di Graziella Proto
Spesso c’è una certa corrispondenza tra indagine penale ed attività prefettizia che poi genera l’accesso…” dice il Procuratore Piero Grasso. “In merito - continua il procuratore innanzi alla Commissione Antimafia nella seduta del 13 febbraio scorso – è stata la magistratura, a seguito di alcune indagini, a rilevare alcuni fatti di una certa gravità ed a trasmettere una richiesta di accesso ispettivo al comune di Barcellona Pozzo di Gotto da parte del Prefetto di Messina. Questa richiesta è rimasta ferma, presso la Prefettura, per molto tempo…” Ed ancora: “L’esito dell’accesso aveva concluso per disporre lo scioglimento del consiglio comunale e penso che, successivamente, il prefetto di Messina abbia bloccato questa attività. E’ ancora, comunque, in discussione e vi è un acceso in corso…”.
In sostanza, i magistrati invitano il Prefetto di Messina a predisporre una ispezione presso il comune di Barcellona Pozzo di Gotto. Il dottor Scammacca, prefetto di Messina, prima prende tempo, poi fa fare l’ispezione. E poi, ignorando il risultato dell’ispezione, blocca tutto e cambia idea. Perché ha cambiato idea? Cosa gliel’ha fatta cambiare? Insomma, il comune di Barcellona Pozzo di Gotto ancora non è stato sciolto. Chi è, e per quale motivo, che si oppone allo scioglimento? "Il decreto di scioglimento - racconta l’avvocato Fabio Repici - era già stato approntato. I fatti parlavano da soli. Purtuttavia, da settembre in poi, sono iniziate grandi manovre per il contrario".
Come mai il ministro Amato non si è ancora pronunciato ufficialmente? Non risulta abbia prodotto qualche atto ufficiale. Sussurri, bisbigli, si dice, ce ne sono tanti. Dichiarazioni. Assicurazioni di personaggi autorevoli. Come dire: La mafia a Barcellona Pozzo di Gotto? Ma no che non esiste. Non cominciamo a creare problemi. Forse c’è qualche assessore un po’ coinvolto, per esempio quel Giuseppe Cannata imputato per truffa e tentata estorsione, o quel Luigi La Rosa condannato per voto di scambio.O quel Luciano Genovese, assessore all’urbanistica accusato di abuso edilizi... Ma per favore, nessuno crei allarmismo; nessuno dica che bisogna sciogliere l’amministrazione comunale per mafia perché è teologicamente impossibile: la mafia, qui a Barcellona, non c’è. Al massimo qualche imputato. E’ vero, su tutta questa fantasia della mafia a Barcellona s’è lasciato andare (ammettono fra di loro i bempensanti) anche un giornalista serio come Giuseppe Alfano. E poi l’hanno ammazzato.
Adesso, con questa storia dell’antimafia ci si è messa pure quella rompiscatole di sua figlia Sonia e pure l’avvocato Fabio Repici che si occupa di vittime della mafia e di delitti irrisolti, Graziella Campagna, Beppe Alfano, Attilio Manca ecc.
Forse è roba di massoneria? Ma no, roba vecchia, superata; da queste parti va molto di moda aprire e gestire circoli culturali. A Messina centro, per esempio, il Bridge, il circolo dove si incontravano magistrati, politici, imprenditori e mafiosi. Qualche donnina. Cosa facevano? Si divertivano e facevano affari, al riparo di ogni controllo, l’unico effettuato era quello predisposto dalla Questura a favore degli stessi frequentatori. A Barcellona Pozzo di Gotto l’unica attività culturale della cittadina è quella del circolo Corda Frates, fra i cui soci hanno militato insieme l’onorevole Domenico Nania, il presidente Giuseppe Buzzanca, il senatore Santalco, Rosario Cattafi, il giudice Cassata (promotore del circolo), il capomafia Giuseppe Gullotti. Cassata, si legge negli atti, mentre il boss era latitante si incontrava con la signora Gullotti; e a suo tempo evitò di porre la propria firma sulle sentenza che condannava il marito. Ma insomma, fra un aperitivo e un antipasto, sarà mai capitato a Gullotti di chiacchierare con gli altri soci dei suoi interessi diciamo così extraculturali?
Tanti fatti, tanti nomi, di cui molti ancora incidenti pesantemente sul territorio, elementi che ci dicono che a Barcellona Pozzo di Gotto la mafia esiste. Si tratta di una “ ferocissima ala militare e un potentissimo gruppo di comando saldato con gran parte dei poteri ufficiali cittadini”, a quanto si legge in una delle tre lettere aperte indirizzate al presidente del consiglio Romano Prodi e al ministro Giuliano Amato dall’avvocato Fabio Repici, l’avvocato che denuncia la centralità della cittadina siciliana nelle dinamiche mafiose e le preoccupanti connessioni inerenti lo scioglimento del comune.
Il mancato scioglimento del comune di Barcellona per infiltrazioni mafiose diventa argomento di dibattito pubblico. Tanti a favore, qualche contrario. Il senatore Domenico Nania interviene perché vorrebbe salvare la cittadina peloritana da un marchio indelebile. Inoltre, il primo cittadino, Candeloro Nania, è suo cugino! Lui stesso lo ha voluto sindaco. Ne ha approvato la squadra e benedetto i rapporti. Il senatore fa un comizio in piazza per tranquillizzare tutti i suoi concittadini. Fa battute e ride. A Roma – fa capire – nessuno vuole sciogliere il comune di Barcellona Pozzo di Gotto. Lui ha già parlato con questo e con quello… ha ricevuto garanzie. Recentemente, ha fatto una bella interrogazione parlamentare in cui censura il comportamento del questore di Messina, reo a suo dire di aver sostenuto lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del consiglio comunale di Barcellona Pozzo di Gotto. L’avvocato Repici trova inquietante che il senatore Nania sia a conoscenza di notizie e situazioni coperte dal segreto. Chi gliele ha rivelate?
“Il Prefetto di Messina, – sostiene il senatore nella sua interrogazione – nel febbraio del 2006, ha chiesto alla Procura della Repubblica di Messina di avere informazioni sullo stato dei procedimenti giudiziari riguardanti alcuni onsiglieri comunali di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, per avviare, eventualmente, la procedura di accesso agli atti del comune…”. Lo stesso Prefetto, dr. Scammacca, al settimanale locale Centonove del 2 febbraio scorso ha dichiarato “Sono stato io a decidere di inviare la commissione Prefettizia a Barcellona. Di concerto con il comitato provinciale per l’ordine pubblico: non ci sono state richieste di nessun altro organo”.
L’interrogazione parlamentare del senatore Nania sembrerebbe di indirizzo totalmente diverso da quanto sostenuto dal Procuratore Grasso innanzi alla commissione antimafia. Vuoi vedere che il Procuratore Piero Grasso ha mentito durante l’audizione del febbraio scorso? Secondo Fabio Repici le dichiarazioni del Procuratore Grasso "certificano definitivamente le squallide menzogne proposte negli ultimi mesi, al riguardo del comune di Barcellona, dal Prefetto di Messina dr. Scammacca, e dal senatore Domenico Nania, intervenuto sull’affare nella veste, personale, di cugino del sindaco Candeloro Nania o in quella, latu sensu politica, di garante dell’amministrazione comunale". Sempre secondo l’avvocato, "il Prefetto Scammacca per tutto il periodo della sua permanenza a Messina è stato il baluardo che ha protetto l’amministrazione comunale di Barcellona P.G…” ed infine, “...a boicottare la conclusione naturale della procedura di scioglimento è Scammacca”. “Il caso di Barcellona – sostiene il ministro Amato – è stato determinato dal Prefetto che, dopo ripetuti ondeggiamenti, ha concluso per il non scioglimento. In genere – conclude – io seguo le proposte dei Prefetti in questa materia”.
Qualsiasi Prefetto? E senza alcun atto scritto? Alla prossima riunione di presidenza dell’antimafia, l’Ulivo, per voce di Giovanni Burtone, deputato della Margherita, chiederà al presidente di portare all’attenzione di tutta la commissione la questione di Barcellona Pozzo di Gotto. (Prima di diventare Prefetto, il dottor Scammacca era stato commissario straordinario di S.Giovanni la Punta, un comune sciolto già due volte per infiltrazioni mafiose. Nel comune etneo, il commissario Scammacca creò la Consulta cittadina e fra glialtri vi mise pure un suo conoscente: l’imprenditore Sebastiano Scuto, che poi finì sotto processo perché sospettato di essere organico al clan Laudani).
Messina: mafia e fascisti alleati, così occupavano l’università
Giovanni Brusca, ha rivelato che il telecomando con il quale ha fatto saltare il tratto d’autostrada a Capaci, travolgendo l’auto che trasportava Giovanni Falcone, sua moglie e la sua scorta, proveniva da Barcellona, ha raccontato pure, che a consegnarglielo è stato proprio Giuseppe Gullotti, boss della zona barcellonese. Il suo sponsor, nonché testimone di nozze, Rosario Cattafi, era legato a Pietro Rampulla, l’arteficiere della strage di Capaci. Rampulla, assieme a personaggi del calibro di Alessandro Rosaniti, Carmelo Laurendi e tanti altri, negli anni settanta sono stati condannati per violenze squadriste e sparatorie ai danni di studenti di sinistra all’interno della casa dello studente di Messina. Una notte, racconta qualcuno che in quel periodo alloggiava alla casa dello studente, fazioni opposte di estremisti, ingaggiarono una guerra lanciandosi contro bottiglie di vetro lungo il corridoio, costringendo buona parte degli studenti a restare rintanati dentro le stanze. Il rumore rimbombava per tutto il palazzo e dintorni, ma nessuno, magari fra coloro che gestivano la struttura, ha pensato di avvisare la polizia. Per anni, nelle stanze del rettorato e nei corridoi delle facoltà, il gruppo, avrebbe imposto, minacciato e intimorito, in nome di una comune militanza neofascista e per conto della ndrangheta che per decenni nella città peloritana in tal modo avrebbe gestito lauree, diplomi e concorsi. Una vera e propria occupazione mafiosa.
Barcellona: strane presenze in municipio
Alla fine di aprile del 2001 sulle pagine del quotidiano locale fu pubblicata una foto che ritraeva il neosindaco Candeloro Nania, innanzi al palazzo municipale, mentre festeggia l’elezione abbracciato a Pietro Arnò, ex presidente della squadra di calcio, compare di Gullotti, pregiudicato. Una plateale promiscuità fra politica e malaffare, non necessariamente di rilevanza penale ma comunque di pessimo gusto sul piano del costume. E non la sola. I consiglieri comunali Maurizio Marchetta e Andrea Aragona, hanno procedimenti giudiziari a carico; inoltre, in una recente informativa inviata al Prefetto, dalla Procura della Repubblica di Messina, si fa notare che nell’operazione Omega, che vede coinvolti il boss mafioso Sem Di Salvo e il consigliere comunale Maurizio Marchetta, si parlerebbe anche di “associazioni di tipo mafioso in grado di inquinare, controllare e gestire gli appalti del comune di Barcellona…”. Fra gli atti allegati, alcune intercettazioni telefoniche da cui emergono amichevoli rapporti fra il vicepresidente del consiglio comunale Maurizio Marchetta, imprenditore edile, e Sem Di Salvo. Nell’operazione Omega costui verrebbe fuori come l’imprenditore che controlla una grande rete imprenditoriale specializzata nell’accaparrarsi gli appalti pubblici. Giuseppe Cannata, già arrestato in passato, è ancora imputato per truffa e tentata estorsione. Luigi La Rosa, indagato nell’operazione Omega, ha un passato di "voto di scambio" assieme a Pietro Arnò. Luigi La Rosa, Sebastiano Messina e Pietro Arnò, insieme hanno curato una discussa gestione dell’Aias di Barcellona. Luciano Genovese, assessore all’urbanistica, è stato il progettista della villa parzialmente abusiva del senatore Domenico Nania. Imputazione di abuso edilizio. Infine, Rosario Cattafi - più volte indagato per traffico internazionale di armi - era un ospite abituale del municipio, dove passava per giornate intere. Era senza patente automobilistica (tolta per ordine delle autorità) ma con un lavoratore socialmente utile che lo portava in giro facendogli da autista. Cattafi fin dal 2000 è sottoposto a sorveglianza speciale ed obbligo di soggiorno.
La cellula messinese Michelangelo Alfano Il braccio armato
ALFANO Michelangelo; "uomo d’onore" della famiglia mafiosa di Bagheria (PA), fiduciario dei vertici corleonesi di Cosa Nostra, si era trasferito alla fine degli anni `70 nel messinese, col preciso compito di gestire il re-investimento di ingenti capitali di provenienza mafiosa e di convogliare i più lucrosi appalti, relativi ad opere da svolgersi in quella provincia, verso imprese direttamente o indirettamente legate all’organizzazione mafiosa. Più precisamente l’ALFANO, unitamente a SFAMENI Santo, potentissimo "boss" di Villafranca Tirrena (ME), investiva il denaro di Cosa Nostra palermitana in imponenti lavori edili eseguiti a Messina e provincia, per il tramite di varie imprese. ALFANO Michelangelo, secondo l’ipotesi investigativa dell’operazione “GIOCO D’AZZARDO” è la cellula messinese che mette a disposizione di altri imprenditori consistenti capitali mafiosi veicolati ed investiti in Polonia nel settore dei casinò e in imprese di costruzioni. Lo stesso Sparacio, a capo del bracco armato messinese di Alfano, era stato invitato a recarsi in Polonia per "risolvere dei contrasti". Nella casa Michelangelo Alfano, è stato visto più volte Bernardo Provenzano, che, come anche Nitto Santapaola, nel barcellonese, passò qualche tempo della sua dorata latitanza. nei pressi di Barcellona.