Campagna: Lettera aperta ai Vescovi e ai credenti
- 29. alice iannuzzi - VE (5 febbraio 2005)
- 28. Gabriele Biccini - PG
(5 febbraio 2005)
Da cristiano e da capo scout non posso che aderire all'iniziativa. Cercherò di divulgare il messaggio visto come i media ignorano la situazione dei ctp. Per concludere metto una lettera di don Tonino Bello intitolata Fratello marocchino: Fratello marocchino Perdonami se ti chiamo così, anche se col Marocco non hai nulla da spartire. Ma tu sai che qui da noi, verniciandolo di disprezzo, diamo il nome di marocchino a tutti gli infelici come te, che vanno in giro per le strade, coperti di stuoie e di tappeti, lanciando ogni tanto quel grido, non si sa bene se di richiamo o di sofferenza: tapis! La gente non conosce nulla della tua terra, poco le importa se sei della Somalia o dell'Eritrea, dell'Etiopia o di Capo Verde. A che serve? Per il teatro delle sue marionette ha già ritagliato una maschera su misura per te. Con tanto di nome: marocchino. E con tutti i colori del palcoscenico tragico della vita. Un berretto variopinto sul volto di spugna. I pendagli di cento bretelle cadenti dal braccio. L'immancabile coperta o-rientale sulla spalla ricurva. E quel grido di dolore soffocato dalla paura: tapis! Il mondo ti è indifferente. Ma forse non ne ha colpa. Perché se, passandoti accanto, ti vede dormire sul marciapiede, è convinto che lì, sulle stuoie invendute, giaccia riversa solo la tua maschera. Come quella di Arlecchino o di Stenterello, dopo lo spettacolo. Ma non la tua persona. Quella è altrove. Forse è volata via su uno dei tanti tappeti che nessuno ha voluto comprare da te, nonostante l'implorante sussurro: tapis! Dimmi, marocchino. Ma sotto quella pelle scura hai un'anima pure tu? Quando rannicchiato nella tua macchina consumi un pasto veloce, qualche volta versi anche tu lacrime a-mare nella scodella? Conti anche tu i soldi la sera come facevano un tempo i nostri emigranti? E a fine mese mandi a casa pure tu i poveri risparmi, immaginandoti la gioia di chi li riceverà? È viva tua madre? La sera dice anche lei le orazioni per il figlio lontano e invoca Allah, guardando i minareti del villaggio addormentato? Scrivi anche tu lettere d'amore? Dici anche tu alla tua donna che sei stanco, ma che un giorno tornerai e le costruirai un lukul tutto per lei, ai margini del deserto o a ridosso della brughiera? Mio caro fratello, perdonaci. Anche a nome di tutti gli emigrati clandestini come te, e ora penetrati in Italia, con le astuzie della disperazione, e ora sopravvivono adattandosi ai lavori più umili. Sfruttati, sottopagati, ricattati, sono costretti al silenzio sotto la minaccia continua di improvvise denunce, che farebbero immediatamente scattare il «foglio di via» obbligatorio. Perdonaci, fratello marocchino, se, pur appartenendo a un popolo che ha sperimentato l'amarezza dell'emigrazione, non abbiamo usato misericordia verso di te. Anzi ripetiamo su di te, con le rivalse di una squallida nemesi storica, le violenze che hanno umiliato e offeso i nostri padri in terra straniera. Perdonaci, se non abbiamo saputo levare coraggiosamente la voce per forzare la mano dei nostri legislatori. Ci manca ancora l'audacia di gridare che le norme vigenti in Italia, a proposito di clandestini come te, hanno sapore poliziesco, non tutelano i più elementari diritti umani, e sono indegne di un popolo libero come il nostro. Perdonaci, fratello marocchino, se noi cristiani non ti diamo neppure l'ospitalità della soglia. Se nei giorni di festa, non ti abbiamo braccato per condurti a mensa con noi. Se a mezzogiorno ti abbiamo lasciato sulla piazza, deserta dopo la fiera, a mangiare in solitudine le olive nere della tua miseria. Perdona soprattutto me, vescovo di questa città, che non ti ho mai fermato per chiederti come stai. Se leggi fedelmente il Corano. Se osservi scrupolosamente le norme di Maometto. Se hai bisogno di un luogo, fosse anche una chiesetta, dove poter riassaporare, con i tuoi fratelli di fede e di sventura, i silenzi misteriosi della tua moschea. Perdonaci, fratello marocchino. Un giorno, quando nel ciclo incontreremo il nostro Dio, questo infaticabile viandante sulle strade della terra, ci accorgeremo con sorpresa che egli ha... il colore della tua pelle.
- 27. claudio gollini - RE (5 febbraio 2005)
- 26. Federica Romeo - TO (4 febbraio 2005)
- 25. luna rossi - SS (4 febbraio 2005)
- 24. Alessandra Villa - TO (4 febbraio 2005)
- 23. luciano malavasi - FI
(4 febbraio 2005)
La filosofia concentrazionaria nella Germania del secolo scorso trovò la prima applicazione con la creazione dei lager per gli asociali. I cpt sono uno sfregio all'umanità in quella linea. Sottoscrivo quindi pienamente la lettera di don Alessandro Santoro. Luciano Malavasi.
- 22. augusto cacopardo - FI
(4 febbraio 2005)
Sottoscrivo la vostra lettera aperta a difesa dei diritti dei migranti
- 21. antonio xxx - BR
(4 febbraio 2005)
Ho appena letto la vostra nota sulla mailing list di Senza Bavaglio sui centri di accoglienza Cpt e condivido con voi la preoccupazione e l'angoscia su come vengono trattati gli stranieri in Italia, praticamente essere umani di serie z, solo perchè clandestini. Sono un giornalista e quando è nei miei poteri non mi astengo di far circolare questo tipo di informazioni gridando alla vergogna per la nostra ignoranza e la nostra stupidità. Purtroppo - e questo lo dico come giornalista aderente ad una corrente sindacale dei giornalisti - oggi in Italia non c'è più vera informazione, così come la nostra categoria è ormai ridotta a semplici passacarta di politici e potenti. Per quanto mi riguarda, sono solidale con voi e farò di tutto perchè questa triste realtà venga alla scoperto, anche ricorrendo alla magistratura. Saluti, Antonio Brindisi
- 20. mimmo lomelo - BA
(4 febbraio 2005)
Carissimi don Angelo Cassano e padre Michele Stragapede, come gruppo Verdi esprimiamo la piena solidarietà alla vostra iniziativa Come Verdi ben sappiamo che il mondo è pieno di luoghi non accessibili ai giornalisti, e questo non fa certamente onore a chi pensa di importare la Democrazia anche con la guerra In Russia non si visitano le città segrete dove si progettavano armi di distruzione di massa; nei paesi democratici nessuno entra nelle carceri dove sono rinchiusi i dissidenti, e da tutte le altre parti è molto difficile invece entrare nelle carceri di massima sicurezza; nessuno può mettere piede a Guantanamo. In Italia ci sono I centri di permanenza temporanea che non sono carceri, sono strutture gestite dal governo e non dovrebbero avere alcun interesse strategico, eppure sono luoghi "proibiti" alla stampa e nessuna informazione è accessibile ufficialmente. Ed inoltre la cosa che colpisce moltissimo é che, pur non essendo considerati dei carceri, il numero di persone che si fanno delle autolesioni o il numero di persone che assumono degli psicofarmaci all'interno dei Centri é assolutamente paragonabile se non peggiore di quello di un regime carcerario. Siamo insieme per accogliere appieno il monito del Papa: “ nessuno resti insensibile dinanzi alle condizioni in cui versano i migranti.! Siamo a Vostra completa disposizione per qualsiasi iniziativa che riterrete opportuno condividere con Noi Mimmo Lomelo e Verdi di Puglia