene affidata alla società lucana Acqua SpA, presieduta da Antonio Triani, la gestione delle reti idriche e degli invasi lucani, in cambio del 40% delle azioni acquistate da Acquedotto Pugliese SpA. Ad Acquedotto Lucano SpA, presieduta da Egidio Mitidieri, viene invece affidata la depurazione e la distribuzione all’utenza dell’acqua.
Si tratta ora di capire, dopo l’annuncio dell’ apertura alle “multiutility” da parte del presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, quale sarà la carta che giocheranno gli investitori privati nella scalata al sistema delle cosiddette SpA pubbliche lucane e quale sarà il prezzo che i lucani dovranno pagare per la privatizzazione, in termini di costo dell’acqua pagato al rubinetto. Siamo consapevoli che nel gioco delle tre carte c’è un solo vincitore, mentre i perdenti sono i cittadini pugliesi e lucani che vedono così scippato un loro diritto, a meno che non decidano di imporre alla politica regionale altre regole del gioco.
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