Accusate Bush - Gli USA fuori, adesso!
“Il nostro obiettivo non è il passato, è il futuro”.
- Scott McClellan, Portavoce alla Casa Bianca.
In effetti alla Casa Bianca conviene concentrarsi sul futuro, dal momento che guardando al passato c’è solo da pensare ad una sicura condanna per comportamento criminale e immorale. Se fosse esistita una spiegazione plausibile, allora Richard Nixon avrebbe portato a termine il suo secondo mandato, Lyndon Johnson avrebbe cercato di essere rieletto e i processi di Norimberga non sarebbero stati indetti.
Ma al di là della reazione incredula del presidente di fronte ad un cumulo di prove sempre più stringenti che la sua amministrazione ha artefatto i resoconti per giustificare una guerra illegale e ingiustificata, purtroppo le azioni nefande non sono limitate al passato. I crimini proseguono e non se ne vede la fine.
Quando un uomo è colto in flagrante delitto, sia che si tratti di un furto comune che di una guerra di aggressione nuda e cruda, è ovvio che non chiede il permesso di portare a termine il suo atto criminale. Questo fatto dovrebbe essere in qualche modo meno evidente quando ci sono in gioco centinaia di migliaia di vite umane?
Questa nazione è andata in guerra sulla base di accuse di cui i nostri leader conoscevano perfettamente la totale falsità e meschinità. L’ostinazione con la quale ci si è voluti attaccare a tutti i costi alla menzogna, diffamando chi portava alla luce la verità, non fa altro che aggiungere al crimine anche arroganza e ostruzionismo, vale a dire quegli stessi reati che alla fine fecero crollare Nixon.
Sotto la leadership di questo presidente, l’America si è resa direttamente responsabile di una massiccia distruzione delle infrastrutture di una nazione innocente, di uno spreco incalcolabile di risorse assolutamente necessarie, e della perdita di un numero di vite più alto di quante vorremmo o siamo in grado di calcolare.
I difensori della guerra e la Casa Bianca possono aver ragione su un punto: il Memo (la nota, ndt.) di Downing Street non è nulla di nuovo. E’ come aspettare l’autopsia per confermare la morte. Dopo un costante flusso di annunci e testimonianze da fonti impeccabili come l’Ambasciatore Joseph Wilson, l’analista dell’anti-terrorismo Richard Clarke e l’ex Segretario del Tesoro Paul O’Neill, o ancora le tanto ricercate indiscrezioni della CIA, dei Servizi Britannici e del Dipartimento di Stato, chiunque non sapesse che la guerra era stata decretata all’epoca della causa legale Bush contro Gore, non aveva seguito le notizie. Chiunque non sapesse che i servizi erano plasmati per uso politico è volutamente disinformato.
Sfortunatamente i contingenti della stampa della Casa Bianca, meglio conosciuti come Media Mainstream americani, sono diventati abilissimi ad oscurare la verità con il sotterfugio. Come un mantra, le menzogne di guerra sono ripetute fino a quando non diventano verità universalmente accettate. I nostri leader sono stati traditi da un massiccio fallimento dei servizi. Come dei veri illusionisti, i propagandisti della guerra hanno dato sfoggio di una infinita serie di sviste, fibrillazioni e rabbia.
La sposa in fuga con gli occhi fuori dalle orbite ottiene più attenzione degli affari di stato (la gente vuole sapere!) e il Congresso fa altrettanto convocando una seduta speciale per decidere il destino di Terri Schiavo.
E’ diventato necessario ripetere la verità ancora una volta, e poi ancora, fin quando anche i canali di news più reticenti non potranno più ignorarla. Come è successo all’epoca dello scandalo Watergate, così accade ancora oggi. Sia i media che i poteri politici sono arroccati sulle loro posizioni. La loro principale motivazione infatti non è rivelare la verità o accettarla, ma assicurarsi la base per il potere con qualsiasi mezzo.
All’epoca dello scandalo Watergate comunque, il fatto che il Washington Post fosse un’isola di integrità in un mare di indifferenza fu una vera benedizione per questa nazione. La fortuna ora è il fatto che internet ha dato vita ad un universo alternativo di conoscenza, informazione e analisi. Né il Times né il Post hanno il potere di ignorare Memogate fino alla sua morte naturale. I bloggers gli hanno dato le ali e continueranno a farlo volare alto. E ora i membri del Congresso stanno salendo a bordo non per il loro coraggio né per un’improvvisa rinascita di coscienza ma per disperazione. La verità sta venendo fuori. Come acque ingrossate che rompono una diga, i politici senza fegato che si fanno cogliere impreparati saranno spazzati via come le ultime notizie di ieri. Quelli che hanno votato per la guerra, il Patriot Act e la continuazione dell’occupazione, quelli che hanno portato a battesimo le “Patatine della Libertà” e hanno castrato il movimento contro la guerra con accuse di tradimento e fanatismo, si stanno ora affannando per trovare terreno più saldo. L’avvertimento è già risuonato, lo tsunami è sopra di loro.
Quelli di noi che hanno riconosciuto la verità e sono stati contro questa guerra fin dall’inizio, per la coscienza collettiva della nazione devono continuare a sottolineare che non la verità non è mai stata troppo difficile da riconoscere. George Bush può anche risultare accattivante ad un certo livello e per una certa fetta della società, ma non è mai stato bravo a nascondere la verità. Bush voleva la guerra così tanto che ne ha fatto mostra come un gorilla che si percuote il petto. Ha ordinato l’operazione Shock and Awe (Shock e Terrore) mentre il disarmo dell’Iraq era letteralmente in corso, giusto in tempo per poter celebrare l’anniversario della guerra di Papà con la sua. Non avrebbe potuto essere più ovvio.
Per tutti coloro che desiderano passare dalla parte di chi è contro la guerra, e seguire la corrente ora, sappiate che vi aspettavamo da tempo, e siete i benvenuti, ma non sperate di ottenere uno speciale riconoscimento. La storia deve ricordare che i leader politici Americani, tranne il Congressional Black Caucus (gruppo parlamentare nero, ndt.) e pochi altri, sono stati lenti ad agire, ed hanno aspettato fino a quando uno spostamento sostanziale dell’opinione pubblica non ha reso troppo debole la scelta di non fare opposizione.
Per quanto riguarda tutti coloro che continuano ad appoggiare il presidente, le sue guerre, le sue occupazioni e la sua dottrina della guerra permanente, quel dio in cui confidate, chiunque esso sia (dato che mi dicono che siete uomini di fede) possa perdonarvi.
Siete voluti rimanere con il presidente, possiate cadere con lui. Questo giorno è già stato troppo lungo, e c’è un prezzo di sangue, ricchezza e capitale politico da pagare per ogni momento che continuiamo a prolungare l’inevitabile.
Abbiamo perso un’altra guerra che non avremmo mai dovuto cominciare. Abbiamo oscurato la dignità della nazione. Abbiamo tolto la luce alla libertà e alla democrazia. Abbiamo abbassato la bandiera per il lutto ma anche per la vergogna e l’abbiamo tenuta per il pubblico ludibrio.
Non possiamo riguadagnare ciò che abbiamo perso continuando a portare avanti l’occupazione e a espandere la guerra verso altre nazioni illudendoci e ripetendoci la storiella del Vietnam, che basterà ancora un po’ per far girare la corrente. Non c’è vittoria in una guerra infinita e il nemico che abbiamo scelto di combattere (in pratica l’intero universo dell’Islam) non cederà mai.
Possiamo solo sperare di limitare il danno, fare ammenda e riparare.
Cominciamo subito, prima che un’altra vita sia perduta e un altro dollaro buttato al vento, annunciando il ritiro di tutte le truppe americane e contemporaneamente liberandoci di quel Comandante in Capo colpevole che ci ha portato tragicamente fuori strada.
Le Cronache sono state pubblicate da Counterpunch, l’Albion Monitor, FirstPeopleCentury, Trinicenter, Global Research e altri siti di rilievo. Le Cronache di un Jazzista sono disponibili presso il City Light Bookstore di San Francisco.
Visitate il suo sito: http://www.jackrandom.com
Tradotto da Paola Merciai per www.peacelink.it
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