di Giorgio Costanzo
Donna Rita preferirebbe aver del tempo per sè, magari per fare la calza o leggere un nuovo libro, ma non ne ha. Anche se ne avesse, prima dei ferri verrebbero nipoti e figli che naturalmente vede poco da qualche tempo. E scommetto che anche la farmacia le manca. Il quartiere, la clientela sono un tran-tran che attorno ai sessanta dovrebbero dare quel senso di familiarità che prelude ad una vecchiaia tranquilla. Ah, libera. Per fortuna Libera si regge da sè e non ha bisogno di lei, per ora. Insomma la campagna elettorale dev’essere una bella seccatura per la sorella del giudice fatto saltare per aria sotto casa della mamma quando io che scrivo ero bambino. La dovevo intervistare ("Ma non di politica: è banale". E cosa, allora? Come intervistare Swarzenegger evitando cinema e fitness?) all’incontro con gli studenti al caffè dell’università. Scrivo le domande meno minchione che mi vengono in mente, sbrigo una faccenda alle Poste, vado a farmi la spesa e alle 10:15 sono sul posto per l’Intervista.
Passa non so che processione di precari. Per che cosa manifestano? La forza pubblica non lo sa. Andiamo avanti. Prossimo passo al "Tutti al Caffè con Rita" a giurisprudenza. Mi scrivo da me un biglietto di presentazione prevedendo ressa. Aspetto fuori dal ristorante. Ho fame. Alle tre finalmente esce. È meglio dal vivo che in manifesto. Sorriso sgangherato ed occhi prensili azzurro sfacciato. Dò il biglietto a uno dei suoi angeli custodi. Lo legge, ride e me lo rende: non occorre, dice. "Perché questo biglietto?". "Beh veramente mi aspettavo di trovarla circondata dalla sua corte...". "Ma io non sono un tipo da corte!". Tempo mezzo minuto e viene trascinata dalla folla (me compreso) a Villa Cerami, in facoltà. Caffè, breve comizio a braccio, il gruppo che continua a discutere anche dopo che lei se n’è andata, e via per un altro incontro, stavolta alla Cgil.
Qui si parla di sanità. Io, dal fondo della sala, sto registrando tutto col braccio teso come per chiedere la parola. La applaudono calorosamente, anche se chiamarla compagna non si può. Dopo un po’ calo il braccio, stanco. Lei, fresca come una rosa. "Ma che le danno?" mi chiedo, mentre scompare alla volta di piazza Iolanda.
Con spregio del codice stradale arrivo prima io, senza corsia preferenziale. Adesso parla di: lotta alla mafia, sanità, politica interna ed estera, autonomia, educazione, sviluppo.
Io non riesco proprio (sarà questione d’esperienza) a trasmettervi la monelleria con cui la Borsellino arrigava la folla. Mi ha detto (quando sono riuscito a intervistarla, alla fine: "Io non sono un giornalista, però!". "E io non sono un politico!") che lei detesta manifesti e "santini", costano un sacco e sporcano per terra. Vorrebbe che alla campagna elettorale partecipassimo a modo nostro: lenzuola spontanee su balconi autonomi. Intanto s’è fatto scuro. Ancora c’è da andare a Federfarma, poi non so dove e poi a Palermo. Non ce la faccio più. Con le ultime energie mi faccio largo tra la folla e le chiedo: "Ma lei che fa, quando non fa politica?". Risposta (con sorriso nostalgico): "L’uncinetto".
Di Rita Borsellino, prima pretendente donna al regno di Sicilia, ho saputo personalmente di persona (me l’ha detto lei, nell’Intervista) che le piace moltissimo Camilleri. Da bambina, però, leggeva i russi: Dostojevski. A che età? "A otto anni". Sembra sincera. Però è simpatica lo stesso.
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Adesso la folla se ne va, resta qualche curioso. E’ andata via anche lei, con il suo bel parlare e (anche) la sua paura. "Ma è meglio parlare e lavorare tutti insieme, se stiamo zitti la paura non passa". Fra i paesi del mondo, per il futuro della Sicilia il più importante - secondo lei - è l’Africa del nord, la Maghrebia. Fez, Algeri, gente che va per mare, Mediterraneo, poveri, Casablanca.