Sviluppare la nonviolenza nell’arte
Simone Casu con un gruppo di collaboratori si occupa da diversi anni di ricerca e sviluppo della spiritualità nell’arte all’interno del Movimento Umanista. Nel 1996 fonda a Firenze il Centro Umanista di Espressione Artistica e attraverso corsi d’arte di differenti discipline svolge per circa 10 anni un importante ruolo di formazione alla base sociale. Nel 2006 fonda l’Istituto Internazionale di Arte Trascendentale “Estetra” di cui è direttore che, oltre alla ricerca e la sperimentazione, si occupa di formazione artistica.
E’ autore con Giovanni Spinicchia del metodo Vedere Ragionare Disegnare, VERADI, pubblicizzato in internet all’indirizzo www.veradi.eu.
In questi anni si occupa, inoltre, della stesura di una collana di testi sull’arte trascendentale. Il primo libro della collana, che comprende sette volumi, sarà pubblicato a breve in formato elettronico libero da copyright, distribuito in rete secondo le modalità del Creative Commons.
Siamo abituati a vedere ed intendere la nonviolenza come metodologia di lotta sociale, ci puoi illustrare meglio la relazione con l’arte?
La nonviolenza prima di essere una forma di rivendicazione sociale è uno stile di vita basato sul riconoscimento della diversità e dell’uguaglianza. Vi sono stati momenti di ispirazione nonviolenta in tutte le culture, brevi periodi storici in cui si è dato valore all’essere umano concreto e alla sua libertà di scelta. In questi momenti storici si sono create opere di grande ispirazione che possiamo dire animate da un sentimento nonviolento. Certamente in questi ultimi cento anni vi è stato un grande avanzare della violenza in tutti i campi compreso quello dell’arte.
Ma l’arte di sua natura non è essenzialmente nonviolenta?
Come ogni creazione umana anche l’arte esprime idee, sentimenti, contenuti, credenze e visioni del mondo e della natura che possono essere nichiliste, sprezzanti della vita e violente. Per poter tentare di immaginare come potrebbe essere una estetica che rappresenti un sentimento nonviolento nella pittura e nella scultura, occorre prima di tutto riconoscere come si esprime la violenza in queste forme artistiche. La violenza nell’estetica occidentale, per quanto ingenuamente si creda che l’arte ne sia esclusa, è, non solo molto diffusa, ma potremmo dire imperante.
La crescita della violenza nell’arte, come sostieni, si deve al Mercato dell’Arte?
Anche, ma il Mercato è una conseguenza della violenza e non viceversa. La violenza si espande grazie all’ignoranza, principalmente in quei settori dell’agire umano che si credono puri e mossi dall’amore per il mondo. Cosicché in questi anni è venuta a mancare una forza che la contrastasse soprattutto perché non ci accorgevamo del suo insinuarsi quotidianamente in ognuno di noi. La nostra difficoltà critica di fronte alla violenza dell’arte contemporanea va rintracciata in una mancanza di un modello di analisi che ci permetta di valutare le creazioni che vanno dagli anni ’50 in poi.
Potremmo affermare che si è creato un vuoto critico in cui è arte tutto ed il contrario di tutto, siamo rimasti spiazzati e la critica attuale non riesce ad andare oltre il “soggettivismo” del bello, facendo scivolare l’estetica contemporanea in una questione di “gusto personale”. Ma noi sappiamo che forse non esiste gusto personale in una società in cui il potere finanziario manipola gli stati, l’informazione, le società e quindi anche l’arte, per orientare i gusti verso dei modelli violenti, siano essi espliciti o taciti come nell’arte, in cui l’essere umano si è ridotto a mero consumatore.
In che modo si potrà sviluppare la nonviolenza nell’arte?
Nell’intervento che abbiamo tenuto qui a Marina di Grosseto al Festival Umanista domenica 9 agosto abbiamo cercato di tracciare nuovi possibili modelli critici che ci possano orientare verso una maggiore consapevolezza della violenza nell’arte, ma anche, di stabilire dei nuovi criteri generali che possano orientare l’artista verso modalità creative che aspirino ad una estetica nonviolenta. Abbiamo riflettuto sul senso dell’arte individuando quali funzioni abbia compiuto nei secoli all’interno dell’evoluzione umana, nella speranza di riscattare antiche funzioni dell’arte oramai quasi perdute. Funzioni sacre come quella trasferenziale che ci permettano, in questo momento oscuro, di vedere in ognuno di noi la luce della nostra profonda natura trascendentale.
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