Amnesty sull'Iraq: i gruppi armati violano i diritti umani
COMUNICATO STAMPA
CS90-2005
In un nuovo rapporto pubblicato oggi, Amnesty International ha dichiarato
che i gruppi armati che si oppongono alla forza multinazionale a guida Usa
e al governo iracheno stanno mostrando profondo disprezzo per la vita dei
civili iracheni e di altre persone, continuando a commettere crimini di
guerra e contro l’umanita’.
Alla fine di uno dei mesi piu’ terribili, con un numero di uccisioni da
parte dei gruppi armati tra i piu’ elevati dall’inizio della guerra in
Iraq nel marzo 2003, Amnesty International rileva che i gruppi armati non
intendono conformarsi neanche ai piu’ elementari standard del diritto
umanitario e ribadisce che non puo’ esservi alcuna valida giustificazione
per il deliberato assassinio di civili, la cattura di ostaggi, la tortura
e l’uccisione di prigionieri inermi.
‘Coloro che ordinano o commettono atrocita’ del genere si collocano
totalmente al di fuori di un comportamento accettabile. Non c’e’ onore ne’
eroismo nel far saltare in aria persone che vanno a pregare o uccidere un
ostaggio terrorizzato. Coloro che compiono queste azioni sono niente di
meno che criminali e le loro azioni svuotano di significato qualsiasi tesi
che essi stiano perseguendo una causa legittima’ – sottolinea Amnesty
International.
Nelle 56 pagine del proprio rapporto, intitolato ‘Iraq. A sangue freddo:
abusi dei gruppi armati’, Amnesty International riconosce che molti
iracheni si oppongono alla presenza degli Usa e dei loro alleati e che
questi ultimi hanno commesso a loro volta gravi violazioni, compresa
l’uccisione di civili e l’uso della tortura nei confronti dei prigionieri.
‘Ma gli abusi commessi da una parte non possono giustificare quelli
altrui’ – precisa Amnesty International. ‘Questo vale soprattutto quando
le principali vittime sono comuni cittadini iracheni, uomini, donne e
bambini che tentano pacificamente di portare avanti la propria vita
quotidiana. Tutte le parti coinvolte nel conflitto hanno il dovere
fondamentale di rispettare la vita dei civili o delle persone rese inermi.
Chi viola questo dovere, a prescindere dalla parte cui appartiene, deve
essere fermato e chiamato a rispondere del proprio operato’.
Nel suo rapporto, Amnesty International cita un ministro del governo
iracheno che ad aprile ha dichiarato che nei precedenti 24 mesi i gruppi
armati avevano ucciso 6000 civili e ne avevano feriti altri 16.000.
Tuttavia, gli attacchi sono cosi’ frequenti e le condizioni di sicurezza
cosi’ gravi che e’ impossibile calcolare con certezza il numero delle
vittime, per non parlare delle conseguenze di lungo periodo cui cosi’
tanti iracheni andranno incontro.
Il rapporto elenca una serie di abusi commessi dai gruppi armati negli
ultimi due anni in Iraq:
- attacchi contro i civili, con l’obiettivo di causare il maggior numero
possibile di morti;
- attacchi indiscriminati che hanno causato la morte di civili, bambini e
anziani compresi;
- attacchi contro gli uffici delle Nazioni Unite, della Croce rossa e di
organizzazioni umanitarie;
- cattura di ostaggi, sequestri, torture e uccisioni;
- attacchi contro le donne e le ragazze, tra cui attacchi indiscriminati o
diretti contro attiviste per i diritti delle donne;
- uccisioni di poliziotti e soldati catturati, decine dei quali sono stati
sequestrati, disarmati e poi uccisi dopo essere stati resi inermi.
‘Sollecitiamo i gruppi armati a cessare immediatamente tutti gli attacchi
contro i civili e ogni altro abuso’ – chiede Amnesty International. ‘I
gruppi armati, come le altre parti coinvolte nel conflitto iracheno,
devono aderire rigorosamente al diritto internazionale ed essere chiamati
a rispondere delle loro azioni’.
Amnesty International, inoltre, chiede ai massimi leader religiosi e ad
altre personalita’ influenti irachene di prendere posizione contro cio’
che non puo’ essere difeso e rendere chiaro che non puo’ esistere alcuna
circostanza che possa consentire o giustificare crimini di guerra e
crimini contro l’umanita’. ‘Speriamo sinceramente che essi, esprimendosi
pubblicamente o attraverso modalita’ piu’ discrete, possano contribuire a
cambiare la situazione. Se noi e loro falliremo, sara’ la popolazione
civile irachena a continuare a pagare un prezzo terribile’.
FINE DEL COMUNICATO
disponibile in lingua inglese presso il sito Internet
http://www.amnesty.org e l’Ufficio stampa di Amnesty International Italia.
Per ulteriori informazioni, interviste e approfondimenti:
Amnesty International Italia - Ufficio Stampa
Tel. 06 4490224 cell. 348-6974361 press@amnesty.it
Articoli correlati
- Il 26 maggio 2004 il New York Times riconobbe i propri errori pubblicando un articolo
Le presunte armi di distruzione di massa di Saddam in Iraq
Giornali come il New York Times, fino al 2003 ostili alla guerra, finirono per accettare come veritiere le affermazioni di Powell e per considerare ineluttabile l'intervento armato. A guerra terminata non fu trovata alcuna traccia di quelle fantomatiche armi.16 novembre 2023 - "Breaking News", una volta tanto in positivo
Il Regno Unito riconosce i crimini dell'ISIS contro gli Yazidi
Cercare giustizia è necessario per coloro che hanno perso la vita e per le vittime sopravvissute. E la storia merita di essere riconosciuta.2 agosto 2023 - Gulala Salih - Un recente studio scientifico ripropone la questione
Problemi di salute mentale dei veterani e militari americani
Dopo due decenni di guerra continua in Afghanistan, una crescente popolazione di veterani si presenta per cure di salute mentale. La depressione rimane una delle principali condizioni di salute mentale nei militari. E ogni anno più di seimila si suicidano. - How to fight against war disinformation? Julian Assange shows a way
"My one and only New Year's Resolution": Letter from an ex-pacifist (now no longer "ex")
January 1st of each year is the time for formulating resolutions to keep or break (usually the latter) during the 365 days ahead. So Martina, an ex-pacifist who now is no longer “ex”, has decided to make only one resolution for 2023. “That way,” she says, “I’m sure to keep it.”8 gennaio 2023 - Patrick Boylan
Sociale.network