"Degli inquinanti nel miele della Val d’Agri meglio non parlarne"
Bruttissima storia quella del miele analizzato nel 2004 in Basilicata, nell’ambito di una ricerca specifica finalizzata ad utilizzare il miele come matrice alimentare “sentinella” per monitorare eventuali fenomeni di degrado ambientale. Una storia di pressioni politiche ricevute da almeno uno degli autori dello studio sulla contaminazione del miele proveniente dalla Valle del Sauro e dalla Val d’Agri.
Pubblicato nel 2004 sull’International Journal of Food Science and Technology, nonostante fosse stato redatto da un gruppo di ricercatori/tecnici tutti impiegati in Basilicata tra l’Unibas e l’Itis “A. Einstein” di Corleto Perticara, non trovò spazio nel ventre editoriale di mamma-Regione, da sempre principale editore regionale, nonostante fosse uno studio assolutamente pioneristico nel suo settore insomma una ricerca di cui qualsiasi Regione normale si vanterebbe tranne la Basilicata dei guanti di velluto e della mafia bianca. Questa pubblicazione imbarazzava e nuoceva interessi enormi, quindi meglio pubblicarla fuori, lontano dall’alveare o meglio dal vespaio che ne sarebbe scaturito. I campioni utilizzati furono 19: 13 da Corleto Perticara e 9 dalla Val d’Agri.
Le pressioni politiche per non diffondere lo studio. Uno degli autori dello studio intitolato: "SPME-GC-MS analysis of volatile organic compounds in honey from Basilicata. Evidence for the presence of pollutants from anthropogenic activities – (2004 2004, n. 39, pp. 1079–1086 of International Journal of Food Science and Technology - Institute of Food Science and Technology Trust Fund )“, afferma che a suo tempo, terminata la ricerca e a pubblicazione prossima, le pressioni politiche (che sarebbero arrivate da un assessore regionale) per non diffondere la notizia sarebbero state tali che pur essendo i 4/5 degli autori ricercatori Unibas, l’articolo venne pubblicato all’estero e neanche mai pubblicamente presentato né discusso in suolo lucano. Il miele esaminato proveniva principalmente da polline di castanea, quindi querce e faggi, e secondariamente da eucalipto, edera, asparago spinoso, rovo comune e sulla (pianta foraggera). Degna di nota la presenza di idrocarburi aromatici: 1-butylheptylbenzene in 8 campioni, 1-pentylheptylbenzene in ben 9 campioni, 1-butyloctylbenzene in 10 campioni, 1-propylnonylbenzene in 8 campioni, 1-pentyloctylbenzene in 7 campioni; tutti provenienti da Corleto Perticara.
La contaminazione del miele era indotta dagli aerosol della Semataf? Nella stessa ricerca è riportato che la presenza di questi idrocarburi aromatici nel miele è indicativa di un possibile problema ambientale. Non a caso sono stati analizzati 2 campioni di cera d’api, dove si rileva la presenza di idrocarburi lineari, ma non aromatici. Nel 2001 i ricercatori Guillen e Manzanos rinvennero idrocarburi aromatici nella segatura del legno di rovere, sulla scia dell’ipotesi che fosse possibile identificarli nei fiori di quercia, i ricercatori Unibas analizzarono anche i fiori della stessa e purtroppo rinvennero al loro interno: heptanal, octanal, limonene, nonanal, decanal, tetradecano,e dodecanal. A scanso di equivoci è stata analizzata anche la segatura di quercia, quest’ultima completamente esente da composti organici volatili. Gli autori identificarono all’epoca come possibile sorgente inquinante, un centro di trattamento reflui presente nell’area, i cui aerosol avrebbero potuto esserne la causa mediante deposizione sui fiori della zona. Stando agli autori questo fu il primo (e pare ultimo – ndr ) studio in cui il miele venne utilizzato come matrice-sentinella.
I campioni in Val d’Agri provenivano da una fattoria vicina all’impianto di “primo-trattamento” del petrolio. Anche in tali campioni, trattati sinteticamente a fine studio, vennero rinvenute quote significative e diversificate di Cov e di idrocarburi: etanolo, benzeneacetaldehyde, heptadecane, pentacosane e heneicosane. Nei campioni valligiani, tricosane ed heneicosane vennero rilevati a marcata e duratura presenza, consistenti fino al 23% dell’intero campione. Lo studio condotto suggerisce che il miele può agire da sentinella ambientale: come confermato nello studio sia le attività antropiche nell’area in cui le api vivono, nonché uno sversamento accidentale di petrolio dagli impianti di trattamento possono spiegare la presenza degli idrocarburi rinvenuti nel miele.
Perché dal 2004 ad oggi è tutto morto? I metodi d’analisi utilizzati furono la gas cromatografia e la spettrometria di massa, apparecchiature presenti in Basilicata con tanti di studiosi specializzati, allora perché ci concentriamo sulla coltivazione dei funghi sulla posa del caffè dimenticando le nostre vere eccellenze come tanti nostri ricercatori che con il loro talento riuscirebbero altresì a valorizzare e difendere in un sol colpo università e prodotti tipici nostrani? Il vero tesoro sarebbe una libera ricerca od una libera manipolazione delle stessa ad uso e consumo del mercato e della politica? La medesima metodica d’esame venne già usata negli anni ‘90 per rilevare composti volatili su: frutta, olio, caffè, vino, birra, latte e carne: la SPME, ossia la micro-estrazione della parte solida, richiede un’ora di tempo per lo svolgimento, e procedimenti tecnici non disperatamente complessi per gli addetti al settore.
I contaminanti presenti anche nei fiori di quercia. Se il miele era contaminato già nel 2004, le potenziali cause sarebbero da ricercare ancora prima e, coincidenza, il sindaco di Montemurro, nel 2000, chiese delucidazioni su cosa venisse reiniettato a Costa Molina 2, e quanti e quali rifiuti petroliferi venissero smaltiti presso la Eco-Geodrilling a Paterno e presso la Semataf di Guardia Perticara, finite al centro di inchieste giudiziarie proprio per reati ambientali. Se gli autori dello studio, pur senza citare alcuno, abbiano alluso proprio alla Semataf si creerebbe un precedente grottesco, ossia che la potenziale contaminazione del miele sia stata causata da chi affitta da anni la sede materana (per milioni di euro) dell’ente che su queste dinamiche dovrebbe indagare, ossia l’Arpab ospite dal 2007 di Giovanni Castellano, titolare della Semataf.
Articolo redatto da Giorgio Santoriello, Arnaldo Lomuti e Giusy Puppo
http://basilicata.basilicata24.it/lopinione/interventi-commenti/miele-val-dagri-ipotizzato-provenienza-idrocarburi-17443.php
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