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      SanLibero in pillole

      • E' morto un prete

        27 gennaio 2008 - Riccardo Orioles

        E' morto un prete a Catania, che si chiamava padre Greco. Non è una notizia importante e fuori dal suo quartiere non l'ha saputo nessuno. Eppure, in giovinezza, era stato un uomo importante: uscito dal seminario (il migliore allievo) era “un giovane promettente” ed era rapidamente diventato coadiutore del vescovo. Io di carriere dei preti non me ne intendo ma dev'essere qualcosa del tipo segretario della Fgci, e poi segretario di federazione, comitato centrale, onorevole e infine, se tutto va bene, ministro. Comunque lui dopo un anno si ribellò. Che cazzo - disse a se stesso - io sono un prete. E il prete non sta in ufficio, sta fra la gente.

      In evidenza

        Editoriale n.1

        di Riccardo Orioles

        Nel giro d’un mese gli italiani - pazienti, confusionari ma non scemi - si sono faticosamente liberati dalle tre B. del vecchio secolo, che sembravano eterne: B. come Berlusca, cioè l’idea che coi soldi compri i culi e le anime di tutti. B. come Binnu, cioè la s.r.l. mafia-politica, al centro dell’economia per cinquant’anni. E B. come Belzebù, il sommario di tutto, l’ironia e l’intrallazzo, la bonomia e la tragedia, gli incontri sorridenti con Alberto Sordi e quelli, sempre sorridenti, coi boss di Cosa Nostra. Adesso tutto questo non c’è più. Siamo nel nuovo secolo, ragazzi. Il duemila, in Italia, comincia ora. Ve lo aspettavate diverso? Pensavate di vincere fra fiori e applausi, dieci milioni di voti in più, i cattivi che scappano e i buoni che vengono avanti senza paura? Levatevelo dalla testa: siamo in Italia, amici miei. E in fondo, vincere ai rigori dà anche più soddisfazione (e costringe a non abbassare la guardia, a restare svegli un minuto di più).

        Per noi siciliani si aprono - a stento, e con gran fatica - dei cancelli. Non è solo, e non è principalmente Rita. E’ la folla di giovani cittadini, di ragazzi nati più o meno insieme ai Siciliani, che di nuovo travolge i cordoni della rassegnazione, del buon senso antico, della paura. Sono loro, fra l’altro, che danno (ridanno) vita a questo giornale. Quante volte abbiamo visto sorgere, in questa terra incredibile, questa fioritura! Non cesseranno mai di esistere le due Sicilie nemiche, una feroce e immobile, potere allo stato puro, l’altra primaverile e indomita, dignidad y hermandìa. Nessuna di queste sue Sicilie ha confini geografici: Palermo, nel bene e nel male, ormai è dappertutto.

        Inutili lunghi discorsi su che cosa sarà questo giornale, a che cosa serve, a che si ricollega - di chi vuole, quest’ennesima volta, rialzare la bandiera. Vi chiediamo piuttosto di cominciare a organizzarvi per dare concretamente una mano, ciascuno dove si trova: ovunque vi troviate, c’è del buon lavoro da fare: notizie, gruppi locali, diffusione militante. A parte la redazione di Catania, che è già operativa, pensiamo di aprirne al più presto altre a Palermo, Messina e a Roma. Manterremo il vecchio settore “Altri Sud” per l’estero. Cercheremo, come prima, di tenere insieme le inchieste “pesanti” - sui poteri mafiosi e tutto il resto - e le voci, specialmente giovani, della cultura, delle liberazioni e della società civile.

        Al solito, non pretendiamo di far tutto da soli: contiamo sul fatto che, facendo partire concretamente e subito un primo gruppo, ne nasca un processo virtuoso che metta in moto in Sicilia e dappertutto qualcosa. Rita, Berlusca, Provenzano, le speranze, i cortei: che cosa c’è più da aspettare? E’ un’avventura difficile, lo sappiamo: ma non ci sentiamo pessimisti, nè scoraggiati; non lo siamo mai stati, lo sapete. Andremo avanti a spintoni e con l’aiuto dei giovani, come sempre abbiamo fatto, ma con un mestiere saldissimo in mano e la stessa determinazione di prima. Ognuno dia tutto quello che può, s’impegni serenamente al massimo, perché il momento è ora.

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