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      SanLibero in pillole

      • E' morto un prete

        27 gennaio 2008 - Riccardo Orioles

        E' morto un prete a Catania, che si chiamava padre Greco. Non è una notizia importante e fuori dal suo quartiere non l'ha saputo nessuno. Eppure, in giovinezza, era stato un uomo importante: uscito dal seminario (il migliore allievo) era “un giovane promettente” ed era rapidamente diventato coadiutore del vescovo. Io di carriere dei preti non me ne intendo ma dev'essere qualcosa del tipo segretario della Fgci, e poi segretario di federazione, comitato centrale, onorevole e infine, se tutto va bene, ministro. Comunque lui dopo un anno si ribellò. Che cazzo - disse a se stesso - io sono un prete. E il prete non sta in ufficio, sta fra la gente.

      In evidenza

        Questo corteo non è mai esistito

        Una delle più belle e partecipate manifestazioni antimafia degli ultimi anni (quella del 17 febbraio di "Ammazzateci tutti"): eppure non ne ha parlato nessuno, la tv l’ha ignorata e i giornai pure. Eppure non erano pochi, in quella mattina di primavera anticipata, gli striscioni e i ragazzi per le vie di Reggio. Perché questo silenzio, questa censura? C’entrerà la "politica", per caso? Noi qui, intanto, pubblichiamo. Non si imbavaglia una generazione

        di Aldo Pecora e Nadia Scopelliti

        Se vivere da “antimafiosi” è il nostro principale bisogno, il secondo è diventato quello di prenderci la briga di divulgare noi stessi le notizie dalla Calabria. “E non esistono giornali e giornalisti?” chiederete. “Certo che ci sono, ma, alla luce degli ultimi eventi, diciamo che ahimè la categoria, si è rivelata alquanto poco affidabile”. Così, spinti soprattutto da una grande voglia di condividere la bellezza di ciò che abbiamo vissuto, eccoci a raccontare quello che è successo per le strade di Reggio Calabria un mese fa, quando ha avuto luogo la prima manifestazione nazionale antimafie auto-convocata, auto-organizzata, auto-finanziata e promossa dal movimento dei ragazzi di Locri “Ammazzateci tutti” al grido di “Mafie: consenso negato!”. L’idea nacque in autunno, quando alcuni dei numerosi ragazzi che si confrontano quotidianamente sul forum telematico del movimento (www.ammazzatecitutti.org) sentirono la necessità di dire all’Italia intera che in Calabria la fiaccola della speranza che si era accesa con la mobilitazione contro gli assassini di Fortugno non si era sopita, che anche se in silenzio e senza “aiutini” o passerelle si stava continuando il lavoro di protesta e proposta iniziato un anno fa e che, nonostante tutto, si aveva ancora la voglia di gridare il proprio “no” ad ogni tipo di violenza mafiosa. E questa volta la necessità di gridare non voleva essere solo dei giovani calabresi, ma di tutta la società civile italiana.

        Così si decise la data del 17 febbraio e si iniziò a lavorare all’organizzazione dell’evento. Noi, che siamo i più "grandi" tra i ragazzi, quelli che di solito si espongono in prima persona, eravamo un po’ scettici, non per altro, ma perché abbiamo imparato a conoscere meglio i volti delle mafie: non solo quelle che ammazzano con le pistole, ma anche quelle che si rifanno al “brigante in colletto e cravatta”, colui che agisce dall’alto della sua carica istituzionale sostenuto da amicizie e ambigue fratellanze, iin grado di condizionare uomini e idee. Sapevamo che non sarebbe stato facile dare forma ad un evento nato per caso, senza chiedere niente a nessuno. Eppure, alla fine, contagiati anche dall’entusiasmo dei ragazzi dei vari coordinamenti regionali, ci siamo messi di buzzo buono anche noi ed abbiamo cercato di fare del nostro meglio. E che soddisfazione leggere i commenti sul blog creato apposta per la manifestazione! Gente da tutta Italia che ci incoraggiava, che prometteva la sua presenza, che, non potendo essere fisicamente vicina a noi, utilizzava internet per dire anche semplicemente: “io ci sono”.

        “Se la gioventù le negherà il consenso - era lo slogan della manifestazione - anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo!”. E’ una frase di Borsellino Anche Beppe Grillo, che non smetteremo mai di ringraziare, ha voluto darci una mano a diffondere la lettera-appello che incitava giovani e meno giovani a scendere fino a Reggio Calabria per esserci vicino, per schierarsi contro le mafie, per rivendicare il diritto di essere finalmente padroni del proprio presente e delle proprie vite. In pochissimo tempo ci siamo resi conto che quella che era solo un’idea buttata là tra una discussione e l’altra del forum, stava iniziando a prendere la forma di un bellissimo sogno condiviso da tantissimi tra coetanei e non!

        Così, quando il fatidico 17 febbraio ci siamo incontrati a Piazza De Nava per il corteo, eravamo a dir poco entusiasti vedendo l’enorme partecipazione alla nostra iniziativa: circa duemila ragazzi erano con noi a marciare ed a sfilare con gli striscioni più vari. Ragazzi dalla Sicilia, dal Lazio, dalla Lombardia, dall’Abruzzo… gente da tutto il Paese raccolta in più di un chilometro di rabbia e speranza, tutti uniti dalla convinzione che siamo solo noi quelli che possiamo decidere del nostro Paese, delle nostre vite: scegliere da che parte stare, insomma!

        E con loro i veri giornalisti antimafia, quelli che non hanno timori reverenziali, i parenti di alcune vittime di mafia calabresi e siciliane, i gonfaloni di vari comuni delle quattro province calabresi e tantissime realtà dell’associazionismo provenienti da tutto il Paese. Come per ogni bella cosa che si rispetti, anche la nostra manifestazione è stata accompagnata da un po’ di problemi. Mica può andare tutto liscio, soprattutto se ci si trova in Calabria e soprattutto se ormai da tempo, una volta sperimentata l’ingestibilità del movimento, si ha contro quella classe politica benestante che non vuole turbata la sua santa pace. Libera da quelle fastidiose zanzare targate “Ammazzateci tutti” che hanno scelto di combattere mafia, malaffare, malasanità, mala politica e massonerie non con sterili passerelle, ma ponendosi come massa critica ed etica proprio nei confronti delle scelte operate nei palazzi. Qualche esempio? Il Presidente del Consiglio regionale della Calabria, Giuseppe Bova, quello che ha querelato "Ammazzateci tutti" perché aveva detto che il suo era il Consiglio più inquisito d’Italia (più del 50% dei consiglieri indagati). Dopo un po’, altro che querela: addirittura il Procuratore nazionale antimafia Grasso e i magistrati della Dna si nono messi a scrivere cose del tipo: "La politica regionale è da allora percorsa da difficoltà di vario genere, se è vero che le stesse espressioni della rivolta contro la ‘ndrangheta, di cui i ragazzi di Locri sono stati il simbolo e l’espressione più genuina ed appassionata, hanno conosciuto momenti di difficoltà, persino attacchi e minacce di querele, tanto da potersi concludere che quella rivolta entusiasmante, è destinata a fare i conti con le ragioni della realtà calabrese, degli equilibri dominanti, della stanchezza della pubblica opinione, dell’atavica rassegnazione dei cittadini”.

        Non si può dire che non sia chiaro. Eppure, Bova e gli altri sono ancora lì. Ma sorvoliamo e torniamo alla manifestazione. Fino alla vigilia del fatidico giorno, il TG3 regionale della Calabria non ha ritenuto necessario dar notizia che il 17 febbraio si sarebbe sfilato contro le mafie per le le strade di Reggio. Non l’ha scosso neanche il messaggio ufficiale del Presidente Napolitano - emozionante messaggio - che dava il suo patrocinio ufficiale alla nostra povera manifestazione di "straccioni di Valmy". L’Ansa, dal canto suo, ha contribuito con una bufala ("erano solo in cinquecento") alla cronaca del corteo, dove secondo le stime - riduttive - della Questura non eravamo in meno di duemila. Ma va bene anche così! Per noi che ci siamo stati rimarranno indelebili le immagini di quella valanga di speranza che, coloratissima, ha inondato il Corso di Reggio Calabria in una mattinata quasi primaverile!

        Dal palco di Piazza Duomo, al termine del corteo, abbiamo lanciato una proposta al ministro Mastella. Riguarda la durata dei processi di mafia e il fantasma incombente della prescrizione. Gli abbiamo chiesto di farsi promotore, nelle forme e nei metodi che preferisce, di provvedimenti atto a garantire tempi ferrei in materia di processi di mafia, predisponendo una sorta di "corsia preferenziale" che possa portare alla sentenza di primo grado in tempi più rapidi rispetto quelli cui siamo ad oggi abituati. Il rischio, con processi che durano anni, è che prima o poi sopraggiunga la prescrizione dei reati: è come uccidere le vittime una seconda volta. In questo anno di attività abbiamo avuto modo di rapportarci non solo con i familiari delle vittime della violenza, ma anche con esperti giuristi, avvocati, magistrati e forze dell’ordine. Ed è difficile non constatare come negli anni un istituto di fondamentale civiltà giuridica quale quello della prescrizione sia stato stravolto e trasformato spesso nella migliore scappatoia per sfuggire al normale procedure dellag iustizia. In uno Stato democratico e di diritto è sì fondamentale garantire il diritto di difesa all’imputato, ma è altrettanto fondamentale garantire ai cittadini che il corso della Giustizia sia il più celere possibile. Mai più vorremmo assistere a processi con imputati per gli articoli 416bis e 416ter del Codice Penale con udienze rinviate di mesi in mesi o di anno in anno. Un processo di mafia dovrebbe avere udienze ogni settimana, se non ogni giorno. E qui termina il nostro resoconto dalla Calabria. Il nostro cammino riparte da questa bella manifestazione, con la consapevolezza che la nostra strada sarà sempre più dura, soprattutto perché - inevitabilmente - bisognerà continuare i nervi scoperti della nostra regione: malapolitica, malasanità, massonerie.

        E tuttavia siamo certi - viste le reazioni scomposte che provocano le nostre iniziative - che sia strada giusta, e che a percorrerla non siamo in pochi. E adesso riguardiamo le foto del corteo di Reggio, anche se nessuno le ha pubblicate: un chilometro di italiani disposti a lottare contro ogni tipo di mafia, per la libertà.

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