Conflitti

Cosa c’è dietro l’assassinio di Hariri?

Lo scorso 14 febbraio, Hariri, ex primo ministro del Libano (dal 1992 al 1998 e dal 2000 al 2004) è stato assassinato a Beirut. L’opposizione libanese, sostenuta dagli Stati Uniti e dalla Francia, ha accusato la Siria del crimine e ha chiesto il ritiro dei 14.000 soldati siriani dal Libano. Che convenienza aveva la Siria ad assassinare Hariri? Ci sono in gioco altri interessi che ci vengono nascosti? Mohamed Hassan, esperto del Medio Oriente, risponde a queste domande.
16 marzo 2005
Intervista di David Pestieau e Luc Van Cauwenberghe

D:Chi era Hariri e chi c’è dietro il suo assassinio?

R:Mohamed Hassan: Hariri è un uomo d’affari nato in una famiglia povera come tante del Libano. Negli anni ’60, emigrò in Arabia Saudita dove divenne ricco. Tornò in Libano dove fu eletto due volte Primo Ministro. Ha sempre avuto buoni rapporti con la Siria e con le forze nazionaliste del Libano. Ma il fatto che si sia servito dell’apparato statale per arricchirsi ulteriormente, specialmente nel campo del settore immobiliare, gli procurò dei nemici.
Hariri divenne Primo Ministro in seguito agli accordi firmati a Taef (una città dell’Arabia Saudita) nel 1989 che misero fine alla guerra civile in Libano (1975-1990). La presenza delle truppe siriane era stata accettata a quel tempo come un fattore stabilizzante. Le forze nazionaliste ne appoggiavano la presenza. Non bisogna dimenticare che Israele occupava ancora la parte meridionale del Libano. Anche gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita e la Francia accettavano la presenza siriana. A quel tempo, non si parlava in alcun modo di “colonizzazione siriana”, come fa oggi qualcuno. Dopo che il Paese fu reso stabile, si pensò che le truppe siriane sarebbero andate via, ma gli accordi di Taef non sancivano alcun limite temporale.

D:Ma se Israele si ritirò nel 2000 dal Sud del Libano, perché le milizie siriane rimasero?

R:Mohamed Hassan: Nel 2000, con la partenza di Israele, si presentò una situazione nuova. Il movimento islamico di Hezbollah controllava il sud del Libano. I falangisti cristiani, una parte dei quali erano partiti per Israele, furono marginalizzati. In quella situazione la Siria assunse il ruolo di conciliatore. Senza la presenza della Siria, non erano da escludere atti di vendetta contro i Falangisti. Inoltre, i nazionalisti sostenevano la permanenza delle truppe siriane per proteggere i campi dei rifugiati palestinesi. Ci ricordiamo del 1982, quando sotto l’occhio vigile di Sharon, i Falangisti perpetrarono massacri.


D:C’è la Siria dietro l’assassinio di Hariri?

R:Mohamed Hassan: Gli Stati Uniti. Ma per capire bisogna avere una visione globale del Medio Oriente. Gli Stati Uniti hanno un grosso problema in Irak, al quale non sono riusciti a dare stabilità. Hanno organizzato un’elezione che non è stata però seguita da nulla di concreto per la popolazione. Adesso, il governo è tenuto a galla solo col sostegno dell’esercito statunitense. Il tentativo di creare un esercito iracheno non ha portato da nessuna parte. La resistenza è sempre meglio organizzata. Circa 30 città sono state virtualmente liberate. L’esercito statunitense può attraversale, ma non dispone di nessuna autorità locale. Dovendosi confrontare con la loro incapacità di controllare la situazione, puntano il dito contro la Siria e l’Iran. Il Ministro della difesa iracheno del governo pro-USA di Allawi ha quindi accusato esplicitamente i due Paesi. Il celebre canale della tv del Qatar, Al Jazeera, ha trasmesso lo scorso 24 febbraio un video della tv irachena che tentava di dimostrare che molti combattenti della resistenza irachena venivano formati dai servizi segreti siriani. E proprio qualche mese fa, la CIA ha affermato che la maggior parte dei terroristi proviene dall’Arabia Saudita. Per dirla diversamente, gli USA stanno preparando il piede perché si adatti allo stivale e non lo stivale perché si adatti al piede.

D:Perché stanno concentrando il loro attacco sulla Siria?

R:Mohamed Hassan: La Siria ha concluso un’alleanza con l’Iran. Non è una semplice alleanza tattica ma si tratta di una vera e propria alleanza strategica. L’Iran è un Paese ricco, che sta per entrare nel gruppo di Shangai che comprende la China, la Russia… L’Iran ha sottoscritto un grosso contratto di 170 miliardi di dollari per la distribuzione del petrolio in Cina. Anche l’India e il Giappone hanno concluso contratti ugualmente importanti. Gli Stati Uniti vorrebbero estromettere il mondo intero dal Medio Oriente, ma gli altri entrano.
Attaccando la Siria, gli Sati Uniti hanno pressato quel Paese a rompere l’alleanza con l’Iran e a interrompere l’appoggio a Hezbollah e alla resistenza Palistinese. Ma il governo siriano non si è fatto prendere dal panico e ha proseguito nella sua politica. Ha anche concluso un patto con l’Iran. I due Paesi sostengono Hezbollah nel Sud del Libano, la forza che ha cacciato Israele nel 2000 e che continua a far pressione su Israele per evacuare l’ultima striscia di terra libanese che continua a occupare. Indebolire la Siria, l’ultimo Paese arabo che mantiene una politica nazionalista indipendente, significa rafforzare i governi arabi che collaborano con gli USA, come l’Egitto e l’Arabia Saudita.

D:Quali sono le forze libanesi che chiedono il ritiro della Siria?

R:Mohamed Hassan: Ci sono i Falangisti, le milizie cristiane appoggiate da Israele. E poi le famiglie feudali con Chamael, Wallid Jumblatt e altri che vorrebbero riottenere i vecchi privilegi.
D’altro canto, con i cambiamenti demografici, la metà della popolazione libanese adesso è sciita. E le organizzazioni politiche che rappresentano la comunità sciita, Hezbollah e Amal, sono pro-siriane. Altri, come la borghesia di origine cristiana, sono consapevoli del fatto che non potranno più esercitare influenza. Alla fine, a livello regionale, i regimi di comprador in Arabia Saudita, Giordania ed Egitto chiedono il ritiro.

D:Dobbiamo temere in intervento militare contro la Siria?

R:Mohamed Hassan: Il ricorso all’intervento militare sarebbe preceduto da un lungo periodo di pressione e di interventi di ogni tipo. Ma le sanzioni e le pressioni attualmente sono un tipo di guerra.
Di fronte a un’impasse in Irak, gli Usa stanno cercando nemici fuori da quel Paese. Come bombardarono la Cambogia e il Laos durante la guerra in Vietnam, oggi potrebbero bombardare la Siria e l’Iran. Perché la resistenza in Irak aumenta l’appoggio tra i nazionalisti in Siria e in Iran e impedisce lo sviluppo dei comprador. Ma se decidessero di bombardare la Siria o l’Iran rafforzerebbero solo la corrente nazionalista anti-USA tra le popolazioni arabe.

D:Il nazionalismo arabo: una storia animata

R:Mohamed Hassan: Nel 1952, il nazionalista arabo Nasser prese il potere in Egitto. Nel 1956, la Francia, la Gran Bretagna e Israele attaccarono l’Egitto. Era la guerra di Suez che si trasformò in una catastrofe per gli aggressori. Gli Stati Uniti ne approfittarono per indebolire l’influenza della Francia e della Gran Bretagna in quei territori. I governi nazionalisti della Siria e dell’Egitto conclusero allora un’alleanza per creare una Repubblica Araba Unita (RAU) nel 1958. L’imperialismo statunitense costituì il Patto di Bagdad contro la RAU. Ciò coinvolse un’alleanza sostenuta dai comprador dell’Irak, della Giordania, dell’Iran e del Libano. Ma la rivoluzione irachena del 1958 diede il colpo di grazia al Patto di Bagdad. Nello stesso anno, gli Stati Uniti inviarono, per la prima volta, le loro truppe in Libano. La Gran Bretagna fece lo stesso in Giordania. Si trattava di impedire ad ogni costo la diffusione della rivoluzione irachena. Ma non riuscirono comunque ad arginare il movimento nazionale arabo, il cui scopo era una vera indipendenza. Il nazionalismo continuò a svilupparsi nello Yemen, in Algeria e in Palestina.
A quel tempo, il Libano (approssimativamente delle stesse dimensioni e popolazione del Connecticut e tre volte più piccolo del Belgio) era caratterizzato dal confessionalismo (il potere del governo suddiviso su base religiosa: cristiani, maroniti, sannite, sciiti, drusi). C’era un equilibrio precario tra le varie minoranze religiose guidate da leader feudali. Ma negli anni ’50, il movimento di liberazione arabo si sviluppò e siglò alleanze con i Palestinesi. Un gran numero di rifugiati palestinesi cacciati da Israele si rifugiò in Libano. Questo sviluppo condusse all’indebolimento delle forze feudali e a una posizione di neutralità del Libano tra i paesi nazionalisti e i comprador della zona. Era probabile che la situazione oscillasse, il che portò all’intervento degli USA nel 1958.
Oggi la situazione è inversa. L’Irak nazionalista è stato distrutto, ma c’è una resistenza anti-imperialista. L’Egitto è diventato un regime di comprador che collabora con gli Stati Uniti e Israele. I comprador hanno così assunto la leadership in tutti i Paesi arabi tranne che in Siria. Se il regime siriano venisse indebolito, capitolasse o venisse rovesciato, sarebbe una sconfitta per il movimento nazionale arabo. Hezbollah sarebbe indebolito o scomparirebbe e ciò appoggerebbe l’emergere di una leadership di comprador palestinesi, pronti a collaborare con Israele facendo ogni possibile concessione. Gli Usa potrebbero imporre così ancora con maggiore facilità la propria influenza nel territorio e Israele potrebbe integrarsi nella regione imponendo le proprie soluzioni ai Palestinesi, privati di qualsiasi appoggio esterno.

Lo scenario, ideale per gli Stati Uniti, è più che incerto. La resistenza in Irak continua a svilupparsi. La Siria tiene duro e ha stretto un’alleanza con l’Iran. E la coscienza popolare e l’anti-americanismo nei paesi arabi sono più forti che mai, anche se il livello di organizzazione della popolazione, nelle associazioni rivoluzionarie, è molto basso.

28 Febbraio 2005

Note: I comprador sono quella parte della classe capitalista i cui interessi sono strettamente legati al sistema imperialista. Per esempio, la borghesia dell’Arabia Saudita che ha investito gran parte della propria ricchezza in occidente.





Tradotto da Chiara Manfrinato per www.peacelink.it
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