Nepal, Pangea tra le donne alla fine dello stato d'emergenza
A Kathmandu oggi piove. Da circa una settimana c’è uno scroscio ogni giorno, si avvicina il periodo monsonico. Un bambino vende la frutta nella zona turistica. Ha delle ciabatte rotte e nessun vestito sufficiente a ripararsi dell’umidità. Trasporta la merce con una bici condotta a mano. A vederlo da lontano la bici sembra camminare da sola tanto è più grande di lui. E così che ogni giorno vivono i bambini a Kathmandu. I bambini di strada sono tanti, tante le loro storie diverse nei dettagli ma non nella loro drammaticità. La guerra contro i bambini di strada, la speranza di offrire loro un futuro attraverso un’istruzione, un tetto sotto cui proteggersi sembra davvero una chimera a chi passeggia per le strade di Kathmandu.
Il re Gyanendra ha dichiarato la fine dello stato di emergenza. Prima di tale dichiarazione ha provveduto a far arrestare il primo ministro deposto il primo febbraio scorso, accusandolo di corruzione. Oltre alla guerra civile che sembra essere senza fine, la crociata del sovrano è mirata contro la corruzione, a suo parere alimentata dall’ingente aiuto straniero nel paese. Pur con la fine dello stato di emergenza la commissione reale contro la corruzione continua il suo lavoro, controllando in modo capillare gli uffici pubblici nepalesi e le sedi delle organizzazioni internazionali presenti nel territorio.
Nelle strade principali della capitale sono stati messi cartelloni in nepalese ed in inglese in cui si afferma che tutte le istituzioni, per far prosperare la democrazia, devono onorare i diritti umani. Decisamente l’annuncio sembra una beffa, la situazione nelle carceri non migliora e gli attivisti dei diritti umani vivono giorni davvero difficili. Il numero degli scomparsi aumenta, molti giovani non fanno da anni ritorno a casa e i genitori non sanno se sono stati presi dall’esercito o dai maoisti, se sono ancora vivi o se sono stati uccisi. I pochi che riescono a riuscire di galera raccontano di torture e sevizie, episodi non certo in linea con il rispetto dei diritti umani che si vanta. Gli osservatori per il rispetto dei diritti umani dell’ONU faranno presto ingresso nel paese e al loro ingresso sono ancorate le speranze di migliaia di genitori e di coniugi.
Il progetto Sharma continua: in queste settimane si sono organizzati i training di formazione per le beneficiarie. Tra una decina di giorni tre donne per ognuna delle quattro province beneficiarie verranno nella capitale per seguire i corsi in "Gender and Development", "Counseling" e "Micro-finance". Si tratta di corsi che le aiuteranno a creare una consapevolezza dei diritti del genere femminile, un passo indispensabile per l’apertura dei centri donna e successivamente per l’avvio del microcredito. Da giugno tutte le donne dovranno rientrare nei loro villaggi per la raccolta del riso. La stragrande maggioranza delle donne coinvolte nel progetto Sharma lavorano nei campi e i prossimi mesi saranno i più faticosi per loro. La raccolta del riso coinvolge una vastissima percentuale delle terre coltivate in Nepal ed è tutta fatta a mano. Stando piegate tutto il giorno le donne raccolgono un po’ alla volta piccoli fasci di pianta e poi li sbattono contro una roccia. Una volta finito, chicco dopo chicco, raccolgono tutto. Nonostante gli impegni che si prospettano loro davanti, le donne non vedono l’ora di partecipare ai training, desiderose di poter rendere questa opportunità lo strumento di base per rafforzare i loro gruppi e le loro attività.
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