di Piero Cimaglia
Giovanna, 22 anni, sdraiata sulla sabbia nera di San Giovanni Li Cuti, Francesco, 16 anni, mentre lascia l’aula per la ricreazione e Salvatore che di anni ne ha 72 e sta in fila all’ufficio postale per ritirare la sua pensione. Tutti e tre hanno qualcosa in comune, tutto sommato amano la loro città. Hanno in comune anche qualcos’altro, un documento depositato presso il palazzo di città, il progetto di Piano Regolatore Generale. Ancora non lo sanno, ma sarà questo piano a segnare il loro futuro, ad indicare in quale direzione si svilupperà il destino urbanistico, sociale, economico, culturale della realtà in cui probabilmente continueranno a vivere. Deciderà dove e come costruire i palazzi, dove l’ospedale, dove il grande centro commerciale, quanto verde ci deve stare, quanto larghe dovranno essere le strade, dove potere andare a sdraiarsi al sole, quanto tempo ci vorrà per raggiungere le aule universitarie quali saranno le vie di fuga in caso di terremoto....
Giovanna, Salvatore, Francesco non stanno decidendo sul loro destino, per loro lo stanno facendo i consiglieri comunali e, ancora di più, i Paperoni e i re Mida locali, capaci di decidere ciò che deve diventare oro e ciò che deve restare piombo. Dopo essersi accaparrati alcuni terreni, nulla di più facile che farli dichiarare edificabili, anzi più edificabili degli altri.
Gli stessi locali che ospitano l’ufficio responsabile del PRG, in Via Biondi, non sono di proprietà del Comune ma di Oreste Virlinzi, uno dei più importanti imprenditori della città. Lo stesso piano non è stato predisposto dagli ingegneri del Comune, ma da professionisti esterni come Matteo Arena e Giuseppe Crimi, con un compenso di 121.788 euro. Gli stessi che, finito l’incarico, torneranno a lavorare per i più grossi costruttori catanesi.
Nonostante il calo demografico degli ultimi anni che ha portato ad una popolazione che oggi si può calcolare in circa 300.000 abitanti, il progetto di Piano Regolatore prevede che, fra qualche anno, questi diventeranno – al di là di ogni regola statistica – 390.000, magari attraendo nuove residenze dai paesi vicini. Strano che anche questi comuni prevedano pure loro Piani Regolatori in incremento. Conseguenza inevitabile di questi numeri è una cementificazione a tappeto per palazzi, scuole, strade, uffici pubblici, parcheggi, centri commerciali...
Le indicazioni di massima stabilite quando era sindaco Enzo Bianco avevano già individuato una decina di zone, chiamate “aree risorsa”, in cui principalmente si sarebbero dovute fare le nuove costruzioni. Con Scapagnini sono diventate quasi settanta. In realtà queste aree non sono tutte uguali fra di loro e su alcune di queste andranno a svuotarsi molti più sacchi di cemento che in altre. Sono, in particolare tre le aree in cui la densità di cemento garantirà maggior profitto. Sono le aree privilegiate, anche per la loro posizione (nella city o sul lungomare della scogliera), quelle su cui si otterranno i maggiori profitti. Sono Corso dei Martiri, il Rotolo e i terreni, attorno alla stazione, che saranno lasciati liberi dall’interramento della linea ferroviaria.
Corso dei Martiri La prima di queste aree è attualmente un insieme di profondi crateri, rimasti così dalla fine degli anni sessanta. Erano state demolite le vecchie case, le stradine e gli stretti vicoli della casbah catanese in nome del “Risanamento di San Berillo”. Una valanga di denaro pubblico che, dopo 15 anni, lasciò tutto a metà, con le conseguenti dispute fra Comune e costruttori che animarono le aule dei tribunali. Lì sarebbe dovuto nascere il centro economico, motore dello sviluppo della città. Di fatto fu completato solo il Corso Sicilia, si affermarono i poteri politici dei “nuovi turchi” che conquistarono la Democrazia Cristiana catanese, si rafforzarono i nuovi boss con l’inizio dell’ascesa di Nitto Santapaola e fecero affari i costruttori che nei decenni seguenti si meritarono l’appellativo di “Cavalieri dell’apocalisse mafiosa”. L’area che è rimasta libera ha una superficie di 85.000 metri quadrati su cui si dovrebbe costruire per 113.000 metri cubi, di cui la metà per abitazioni. Stiamo parlando di edifici che possono essere alti fino a quindici piani.
Il Rotolo Tra piazza Nettuno e Ognina si susseguono vecchie case, ad uno o a due piani, terreni abbandonati, palazzi costruiti pochi decenni orsono e lo storico luna park cittadino e persino proprietà di una società che risulta inesistente. In passato si pensava ad un grande parco a verde, ma il concentrarsi di molte di queste aree in mano ai più importanti imprenditori etnei ne ha imposto un futuro diverso: 172.000 metri quadri su cui dovranno trovare posto 400.000 metri cubi edificabili, di cui il 60% per abitazioni. Due grattacieli di 15 piani occuperanno piazza Nettuno per garantire più ombra, nelle assolate serate estive, ai catanesi che vorranno continuare a passeggiare sul lungomare.
La ferrovia Fino ad ora la linea ferrata, che dalla stazione centrale porta a piazza Europa, ha impedito la vista della scogliera etnea dagli sguardi dei catanesi, ma anche dagli appetiti della speculazione edilizia. Adesso, con l’interramento della ferrovia, i giochi sono riaperti. Su 202.000 metri quadri si potrà edificare per 485.000 metri cubi, di cui il 40 per cento per abitazioni ed anche qui potranno nascere palazzi di quindici piani. C’è però un problema: le aree della ferrovia non sono di proprietà privata. Alla fantasia non c’è limite e le idee non mancano. La più accreditata di queste idee prevede di utilizzare una commistione tra progettualità pubblica ed interessi privati attraverso l’uso della finanza di progetto. Gli imprenditori privati potrebbero impegnarsi a costruire a proprie spese due tunnel. Il primo dovrebbe collegare piazza dei Martiri col Faro Biscari e costituire parte della nuova circonvallazione di levante, il secondo ospiterebbe la nuova linea ferrata. In cambio otterrebbero il diritto a costruire sulle aree liberate dai binari.
Come andrà a finire Negli ultimi mesi, dopo anni di attesa per il nuovo piano regolatore e con l’inizio del dibattito in consiglio comunale, la Regione aveva mandato un commissario che doveva porre fine ai ritardi decidendo al posto dello stesso consiglio. Le proteste dei politici catanesi hanno costretto il commissario a tornarsene a Palermo, in cambio dell’impegno di finire il lavoro entro la fine dell’autunno. Adesso è passato pure l’inverno e, dopo una “pausa di riflessione”, riprende la discussione in aula consiliare. Sembra scontata una soluzione che tenterà di mediare fra lo schema di massima proposto ai tempi della sindacatura di Enzo Bianco ed il progetto presentato dalla giunta di Umberto Scapagnini. Già col sindaco della “primavera catanese”, erano state lanciate accuse di favoreggiamento verso gli speculatori dell’edilizia, accuse urlate in pubblico durante comizi elettorali e finite pure nelle aule del parlamento nazionale.
Da sei anni la vecchia opposizione è diventata maggioranza, ma il progetto dell’attuale primo cittadino ha moltiplicato le possibilità di cementificazione. Anche se ci sono state prese di posizioni ufficiali contrarie a questa idea di città da parte di sindacati associazioni ed ordini professionali, il destino di tutti sembra interessare pochi. È probabile che sarà diminuita di una leggera percentuale la cubatura edificabile e verrà forse ridotto il numero delle aree-risorsa. Quanto basta per non lasciare scontenti i padroni della città, i nuovi cavalieri dell’apocalisse urbana