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      SanLibero in pillole

      • E' morto un prete

        27 gennaio 2008 - Riccardo Orioles

        E' morto un prete a Catania, che si chiamava padre Greco. Non è una notizia importante e fuori dal suo quartiere non l'ha saputo nessuno. Eppure, in giovinezza, era stato un uomo importante: uscito dal seminario (il migliore allievo) era “un giovane promettente” ed era rapidamente diventato coadiutore del vescovo. Io di carriere dei preti non me ne intendo ma dev'essere qualcosa del tipo segretario della Fgci, e poi segretario di federazione, comitato centrale, onorevole e infine, se tutto va bene, ministro. Comunque lui dopo un anno si ribellò. Che cazzo - disse a se stesso - io sono un prete. E il prete non sta in ufficio, sta fra la gente.

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        Le mamme riconquistano l’Andrea Doria

        "E va bene: ve la lasciamo per altri due anni". E’ finita così, per ora, la famosa battaglia della Scuola Andrea Doria, l’unica scuola del quartiere più popolare, San Cristoforo. Il Comune la voleva chiudere ma le mamme, con una lotta da Iliade, l’hanno difesa. In autunno i bambini torneranno a scuola ma gli speculatori, che volevano fare i loro affari su quel terreno, mica ci hanno rinunciato. Le mamme ora festeggiano, ma con gli occhi aperti...

        di Giuseppe Scatà

        “Ringraziamo il comitato civico in difesa della Doria, ringraziamo il prefetto, l’arcivescovo, le Orsoline, il GAPA e tutte le persone che ci sono state vicine in questa lotta”. E’il 9 Giugno. La Giunta invia al fax dell’ Andrea Doria la copia di una delibera preannunciata: la scuola resta in via Cordai 59 per altri due anni. Manca però un documento: la copia del nuovo contratto d’affitto e la garanzia che il plesso verrà messo a norma di sicurezza. "Avrete tutto", promette l’assessore Maimone. Le mamme festeggiano. Tolgono le catene ai cancelli, ma non buttano il lucchetto.

        * * *

        “C’era na vota nu rè bufè, biscotta e minè. Stu rè, bufè biscotta e minè…”, canticchia l’assessore Maimone in una sala del Palazzo degli Elefanti. Con la mano batte il ritmo e guarda negli occhi le madri dell’Andrea Doria. E’ il 22 Maggio. Ci accomodiamo nella sala. L’elefantino di vetro, imbizzarrito, con la proboscide sollevata e al centro del tavolo, stavolta riflette diciassette volti: ancora le quattro donne della Doria, Maimone, l’assessore Drago, il capogabinetto Ferlito, una segretaria, il consigliere comunale per An Puccio La Rosa, un secondo consigliere, due funzionari comunali, e tre uomini del comitato cittadino in difesa della scuola, tra cui me, cronista per Casablanca e per I Cordai. Maimone parte e dice subito: “La scuola Andrea Doria non si tocca. Verrà semplicemente trasferita in un altro plesso, a poco più di cento metri”, qui si ferma e prende la carica, e poi, tutto d’un fiato: “Nella Livio Tempesta di via Gramignani, ristrutturata, ampliata, e finalmente a norma di sicurezza”. Dopo un suo piccolo movimento della mano la segretaria comincia a leggere una lettera dell’avvocato delle Orsoline: “Come già comunicato precedentemente, mettiamo in vendita il plesso”.

        “Insomma”, dice stupefatto Maimone, “Il comune non può certo acquistare un immobile di 3 milioni di euro per spenderne poi 1 e mezzo per l’adeguamento strutturale! Sarebbero spese di tipo straordinario e la Corte dei Conti ci bloccherebbe subito”. “Ma la Tempesta che c’entra, è del quartiere Angeli custodi!”, urla una madre, e La Rosa, cronometro alla mano: “E’ vicinissima. Ieri ho fatto a piedi il tratto tra la Doria e la Tempesta, lo confesso, e sono solo 7 minuti. Li ho contati”. “Tra l’altro - incalza Maimone - i dati nazionali registrano un aumento dell’obesità tra i ragazzi, e quella passeggiata gli farà certo bene”. Attimo di silenzio. Una delle madri cerca di farsi sentire tra un intervento e un altro: “Con quella scuola ci siamo cresciuti, per noi è come un monumento, è proprio davanti casa”. La Rosa e gli altri ridono. Ferlito, il capogabinetto, non ha un cronometro né una calcolatrice, e fa rapidi calcoli: “Insomma, alla Tempesta sono occupate solo 4 aule su 18, e i 240 bambini della Doria c’entreranno comodamente”.

        Da un angolo emerge la voce di Drago: “La Doria appartiene al passato. Costruiremo, come già in progetto, due scuole nuove nella zona di San Cristoforo. Noi abbiamo il dovere di tutelare quei ragazzi”. E Maimone, come per dare una benedizione: “Ogni bambino che sottraiamo alla strada è una conquista per la città”. Nuovamente silenzio. Un giornalista de I Cordai prende la parola: “Io ho visto il piano integrato di San Cristoforo e non risultano nuove scuole in fase di progettazione”. Drago si complimenta per la risposta ben articolata e aggiunge “Le costruiremo, le gare d’appalto sono già bandite”. Maimone chiede per telefono la planimetria per dimostrare quanto detto e dall’altro lato gli rispondono picche, “Io vi denuncio”, chiude, e poi: “Quei bambini sono i nostri bambini”, dice ancora, sovrapponendosi alla voce di La Rosa che afferma contento che le madri hanno capito tutto e sono d’accordo, mentre la donna gomito a gomito con lui ripete già da un paio di minuti: “Un buco nell’acqua, un buco nell’acqua…”. Ad un nuovo cenno della mano la segretaria rilegge la lettera dell’avvocato delle Orsoline, nessuna la ascolta, ma lei prosegue.

        E’ l’unica donna presente insieme a una ispettrice della Digos e alle quattro madri. La settima è inginocchiata dietro il tavolo e alle spalle degli uomini. Ha le mani sul volto e ormai non oppone più difesa alle pietre scagliatele addosso. E’ inclinata da un lato e sanguina, ma non crolla ancora. E’ un grande dipinto della Lapidazione. “Stu rè, bufè biscotta e minè, aveva na figghia befigghia biscotta e minigghia…”.

        Il giorno dopo, alla Livio Tempesta: il cantiere è ancora aperto, e dei fili della luce scoperti fanno un arco sull’ingresso, dove un’isolata macchinetta del caffé dà il benvenuto. Cammino, seguito da un uomo: “La scuola è qui da sempre, è un pezzo di storia”, dice e saluta gli operai che pranzano, “A settembre 150 alunni sono stati spostati al plesso della Playa, e noi gli abbiamo promesso che sarebbero ritornati qui l’anno prossimo. Non c’è spazio per la Doria”. I corridoi sono appena intonacati e freschi e comincio a contare, anch’io senza cronometro e calcolatrice: 18 aule, di cui quattro occupate, è proprio vero, la matematica non è un opinione. Ma sei di queste sono aule esattamente dimezzate, come se avessero usato un coltello da cucina su una torta alla crema, e due dovranno ospitare archivio e sala riunioni.

        “Io ho paura quando mio figlio va a pedi fino alla Playa, mica posso accompagnarlo. E nei giorni di pioggia?”, fa una donna, fuori di sé, e l’uomo, guardando i pontili del cantiere: “Lei sa che molti padri qui sono pescatori. Ecco, noi siamo in una barca sola nel mare, di notte. Senza stelle, e senza bussola, dove andiamo?”. Esco dalla Tempesta, prima di rimanerne inghiottito. La Tempesta dichiara alla stampa che lo spostamento della Doria in via Gramignani è “una soluzione illogica”. Maimone reagisce e ribatte con una nuova idea: trasferire la Doria nelle dieci aule di via Case Sante, ma il preside della Doria, Santonocito, dice che lì c’è agibilità per soli quaranta alunni in più, come comunicato e raccomandato dallo stesso comune, con una circolare del 2005. E poi è quartiere Cappuccini. Non è certo necessario andare in alto mare o sulle banchine delle tonnare siciliane, per trovare dei profughi. Il 30 Maggio le mamme della Doria occupano la scuola: “La Doria è il cuore di San Cristoforo e di tutta la città. Allora sa che ci dico al sindaco, perché non togliamo l’elefante da piazza Duomo?!”.

        “Sta figghia, befigghia biscotta e minigghia aveva n’acceddu beceddu biscotta e mineddu…”. “Come possiamo noi educare i nostri bambini se il comune non vuole pagare nemmeno l’affitto di una scuola?”, urla sul palco la signora Di Fazio, durante lo sciopero generale del primo giugno. Più tardi il comitato civico in difesa della Doria, insieme alle donne di San Cristoforo, entra in prefettura. Maimone tira subito fuori un verbale senza firme e senza date e legge: “La Tempesta ha a disposizione 12 aule libere”, “Non è vero, quelle aule aspettano il ritorno degli studenti che abbiamo dovuto spostare al plesso Playa. Io l’ho scritto e firmato, e lei l’ha omesso”, dice il dirigente della Tempesta, e Maimone, rivolto al preside della Doria: “Perché ha chiesto ufficialmente la messa in sicurezza della scuola? E’ un motivo in più per andare via dalla Doria”, e il preside: “La maggior parte delle scuole catanesi non è a norma. E poi io posso prendermi la responsabilità di una struttura che sta al di fuori della legge?”.

        A questo punto il prefetto, una signora di mezz’età, si intromette con un guizzo: "D’accordo, d’accordo... contatterò di nuovo la proprietà delle Orsoline, e proverò a convincerla a non vendere”. All’uscita l’assessore è circondato dalle madri. Lui prende un grande foglio, lo apre sul cofano di un auto, e con il dito tocca un piccolo punto di un disegno San Cristoforo: “C’è già una gara per una nuova scuola”, “Ma sta parlando di un bando di idee, e per un progetto di scuola materna, mica è un appalto!” gli rispondono. “Lo cambiamo” fa lui, “Certo, fin quando è un’idea”, fa un altro. Un geometra chiede di guardare le carte e si china sul cofano, Maimone avvolge la pianta e la nasconde sottobraccio. “Perché non pagate proprio l’affitto della Doria, e rispettate gli altri pagamenti?”. E lui “C’è un ordine di debitori da rispettare”, “Ma quello non è per i servizi? Che c’entrano gli affitti?!”. “…St’aceddu beceddu biscotta e mineddu ci vulò…”. Il 6 Giugno al teatro ambasciatori di Catania c’è il progetto Legalità & Cittadinanza: la scuola incontra le istituzioni. La Doria non è stata invitata, ma un gruppo di madri e ragazzi entra lo stesso, si mette accanto al palco e apre gli striscioni: “Ma che legalità se la scuola chiuderà?”.

        “Prima di tutto do’ il benvenuto alla Doria”, dice subito Maimone, appena afferra il microfono; “Scapagnini perché stai zitto, la scuola non è un diritto?”, e Scapagnini dirà: “Ragazzi dateci il tempo di risolvere il problema Doria”, “Staiu addivintannu vecchia a furia d’aspittari!”, gli rispondono. “E’ colpa delle Orsoline”, fa Maimone, “Ma se non pagate l’affitto?!”, ribatte Carla, 3° media della Doria. “A cu pigghia st’aceddu biceddu biscotta e mineddu, ci dugnu a me figghia befighhia biscotta e minigghia”. Le madri occupano, tenendo sotto braccio il telefono, appena sequestrato al preside e avvolto nel filo come un pacco regalo. Si portano dietro i figli, “Ci aiu na casa pessa”, dicono, ma si fanno forza a vicenda. Mangiano panini, pizze, qualche volta cucinano della pasta, e dormono nella vice presidenza. Quando il preside mette i doppi turni al plesso Doria di via Concordia, loro corrono e infilano un bel catenaccio al cancello. Bloccano lezioni, scrutini ed esami, e la mattina del 7 Giugno, come valanghe, raggiungono pure le aule della Doria di vie Case Sante, per protestare durante la recita di fine anno. “Questa occupazione è illegale”, dice il presidente della Prima municipalità, Messina. “Arriva ‘n tignusu vavusu biscotta e minnusu, afferra st’aceddu, va ni lu re e ci dici…” .

        “San Cristoforo Sud è diventata zona edificabile con una variante del piano regolatore. L’Andrea Doria è a San Cristoforo Sud, e se sulla carta vale 3 milioni di euro, domani il suo valore duplicherà, o triplicherà”, “Già degli imprenditori si sono fatti avanti, e ce n’è uno in particolare”. “...Ca c’è l’aceddu! datimi a vostra figghia befigghia biscotta e minigghia”. “Ringraziamo anche Maimone... ma non diciamo grazie al consiglio di quartiere, che non si è mai interessato e ci ha abbandonato”. “Ma ‘u re ci dici: Vattinni tignusu vavusu biscotta e minnusu, ca voi a me figghia befigghia biscotta e minigghia”.

        (Casablanca, I Cordai)

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