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      SanLibero in pillole

      • E' morto un prete

        27 gennaio 2008 - Riccardo Orioles

        E' morto un prete a Catania, che si chiamava padre Greco. Non è una notizia importante e fuori dal suo quartiere non l'ha saputo nessuno. Eppure, in giovinezza, era stato un uomo importante: uscito dal seminario (il migliore allievo) era “un giovane promettente” ed era rapidamente diventato coadiutore del vescovo. Io di carriere dei preti non me ne intendo ma dev'essere qualcosa del tipo segretario della Fgci, e poi segretario di federazione, comitato centrale, onorevole e infine, se tutto va bene, ministro. Comunque lui dopo un anno si ribellò. Che cazzo - disse a se stesso - io sono un prete. E il prete non sta in ufficio, sta fra la gente.

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        Musica vino e jazz Un’azienda così

        José Rallo, esperta di marketing, gestisce le sue aziende al ritmo di jazz e musica brasiliana. La maggior parte dei dipendenti sono donne. Produce vini e assieme al marito musicista va in giro per il mondo abbinando una canzone ad ogni tipo di vino. Grazie a Josè, la Donnafugata dei Rallo, è una delle prime aziende che utilizza l’energia eolica. Finanzia gli scavi di Elima e le borse di studio ai giovani medici che vengono a specializzarsi in cardio-chirurgia a Palermo. E’ attenta al protocollo di Kyoto. Insomma, un fenomeno per la Sicilia

        di Graziella Proto

        New York: Al Bleu Note tempio del jazz, quella sera c’è il tutto esaurito. Sul palco un’attraente signora: folti capelli neri che le scendono sul volto come una cascata, pantaloni neri ben modellati, fascianti e ricercati, camicia allegra e colorata, una voce calda, suadente e bellissima che conserva la sua caratteristica di dono della natura ma esprime anche studio e ricercatezza. Le musiche? Jazz, soprattutto, ma anche tanta musica brasiliana. Tante le canzoni di Caetano Veloso ma anche di Pino Danieli. Non è un’artista in cerca di fama, ma José Rallo, una intelligente imprenditrice siciliana che miscelando la sua passione per la musica e per il vino, nella sua strategia di marketing, usa i concerti per promuovere e vendere la sua idea, imporre i suoi prodotti... Una canzone per ogni tipo di vino e il motivo musicale segue o presenta i diversi tipi di rosso e di bianco, ora è caldo e sensuale, ora morbido e gentile “I mercati non si conquistano solo con i prodotti, ma anche trasmettendo cultura e un modo di essere – spiega Josè - Oggi - aggiunge - questo marchio rappresenta nel mondo una Sicilia solare, laboriosa, direi persino virtuosa nel saper cogliere e interpretare le vocazioni produttive del territorio.” Sul palco insieme a lei la band "Donna Fugata Music & Vine" un gruppo di fini musicisti fra cui suo marito, il percussionista Vincenzo Favara, sui tavoli bottiglie di Donnafugata. Un marchio e un logo che Josè e suo marito hanno portato da Roma a New York, da Mosca a Pechino e Shangai

        “Portiamo in giro in Italia e nel mondo, i nostri vini, raccontandoli con la musica. Io canto musica brasiliana, mio marito suona le percussioni, abbiamo una band, con un gruppo di amici che suona con noi da quasi venti anni e facciamo tournèe eno-musicali... cerchiamo di svegliare i sensi di chi ama la musica e il vino, suonando, cantando... facendo gustare contemporaneamente i nostri prodotti”. Strategie di marketing, dicono alcuni arricciando il naso e stringendo le labbra, e però la signora del jazz, la brasiliana di Marsala, è un ciclone di fantasia e sensibilità. Un fenomeno. Certamente lo scopo principale è la conquista dei mercati, tuttavia, Josè dimostra giornalmente che l’obiettivo lo si può raggiungere senza alienare le proprie sensibilità: Donnafugata è impegnata a produrre vini di qualità, rispettando l’ambiente, valorizzando e recuperando il territorio. Ma anche il risparmio energetico, energie alternative che sfruttano il sole, vendemmia notturna come facevano gli Elimi; Ed ancora, gli scavi archeologici, per ritrovare l’antica città,…….. borse di studio a giovani medici che vengono a specializzarsi in cardiochirurgia a Palermo. Alleanze con l’Università, con alcuni reparti ospedalieri, con associazioni culturali, il premio letterario Tomasi di Lampedusa. Nel giro di pochi anni l’affascinante manager che “coltiva” quotidianamente la creatività, e cioè la voglia di affrontare il lavoro trovando sempre nuove soluzioni, dinanzi ad un mercato che si evolve in maniera sempre più veloce ed imprevedibile...” trasforma le sue aziende in un punto di riferimento per tanti. Niente barriere. Niente steccati ed ideologie. Alla sua corte può andare sia Ermete Realacci, sia il ministro Alemanno, l’azienda è attenta alla qualità, ai mercati, ai guadagni, e contemporaneamente al Kyoto club, per promuovere l’adesione al protocollo sulla riduzione delle emissioni di gas serra; ha introdotto la vendemmia notturna per preservare gli aromi e ridurre l’uso di energie, si è convertita alla energia eolica. “Per preservare gli aromi, dobbiamo raffreddare le uve e i mosti; dobbiamo tenere i vini a temperature controllate, insomma un grande consumo di energia elettrica... abbiamo pensato che poteva essere un buon segnale produrre energia pulita...”. Recentemente i Ds le hanno proposto di candidarsi per la Camera, ma lei ha rifiutato.

        “Non ho accettato questa proposta che, comunque, mi ha onorato, perché penso che far bene l’imprenditore rappresenti un impegno davvero importante al servizio della società e del Paese. Oggi la questione della selezione delle classi dirigenti non riguarda soltanto la sfera politica, ma tutta la società e in tutti i settori… si può essere classe dirigente anche se non si siede in una assemblea elettiva...”. Difficoltà come donna? Spiega che non ne ha avute mai, perche’ suo padre, già da tempo aveva spalancato le porte dell’azienda alle donne della famiglia, prima a Gabrielle la mamma di Josè e poi a lei. Pur in un ambiente in cui il problema della mafia incombe “Sono i comportamenti di ciascuno di noi a diventare, nei fatti, il migliore antidoto per certi mali... La mia è una famiglia di imprenditori che opera nel vino di qualità dal 1851 a Marsala. Non ha mai conosciuto la paura della mafia né quella del pizzo. - spiega - Un po’ diversa aggiunge - è la situazione tra le colline di Contessa Entellina, nel Belice, dove, accanto ad una cultura più chiusa ed arretrata, sussiste una mafia rurale... un atteggiamento fermo e una presenza costante sui luoghi di produzione ha tutelato l’azienda agricola da ingerenze e pressioni, a cui si può e si deve resistere”. Insomma, “fare l’imprenditrice in Sicilia offre grandi soddisfazioni se si hanno chiari gli obiettivi e gli strumenti con cui raggiungerli”. Mantenendo tutte le sensibilità e le attenzioni. Per esempio avere la maggior parte dei dipendenti donna “Direi che è un fatto assolutamente normale, interrompe - perché la metà della popolazione è donna. A questo aggiungiamo che oggi le donne rappresentano una risorsa innovativa, a 360 gradi, e il loro contributo in termini di creatività, flessibilità e di empatia può determinare il successo di un’azienda… spesso sono più preparate, hanno più fantasia e, soprattutto, capacità di comunicare la passione che ci mettono nel proprio lavoro. Insomma Donnafugata è un’azienda al femminile, ma non fatta a tavolino, con quote rosa o simili espedienti che trovo francamente un po’ banali e persino offensivi". "Non volevo far diventare il denaro o il successo personale l’obiettivo unico della mia vita. Così mi sono guardata intorno e ho deciso di offrire qualcosa partendo da me, incominciando dal mio mondo; mi sono rivolta alle mie dipendenti perché sono le più vicine a me. Non nego le conseguenze corrette sul marketing, ma non ho cercato quello”. Il tono è pacato, lei è molto dolce, e racconta la sua esperienza in maniera molto diretta, senza giri di parole.

        "La scelta delle donne è la risposta ad una seria di interrogativi che mi sono posta ad un certo punto della mia vita... da tempo mi era resa conto che dovevo fare qualcosa per aiutare le donne mie dipendenti, trovare ed offrire loro momenti, spazi, idee nuove ed alternative, insomma, opportunità per confrontarsi con il mondo della cultura, della politica…”. Margherita espone il suo pensiero con grazia, e leggerezza senza darsi arie da suffragetta. “Era una occasione anche per me – aggiunge – insieme avremmo potuto ritrovare vigore ed entusiasmo, uno stimolo per rimettersi in gioco, per provare a riprendersi un ruolo di protagoniste... nella società civile... nella politica... senza rimanere ai margini del sistema insomma. Non mi bastava più fare il mio lavoro – aggiunge quasi riflettendo fra sé – occuparmi delle problematiche del mercato, dell’economia...”. Si ferma un attimo e poi riprende “...sono convinta che bisogna ricominciare ad ascoltare il proprio cuore per poter riparlare di ideali; ripartire dal cuore se vogliamo dare alle nostre battaglie, il senso della libertà, della giustizia, della democrazia... io credo nel percorso iniziato...” Una convinzione profonda, e così un bel giorno, prende contatti con la commissione Pari Opportunità del comune e il biscottificio Piemonte della famiglia Dogliani si trasforma in una fucina dove affrontare una grande varietà di temi: guerra, violenza, amore, fecondazione assistita, spiritualità, mafia…Gli ospiti tantissimi, scrittrici, attrici, politiche, giornaliste. Tutte vengono appositamente per incontrasi con le dipendenti di Margherita, ed insieme fare tavole rotonde, pezzi teatrali,dibattiti. Un successo non previsto ma sperato e comunque superiore alle aspettative. Nella zona di Carrara le iniziative di Margherita sono divenute un appuntamento culturale atteso da tantissimi. Numerosa l’affluenza, tanti gli appuntamenti durante la stagione estiva. Non una semplice assemblea, ma un percorso all’interno di un progetto: far crescere le donne che hanno poco tempo per la cultura. Una formula vincente ed accattivante? Sicuramente tanto amore per le cose che fa. Eppure anni addietro Margherita aveva abbandonato quella realtà. Aveva preferito andare a studiare scienze politiche a Firenze, a differenza dei suoi due fratelli che sono rimasti assieme al papà, Franco a prenderne l’eredità professionale e Bernardo per gestire l’amministrazione.

        “Quando ritornai a casa, non mi sognavo assolutamente di sgomitare, ma ho dovuto farlo, ho dovuto lottare per apportare alcune modifiche”. “Vuoi lavorare qui? mi disse mio padre, bene c’è un posto di magazziniere” – aggiunse – E lei accettò quel posto di magazziniere; iniziava così la sua battaglia all’interno di una famiglia maschilista che forse non aveva né previsto né mai pensato, che una donna avrebbe portato una rivoluzione dentro il loro biscottificio. L’aziende di famiglia. L’impegno dentro il biscottificio comunque per Margherita è stato molto importante, proprio lì ha capito e si è resa conto della passione di suo padre per il suo mestiere, l’entusiasmo che metteva nel fare tutte quelle torte dalle forme strane e meravigliose, le colombe vive che per incanto uscivano dall’involucro di cioccolata ed iniziavano a volare. Quel mondo che per tanti anni aveva fuggito e non solo andandosene a Firenze,finalmente riusciva a comprenderlo. Le piaceva. Voleva migliorarlo. Sua l’idea di rinnovare a cominciare dal nome, da Piemonte a Dogliani “...andare in Sicilia a promuovere il biscottificio Piemonte...” sua l’idea di portare in azienda interessi piacevoli ed allettanti, la fotografia, la pittura, il ballo, il teatro. La gestione Margherita Dogliani prende terreno,si diffonde.

        La Regione Toscana, su iniziativa della Commissione Pari Opportunità, ha creato una manifestazione per far si che l’esperienza del biscottificio di Margherita sia condivisa da altre imprenditrici .Durante la prima settimana di luglio, quattro aziende saranno protagoniste di incontri e tavole rotonde. Al biscottificio invece, gli incontri sono previsti durante la settimana del venti luglio e riguardano il problema dell’informazione e della mafia.

        “Il fenomeno mafioso esiste anche nella nostra città. La mentalità mafiosa è radicata e le espressioni più evidenti e concrete si riscontrano nel mondo del lavoro, nelle sue forme di clientelismo politico, riciclaggio di denaro... In Versilia, dove i locali sono molto grandi e più importanti, credo che ci siano situazioni di pizzo. Si, il pensiero che potesse riguardare la mia attività l’ho avuto ed ho avuto paura di affrontarlo”.

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