Conflitti

USA : lo scandalo Rove

27 luglio 2005
Ignacio Ramonet
Tradotto da per PeaceLink
Fonte: La Voz de Galicia

Chiamato a Washington il Macchiavelli della Casa Bianca , Karl Rove è, nell’entourage del presidente Bush, una specie di superconsigliere politico, il gurù più ascoltato nelle questioni di politica interna degli USA e lo stratega capo delle campagne elettorali. Ha la fama di essere una macchina intellettuale affascinante, di un implacabile sangue freddo ,ipeorganizzato, capace di studiare dieci informazioni alla volta. Chiamato a volte il Bonaparte delle elezioni, Karl Rov e è l’artefice incontestabile delle vittorie di Gorge W. Bush nelle elezioni presidenziali del 2000 e del 2004.

Questo superdotato della politica è coinvolto nello scandalo legato alle indagini che le forze speciali stanno conducendo per determinare chi avesse rivelato l’identità di un agente CIA nelle settimane che precedettero, nel 2003, l’attacco USA all’ Irak. Negli USA, rivelare l’identità di un agente dei servizi segreti è un crimine federale. Varie fonti, tra cui il settimanale Newsweek, affermano che Karl Rove fu colui che rivelò ai media l’identità dell’agente Valerie Plame, per colpire, il marito di lei, Joseph Wilson.

Tutta questa storia è iniziata quando il vicepresidente Dick Cheney ricevette nel 2002 un’informativa dei servizi segreti italiani secondo cui Saddam Hussein intendeva comprare uranio dal Niger. Ciò sembrava dimostrare che Baghdad avesse la volontà di dotarsi di armi nucleari. L’ambasciatore Joseph Wilson, che aveva trascorso ventitre anni in missioni all’estero, fu inviato a Niamey, per indagare. “Nel febbraio 2002 – spiegò Wilson – ho trascorso otto giorni in Niger conversando con tutti queli che potevano darmi informazioni. Presto mi sono convinto che non stava avvenendo nulla di quanto affermato. Una semplice analisi dei documenti indicava che essi erano stati manipolati. Le carte contenevano errori di francese. Una delle carte era stata firmata da un funzionario che era andato in pensione dieci anni prima. Varie date non corrispondevano con i giorni della settimana. Vari nomi e titoli dei funzionari erano inesatti…. Era una falsificazione, fabbricata per ingannare”.

A sua volta, Wilson elaborò una informativa, inviata alla CIA, nella quale poneva in guardia contro queste informazioni e dimostrava che erano false. Il presidente Bush fu informato di ciò. Nell’ottobre del 2002, Gorge Tenet, allora direttore della CIA, chiese a Bush di non menzionarle nel discorso che il presidente si preparava a pronunciare a Cincinnati (Ohio). Tenet disse a Bush che le informazioni di cui disponeva la CIA non permettevano di stabilire che l’Iraq stesse trattando per comprare uranio in Africa

Improvvisamente, alcuni mesi più tardi, nel discorso sullo stato della nazione davanti al Congresso, Bush , citò – sapendo che fosse falso – la questione dell’acquisto di uranio dal Niger per accusare Baghdad di possedere armi di distruzione di massa e giustificare così la guerra. Scandalizzato per la mancanza di scrupoli del presidente, Joseph Wilson scrisse un articolo di grande risonanza sul New York Times in cui spiegava i dettagli della sua missione e dimostrava che il presidente aveva mentito con cognizione di causa, cosa che negli Stati Uniti costituisce anch’esso un reato federale.

Dalla notte al giorno Wilson diventò vittima di una virulenta campagna di deleggittimazione che coinvolse numerosi funzionari di alto rango – tra cui Karl Rove – che fecero saltare la copertura di sua moglie, Valerie Plame, rivelando ad alcuni giornalisti, la sua identità di agente della CIA, ponendo così in pericolo i suoi informatori nel corso delle sue missioni precedenti, e la sua carriera.

Durante questi due anni Rove è stato protetto dal diritto dei giornalisti a non rivelare le proprie fonti. Ma il giudice Patrick Fitzgerald ha ordinato l’incarcerazione di Judith Miller, del New York Times, per non aver collaborato con la Corte, ottenendo la confessione di Matthew Cooper, giornalista del Time Magazine.
Ora nessuno dubita della responsabilità di Karl Rove, manca solo poter dimostrare la indiscutibile complicità del presidente George W. Bush.

Note: traduzione di Nello Margiotta per www.peacelink.it
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