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      SanLibero in pillole

      • E' morto un prete

        27 gennaio 2008 - Riccardo Orioles

        E' morto un prete a Catania, che si chiamava padre Greco. Non è una notizia importante e fuori dal suo quartiere non l'ha saputo nessuno. Eppure, in giovinezza, era stato un uomo importante: uscito dal seminario (il migliore allievo) era “un giovane promettente” ed era rapidamente diventato coadiutore del vescovo. Io di carriere dei preti non me ne intendo ma dev'essere qualcosa del tipo segretario della Fgci, e poi segretario di federazione, comitato centrale, onorevole e infine, se tutto va bene, ministro. Comunque lui dopo un anno si ribellò. Che cazzo - disse a se stesso - io sono un prete. E il prete non sta in ufficio, sta fra la gente.

      In evidenza

        Uccisa con la lupara offesa con la libertà dei mafiosi

        "Una scappatella! - dissero - sarà fuggita con qualcuno". E non aveva neanche l’innamorato. Davvero singolari, le indagini sull’assassinio di Graziella: depistaggi, silenzi, rimozioni, anche da parte delle forze dell’ordine; e documenti falsi. Esiste un buco nero nelle istituzioni, proprio in una delle provincie più esposte all’offensiva di Cosa Nostra? Da anni in Italia la Magistratura si batte coraggiosamente contro la mafia: ma a Messina?

        Di Graziella Proto

        “Mamma, lo sai che l’ingegner Cannata non è lui… è un’altra persona…” La vera identità dell’ingegnere Cannata, la piccola Graziella Campagna l’aveva scoperta da una agendina che lo stesso aveva dimenticato nella tasca di una camicia portata alla lavanderia dove la ragazza lavorava. La madre ascoltava e continuava a preparare la cena, senza dare molta importanza a quel racconto. Non mostrò interesse nemmeno quando la figlia le raccontò - stupita - il particolare che la titolare della lavanderia Franca Federico e sua cognata Agata Cannistrà, quando Graziella glielo disse, nervosamente le strapparono l’agendina dalle mani.Tre giorni dopo questa rivelazione alla madre, Graziella Campagna non fece più ritorno a casa. Il 12 dicembre 85, all’uscita dalla lavanderia “La Regina”, di Villafranca Tirrena dove lavorava come commessa, scomparve nel nulla. Qualcuno molto intenzionalmente assicurò che si trattava di una “scappatella”, ma non era possibileNon aveva l’innamorato. La mamma e il papà, invano, disperatamente, attesero. Alla fine, una voce in una birreria: alcuni escursionisti avevano trovato il cadavere di una giovane. Un tuffo al cuore per il povero Piero Campagna fratello di Graziella, a cui toccherà recarsi sul posto per identificarla. Graziella sarà trovata a terra, rannicchiata contro il muro, con un braccio alzato in segno di difesa; il corpo barbaramente sfigurato da cinque colpi di lupara, uno alla faccia, uno alla spalla, uno al petto… Pare che le abbiano sparato anche mentre giaceva a terra. Una vera e propria esecuzione.Perché? Graziella Campagna - semplice, buona, posata, riservata, sincera - era una normalissima ragazza siciliana, di famiglia irreprensibile, onesta, laboriosa. Una ragazza che amava parlare di tutto con i suoi familiari, e che sognava solo di sposarsi ed avere dei figli.Da pochi mesi viaggiava in pullman, da Saponara a Villafranca Tirrena, dove lavorava, presso la lavanderia “La Regina” luogo in cui, aveva conosciuto dei clienti gentili ed affezionati, tra i quali, l’ingegnere Toni Cannata e il suo assistente geometra Gianni Lombardo. In realtà si trattava di Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera, due pericolosissimi latitanti, ricercati nel palermitano per associazione mafiosa e traffico internazionale di droga, nascosti nella zona sotto la protezione di don Santo Sfameni capocosca della zona, che pare, abbia ospitato Gerlando Alberti junior, ma non solo lui, anche in una villetta adiacente la caserma dei carabinieri.

        Della presenza di Alberti junior e del suo luogotenenente Sutera nella zona di Villafranca, a saperne erano in tanti, compreso il maresciallo Giardina, comandante della stazione dei carabinieri di Villafranca. In ogni caso, la sera dell’otto dicembre 85, quattro giorni prima del rapimento di Graziella, i due erano stati fermati ad un posto di blocco, dal quale erano riusciti a fuggire grazie al sopraggiungere ad alta velocità, di una macchina che distrasse i due carabinieri. Prima di fuggire, però, Cannata-Alberti e compare suggerirono ai militari che si erano accorti dei documenti falsi, di rivolgersi al comandante dei carabinieri di Villafranca che li avrebbe tranquillizzati.Ma Graziella cosa c’entra con tutto ciò? Da cosa scaturisce la necessità di ucciderla?Qualche giorno prima, l’ingegner Cannata-Alberti, sbadatamente aveva lasciato nella tasca della camicia che aveva portato in lavanderia un porta – documenti ed una agendina… Il timore che tutto ciò fosse ritrovato da Graziella, e che la ragazza, resasi conto della reale identità di uno dei maggiori narcotrafficanti di Cosa Nostra, avrebbe potuto raccontarlo a suo fratello carabiniere? Il sospetto che quel posto di blocco non fosse una semplice coincidenza? Comunque sia, Graziella, a soli diciassette anni, viene rapita, portata a Forte Campone, luogo impraticabile, quasi irraggiungibile, e lì interrogata ed uccisa da cinque pallottole di lupara.Le indagini, espletate dal maresciallo Giardina e dal suo superiore capitano Fernando Acampora, già dall’inizio, presentavano delle singolarità; prima l’ipotesi della”scappatella”, anche se non c’era alcun indizio in tal senso, poi la testimonianza della madre, che quando raccontava l’episodio riferitole dalla figlia, riguardo la vera identità dell’ingegnere Cannata, non viene presa in considerazione da nessuno, magistrati e carabinieri compresi.

        In sostanza, per anni, per proteggere i due, qualsiasi prova è stata omessa, evitata, tralasciata deliberatamente: giudici che omettono di scrivere sul registro della procura o che telefonano durante gli interrogatori; chi modifica i verbali, chi comunica i responsi ai mafiosi prima che essi siano ufficiali… scontri e colluttazioni fra poliziotti e carabinieri, con scambio di accuse, responsabilità e rivendicazioni di indagini. Il maresciallo Giardina che striglia il fratello di Graziella, il carabiniere Piero Campagna, per aver fatto indagini autonome e per avere fornito notizie in tal senso alla polizia. Fascicoli del tribunale che si smarriscono; falsi ufficiali di carabinieri che partecipano agli interrogatori o ad incontri fra testimoni ed altri carabinieri, o che, si interessano delle perizie balistiche, tipo Giuseppe Donia autonominatosi colonnello o che regalano armi ad un futuro procuratore generale il dott. Rocco Sisci che successivamente visterà il proscioglimento dei due imputati chiesto dal giudice Mondello.Frequentazioni ed operazioni quantomeno insolite, strane, sospette, che hanno distratto, condizionato, per anni e anni le indagini e i processi, una lunga serie di annullamenti e di proscioglimenti degli imputati. Nonostante una disposizione di cattura nei loro confronti, emanata il 18 marzo 1987, l’arresto dei due malavitosi per anni non avverrà, anzi, nel marzo 89, la disposizione sarà dichiarata nulla per mancata notifica agli imputati.I magistrati? Qualcuno sarà condannato, (grazie alla collaborazione di parecchi pentiti), qualcun altro andrà in pensione anticipatamente, qualcun altro sarà promosso.Nessuno di “loro” pensava che una povera famiglia si sarebbe battuta con coraggio e determinazione per avere giustizia.Nessuno di “loro” pensava che per l’omicidio di Graziella, con molta difficoltà, nel territorio, si sarebbe mobilitata una intera società civile. “La gente voleva sapere, discuteva nelle case… voleva capire… E’ ovvio la gente aveva anche paura… - spiega Nadia dell’associazione antimafiosa Rita Atria, che è stata fra i promotori della riapertura del processo – ma alla fine affollava le nostre assemblee, comprava il libro con la storia di Graziella” – conclude.

        Scheda
        Il fratello carabiniere:"Come dirlo a nostra madre?"

        “Io l’ho saputo dai giornali, che per Gerlando Alberti junior è scattato l’annullamento per decorrenza dei termini di custodia cautelare - racconta il carabiniere Piero Campagna, fratello di Graziella assassinata ferocemente nel dicembre 85 a soli 17 anni - io e mio fratello siamo molto arrabbiati ma soprattutto amareggiati. Non sappiamo come spiegarlo a nostra madre, le abbiamo detto che forse i giornali esagerano e che comunque deve stare serena perché fra tre anni con il processo di Appello, Gerlando Alberti junior, l’assassino di sua figlia ritornerà in carcere…”Intanto, per una incredibile “svista” del tribunale di Messina dal 4 novembre a Gerlando Alberti junior, mafioso con varie mansioni e specializzazioni che vanno dall’omicidio al traffico di stupefacenti, nonché, killer di Graziella, è stata ridata la libertà. Un magistrato della Procura di Messina, il dott. Lombardo, per ben due anni, non è riuscito a scrivere le motivazioni della sentenza.

        Negligenza? Inoperosità? Indolenza? L’unica cosa certa è che a causa di questo ritardo, non è stato possibile fissare la data del processo d’Appello e i termini della custodia cautelare sono trascorsi, decaduti. All’inizio di novembre il boss festeggerà.“Quel giorno dovremmo essere tutti innanzi al tribunale a protestare” sostengono Nadia Furnari e Piera Aiello dell’Associazione Rita Atria dal cui sito è partita una campagna per una raccolta di firme affinché il ministro Mastella mandi qualcuno a controllare che diavolo sta succedendo in quel tribunale. Cosa che il ministro – lesto – ha disposto. Gli ispettori del dicastero di via Arenula guidati da Arcibaldo Miller, al più presto si recheranno nella città “babba” per verificare, esaminare, analizzare… soppesare… Si spera.

        Ciò nonostante, riguardo alle polemiche e i ritardi sulle motivazioni della sentenza, l’Associazione Nazionale Magistrati di Messina ha fatto circolare una nota con la quale “…si esprime piena solidarietà al dott. Giuseppe Lombardo, ultimo anello della catena additato all’opinione pubblica come responsabile di un ritardo che deriva invece, inevitabilmente, da un carico di lavoro oggettivamente abnorme e insostenibile…”Ma le priorità?Esiste un criterio per determinarle? La sentenza di un processo che dovrebbe servire da esempio, può essere paragonata a quella di un processo in cui l’imputato a torto o a ragione è stato assolto? Oppure, paragonarla a quella di un processo in cui non ci sono misure cautelari a carico degli imputati?“Grazie all’indulto – ci spiega ancora Piero Campagna - Alberti sta godendo di un abbuono di tre anni su un’altra condanna, sarebbe stato il tempo giusto per andare in Appello. Sono sicuro che non sarebbe uscito più dal carcere – aggiunge - Con chi me la devo prendere?- continua sempre più turbato Piero Campagna - con lui? Col magistrato? Non so cosa sia successo, non so cosa pensare: perché non si è interessato in tempo del processo di Graziella?... Io che lavoro nell’arma mi chiedo che lavoro faccio? Devo credere allo stato? Alle leggi? Alle istituzioni? Sono molto sfiduciato, però devo credere nello stato, faccio un lavoro che ancora mi piace molto.”

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