Fenice: piombo, arsenico e mercurio nel grano, diossine nell'aria Nell'area del termovalorizzatore da sette anni costanti sforamenti di legge
Nel grano troppo piombo, arsenico e mercurio. In occasione dell'ultima fiammata violacea di Fenice, il 2 novembre scorso, l’Arpab affermò che nell’aria non erano state riscontrate anomalie ad eccezione della nota riportata: “Alcuni degli strumenti per la determinazione degli inquinanti sono stati messi fuori scansione o spenti per necessità di manutenzione. A tal proposito si precisa che è in fase conclusiva la procedura di gara per l’affidamento del servizio di assistenza e manutenzione della rete stessa.” Quindi l’Arpab rassicura la popolazione ammettendo di non avere tutta la strumentazione per farlo. “Non ancora pervenuti i dati delle 4 centraline di monitoraggio della qualità dell’aria di proprietà Fenice che attribuisce la colorazione dei fumi all’ effetto della presenza di iodio nel combustibile di alimentazione del forno rotante.” Tuttavia in attesa delle analisi Arpab-Fenice-Asp, qualche privato le analisi sugli alimenti le ha fatte, analisi fino a poco tempo fa reperibili sul web ma adesso scomparse ad eccezione dell’indirizzo web ancora leggibile. Analisi chimico – fisiche del grano locale svolte nel 2013 tra Lavello, Favullo, Lamiola e Bizzarro che hanno rilevato valori medi di arsenico nell’ordine dei 0,5 mg/kg, mercurio con picchi di 1,1 e piombo con picchi di 3,2. Per la legge europea - CEE n°466/2001 il piombo non deve superare 0,2 quindi per il grano rinvenuto in Basilicata abbiamo tracce di piombo di ben 16 volte superiore alla soglia UE, mentre il mercurio in queste quantità è fuori statistica per il grano, una tale quantità da essere di poco fuori norma addirittura per i molluschi ed alcune tipologie di fauna ittica, particolari bioaccumulatori, ove il range massimo tollerato va da 0,5 a 1 mg/kg, quantità che comunque si consiglia di evitare nei lunghi periodi. La media di arsenico nel grano analizzato è più alta di quella mediamente contenuta sempre nei molluschi per gli standard Efsa 2009 ( Autorità Alimentare Europea ) che contempla 0,1 mg/kg solo per i molluschi e non per i cereali.
A settembre 2014 i pozzi sono ancora contaminati: la barriera idraulica di Fenice funziona? La contaminazione delle falde è ancora pienamente in atto: il d.lgs. 152/2006 impone di individuare, confinare e stabilire l’esatta natura della sorgente inquinante attiva e chi non lo fa diventa complice dell’inquinamento stesso. Ma la magistratura in Basilicata perché non fa osservare il dlgs152/2006? Se la probabile sorgente inquinante è in corrispondenza di Fenice cosa aspetta la Procura a sospendere l’attività dell’impianto e ad indagare sulle reali dinamiche chimico-fisiche che portano ancora oggi le falde dal pozzo 1 al pozzo 9 a costanti sforamenti di legge ormai da 7 anni consecutivi? Alcuni inquinanti come il mercurio ed il cromo si accumulano nel tempo dentro e fuori gli organismi e l’interazione geochimica nell’ossidazione del cromo col tempo può aumentare la sua quantità-pericolosità. I 9 pozzi della prima messa in sicurezza (mise) sembrano un campo di battaglia: a marzo 2012 sforamenti di tricloroetano e tricloroetilene, il tetracloroetilene arriva ad essere 5 volte la soglia di legge, idem il dicloropropano sempre nel pozzo 8. Il cromo esavalente arriva a 8 mcg/l, la legge ne impone 5, il ferro sfora fino a 752, il limite è 200; il nichel dal limite di 20 arriva a 715. Sfora il piombo, il manganese si ferma a 1567 mcg/l, il limite è 50. Questa storia, aggiungendo dal 2013 i fluoruri tra gli inquinanti oltre legge, va avanti fino alle analisi di falda del settembre 2014 con oscillazioni al ribasso per alcuni inquinanti, ma l’indizio preoccupante è che alcuni di questi contaminanti di falda iniziano ad assumere strane oscillazioni nei campioni di latte ovini analizzati sempre nel 2013 nelle medesime località del grano predetto.
E di radioattività a Fenice ne parleremo tra un decennio? Nella relazione Arpab 2011 sullo stato della messa in sicurezza si riportano sforamenti altresì di arsenico e benzene, tuttavia l’analisi del rischio sanitario, stesso film già visto in Val Basento, risulta comunque conforme alle norme. Quindi con dei calcoli matematico-tabellari, ci dicono che la popolazione non è esposta a grandi ed estese minacce sanitarie. L’Arpab nel 2011 dice altresì che: “E’ opportuno sottolineare che gli interventi di MISE hanno ridotto sensibilmente i livelli di contaminazione delle acque sotterranee in attesa degli interventi di bonifica. Eventuali, improvvisi ed elevati valori potranno essere legati al particolare tipo di intervento di bonifica che si andrà a porre in essere.” Valutazioni che si contraddicono per esempio con le valutazioni sulla contaminazione da cromo, il quale può alterare anche al rialzo i suoi valori per interazioni geochimiche. Tuttavia nella nuova Aia era prescritto un controllo costante ed in tempo reale dei rifiuti in ingresso, ad hoc per quelli radioattivi. Ma allora se Fenice riceve di tutto perché Arpab ed Asp continuano a rinviare i monitoraggi su suoli, diossine e catena alimentare? Dal 2011 al 2013 l’Arpab preleva nel melfese un solo campione per la campagna radiologica, così come in un nulla di fatto è finita la campagna radiologica dell’Asp tanto sbandierata negli anni passati, e nel solo rapporto di radioattività regionale del 2011 si rileva un aumento di presenza media di stronzio nel latte lucano.
Dov’è la bonifica tanto annunciata? La barriera idraulica di Fenice sembra efficace come quella in Val Basento. Il Consiglio di Stato decretò che la bonifica dei suoli esterni al perimetro di Fenice non sono onere della stessa, e la legislazione ambientale italiana appare più che mai obsoleta, di decenni arretrata rispetto ai problemi locali. Le analisi chimico fisiche sul grano e sul latte ovino potrebbero essere la prova che sostanze tossiche e cancerogene sono entrate nella catena alimentare locale, quindi cosa aspettano le istituzioni per intervenire? Servono studi eco tossicologici oltre che epidemiologici, liberi ed estesi, non in economia, oltre che un puntuale rispetto del codice ambientale, infatti la contaminazione è ancora in atto, non ci sono certezze sulla non-migrazione dei contaminanti, ed il piano di monitoraggio 'stellare' attorno a Fenice non è mai partito. Siamo di fronte ad una nuova Tecnoparco?
L’Arpa Puglia venne a monitorare le diossine, ma il forno rotante fu spento. L’11 luglio 2012 arrivò l’ispezione dell’Arpa Puglia ma accaddero cose strane: alle 14,30 durante il campionamento delle diossine al camino E2 ( quello del forno rotante per rifiuti speciali e pericolosi), la portata del camino diminuì, infatti subito dopo i tecnici Arpap riscontreranno dalla sala controllo di fenice che tra le 13,40 e le 14,30 venne bloccata l’alimentazione di rifiuti al forno rotante. Alle 16,13 un nuovo blocco di 5 minuti ed alle 18,04 il campionamento terminò. Fenice dirà che la causa dei blocchi sarà la temperatura ambientale di 40 gradi: intanto coincidenza rara, proprio il giorno dell’ispezione Fenice bruciò meno ed il monitoraggio in continuo ai camini a forno “pigro” suona di presa in giro. I risultati di Arpap dissero che le diossine totali ammontavano a 14,63 ng/Nm3 mentre nel bianco erano risultate 3,34 ng. Quindi Fenice sta aumentando il livello di diossine nella zona, e nessuno ha ancora analizzato suoli, animali e persone, inclusa l’Arpa Puglia che pare non essere più tornata da allora.
Fenice si conferma terra di nessuno. Anni di proclami, convegni e comunicati buttati al vento, intanto i malati nella zona aumentano come testimoniato da medici e residenti. Così come per Tecnoparco non si hanno i dati sui piezometri interni, un registro terzo dei rifiuti, un registro delle emissioni che in base al registro europeo E-Prtr ci permetta di monetizzare l’inquinamento arrecato, e mentre a Gerbido o Bolzano alla minima anomalia o dopo pochi guasti consecutivi i termovalorizzatori vengono spenti, controllati e le procure aprono un fascicolo. In Basilicata invece sembra che nessuno voglia vedere quanto sta accadendo attorno al termovalorizzatore di San Nicola di Melfi. Dopo la Valbasento e l'ex area industriale di Tito Scalo il copione si ripete.
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