Un uomo, un imprenditore calabrese, invece di pagare il pizzo va dai carabinieri e denuncia i mafiosi. E’ la nostra storia di copertina e dovrebbe essere, secondo le dichiarazioni ufficiali, il modello dei cittadini, il fiore all’occhiello dello stato. Invece viene lasciato là al suo destino, in balia dei mafiosi. Certo: la burocrazia, gli equivoci, gli "adesso rimedieremo". Ma è proprio l’atmosfera che è sbagliata: proteggere un uomo così per lo Stato appare - al massimo - un tedioso fastidio, non una cosa di cui essere orgogliosi.
Un assassino, quel Gerlando Alberti che uccise Graziella Campagna, torna in libertà per inadempienze tecniche (mancato deposito degli atti, dopo un anno). Il governo manda un ispettore, e il risultato è: tutto ok, un ritardo come tanti altri, ci dispiace. Il comune di Barcellona Pozzo di Gotto nel messinese, uno dei principali volani mafia-politica dei giorni nostri, dovrebbe da molto tempo essere disciolto. Ma mancano pochi mesi alle elezioni "regolari", perciò tanto vale lasciare andare, non prendersi la responsabilità politica di un atto burocraticamente difficile, e che magari sarebbe impopolare. Il poliziotto Raciti, a Catania, di certo era un servitore dello Stato. Ha avuto i suoi funerali ufficiali, un po’ di pensosi dibattiti, e un po’ di cordoglio sincero. Dopodiché (il calcio è un’industria nazionale) tutto è tornato esattamente come prima. E va bene.
Potremmo andare avanti a lungo, con esempi così. Ma li abbiamo fatti solo per spiegare perché, in questa primavera senza calore che è il clima ormai stabile del paese, un giudice come Gherardo Colombo abbia potuto dire "La giustizia non interessa più a nessuno; lascio la magistratura" senza suscitare altre reazioni che un benevolo e distratto "Ah sì, ma davvero?". Noi conosciamo Colombo da un buon vent’anni, dai tempi di Sindona e della P2. E’ stato il Falcone del nord, e sta vivendo esattamente i giorni che visse Falcone quando lo cacciarono via da Palermo. Eppure,in questa Italia così perbene e democratica, egli è solo.
Cosa possiamo fare, oltre che dirgli grazie e stringergli la mano? Forse potremmo parlargli dei ragazzi di Siena, di Catania, di Locri. Delle assemblee in Toscana dove dovevamo essere in venti e invece s’era più d’un centinaio, attentissimi, operosi. Dei giovani di Catania che senza tante chiacchiere, in questo preciso momento, lavorano seri e calmi a salvare il salvabile della loro città. A quelli di Locri, che scendono compatti in piazza, a migliaia per volta, saldi contro la mafia, e non c’è un cane che gli dia una riga di giornale o quindici secondi di tiggì.
Ma tu queste cose le sai già, caro Gherardo. Una classe politica sempre più - non collusa, non complice, anche se al Sud ormai molte limiti sono stati varcati - sempre più incapace di comprendere, sempre più sorda. Noi, vecchi del mestiere, non grideremo allo scandalo, non ci metteremo di certo ad "alimentare il qualunquismo". Epperò lo sentiamo, che il clima non d’un partito o d’uno schieramento, ma del paese che conta, dei Maschi Adulti, è questo. Noi, serenamente, prendiamo atto e lavoriamo. Crediamo nel tempo che passa, nel tempo galantuomo e civile, onesto coi coraggiosi. Ma, e i giovani? Che cosa comprenderanno mai di tutto questo? Chi si pone il problema di dir loro qualcosa, di trasmettere, d’insegnare, di far fluire da una generazione all’altra la Nazione?
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Questo numero esce in lieve ritardo perché ci hanno rubato un computer, sono entrati tranquillamente di notte e se lo sono portati via con tutto ciò che c’era dentro. Non hanno preso altro e ci siamo potuti rimettere a lavorare come sempre. Buon lavoro a tutti.