di Rosanna Scopelliti
Da più di un anno opero abbastanza attivamente nel campo minato dell’antimafia. Inizialmente, da figlia di un magistrato ucciso dal ‘fortunato e difficilmente punibile connubio’ tra Cosa Nostra e ‘Ndrangheta (immagino che certi figuri abbiano i loro santi in Paradiso, o al Palazzaccio), vedevo qualunque cosa riguardasse l’antimafia come un mondo limpido e cristallino da incoraggiare ed in cui trovare conforto e risposte.Chiunque si fregiasse del titolo di ‘antimafioso’ era per me degno della massima ed incondizionata stima. Poi, come tutti i sogni e le certezze della fanciullezza, anche questa cristallina realtà ha iniziato a mostrarsi sotto un aspetto realistico e, ahimè, ambiguo. Non è tutto oro quello che luccica!
Traumatico è stato infatti rendermi conto che molto spesso la forza di alcune associazioni sedicenti antimafia era nello screditare le nascenti realtà che cercavano di farsi onestamente strada in questo campo, insospettabilmente minato.Mi sento smarrita ed incredula quando leggo che una sedicente associazione antimafia di Genova avrebbe querelato - o minacciato di farlo, in stile vagamente intimidatorio – addirittura più volte il Movimento ‘Ammazzateci tutti’, essendo d’altra parte in buona compagnia visto che il suddetto Movimento è stato querelato anche dal Presidente del Consiglio Regionale della Calabria, il Presidente del Consiglio Regionale più inquisito d’Italia.Noi dobbiamo essere ESATTAMENTE il contrario della mafia, e queste lotte tra antimafiosi, o sedicenti tali, all’esterno appaiono terribilmente simili ad una lotta tra cosche e ‘ndrine!
Per non parlare inoltre di quelle realtà antimafiose che quotidianamente si trovano a fare i conti, ma non con la mafia: sono impegnate a contare i soldi dello Stato da cui sono foraggiate per più o meno improbabili iniziative, tanto fantasiose quanto inutilmente sterili.E tutto a spese di memorie di uomini che sono morti proprio per indicarci una strada più pulita. E tutto a spese di uno Stato che trova sempre il modo di premiare quest’antimafia, diciamo ‘di parata’, con cospicui gettoni di presenza, istituendo Commissioni Antimafia, Consulte Antimafia, persino Sottosegretariati Antimafia, tutto a vantaggio di chi è più facilmente ‘gestibile’, e magari più indicato a rappresentare una rivolta da salotto in cui, invece di sporcarsi le mani tra le ragnatele degli scheletri nell’armadio della Calabria, si parla per frasi fatte come neo-politicanti indagati, ehm…indignat Chiusa questa parentesi poco edificante, invece vorrei parlare di un sogno.E’ un sogno bellissimo che sta diventando timidamente realtà e che, in tutta questa confusione, sembra poter essere l’unica strada per riscattare la nostra Calabria.
Tutto è nato da tante piccole realtà del mondo dell’associazionismo, dell’ imprenditoria , da persone comuni, semplici lavoratori, vittime di mafia; tutto è nato dalla consapevolezza che il lavoro da fare per restituire dignità e giustizia ad una terra che ne è tristemente stata privata, era troppo pesante per essere affrontato da soli e che solo la collaborazione onesta e leale avrebbe potuto arginare e sanare lo squallore e l’indifferenza che stavano dilagando nelle nostre realtà. Così si è deciso di sognare insieme. Così ognuno ha messo mano alla propria agenda, e si è iniziato a prendere contatto con queste piccole, ma instancabili e motivate realtà che da anni, nel silenzio, lavoravano per salvare pezzettino per pezzettino la Calabria. Realtà scomode che venivano ‘gambizzate’ dai Vertici ancora prima di rendersi conto di avere le gambe.Lamezia, 6 settembre dello scorso anno. Per una volta i calabresi stavano riuscendo a non perdersi nella solita babele di paroloni. E poi si sa, la lingua dei sogni è universale.
Il primo passo? Una piccola forma di aggregazione mediatica e telefonica (del resto vero è che i sognatori erano tutti calabresi, ma la Salerno-Reggio e le vie provinciali sono un vero e proprio incubo).Come in tutti i sogni però, poco tempo dopo sembrava tutto destinato a svanire: come al solito, la parte egoistica dell’animo umano aveva preso il sopravvento sporcando con la voglia di primeggiare la limpidezza di questa nuova realtà.Per fortuna non era uno stato d’animo condiviso da molti e, anche se con dolore, visto che la fratellanza animava tutti quei cuori, una scrematura delle associazioni fu d’obbligo.Come sempre furono i ragazzi, quelli dello scomodo Movimento ‘Ammazzateci tutti’, a prendere in mano la situazione, prima che tutto fosse perduto. Una riunione fu convocata il 6 novembre a Palazzo Nieddu, a pochi passi da dove cadde Franco Fortugno.Da lì qualcosa sarebbe rinata, da quel sangue doveva nascere una forza nuova e operosa: ‘La Rete per la Calabria’.Le Associazioni, il mondo dell’imprenditoria rappresentato da Pippo Callipo, quello della cooperazione sociale nella persona di Vincenzo Linarello, presidente del consorzio di cooperative “Goel” e responsabile delle Comunità di Liberazione di Mons. Bregantini, e noi familiari delle vittime di mafia, testimoni della sconfitta di uno Stato che non ha saputo proteggere i suoi servitori e figli migliori.
Tutti insieme nella volontà di lavorare senza steccati ideologici, in una trasversalità positiva di valori e principi che ci univano, tutti animati dalla voglia di poter diventare un’alternativa credibile per le persone comuni, quelle che hanno perso la speranza e alle quali si può offrire solo un aiuto per riuscire a sopravvivere se avranno, insieme a noi, il coraggio di schierarsi apertamente contro l’Antistato gestito dalla malavita, dalla ‘ndrangheta, dalle massonerie. Cittadini ai quali questo Stato non sa essere accanto perché forse non può farlo.Per loro dobbiamo essere un ‘salvagente’ che impedisca alla Calabria di affondare, una Rete che unisca tutte quelle forze positive della nostra terra aggregandole e rendendole una credibile alternativa all’insopportabile attuale naufragio istituzionale.Il primo mattone per costruire il nostro sogno è stato messo quel giorno.