Conflitti

Samir Amin : non si può tacere sull'aggressione americana

27 novembre 2005
intervista di Emiliano Bos
Fonte: Misna


“L’uso del fosforo a Fallujah e di armi chimiche o biologiche di diverso tipo purtroppo è iscritto nella natura di questa aggressione. Gli Stati Uniti non hanno condotto una guerra di liberazione da Saddam Hussein, ma un sistematico saccheggio del petrolio e una distruzione della capacità civili, intellettuali e culturali dell’Iraq”: non ha dubbi sulla necessità di “alzare la voce” Samir Amin, 74 anni, economista di fama internazionale, egiziano di nascita e francese d’adozione. “Come si può tacere di fronte all’uso sistematico di bombardamenti contro civili, torture, violenze e occupazione militare?” si chiede Amin da Parigi, dove la MISNA l’ha raggiunto al telefono. Con l’uso del fosforo – ammesso anche dal Pentagono per “stanare” i guerriglieri – “gli Usa hanno superato la linea rossa” continua Amin, da anni contrario a quella globalizzazione delle disuguaglianze che produce ingiustizie e miserie. “L’amministrazione Bush aveva giustificato la guerra con le presunte armi di distruzione di massa di Saddam Hussein: non sono non le hanno trovate, ma ora sono gli stessi americani a utilizzarle” aggiunge. E denuncia le “politiche di sterminio da parte di Washington: gli iracheni rischiano di essere solo le prime vittime”. Perché – spiega Amin, presidente del ‘Forum del Terzo Mondo’ di Dakar in Senegal – “esiste un documento del Pentagono che disegna la dottrina della guerra preventiva, sciaguratamente appoggiata dalla Nato. Dove si prevedono milioni di vittime e non si esclude il ricorso ad armi nucleari e chimiche: è un testo leggibile anche sul sito dell' americano Daniel Ellsberg, noto per aver denunciato i ‘segreti’ della guerra del Vietnam” con la divulgazione dei "Pentagon Papers", delicati documenti del Pentagono. Purtroppo, prosegue il suo ragionamento, “si tratta di testi poco conosciuti, ma andrebbero divulgati per far comprendere all’opinione pubblica che la guerra preventiva non ha alcuna giustificazione”. Non solo, rincara la dose l’economista, “ma negli Stati Uniti e in Gran Bretagna sembra reato denunciare crimini come la tortura: è necessario affermare con chiarezza che questo fa parte della stessa strategia, che cerca di imbavagliare la stampa indipendente ponendo gravi limiti”. L’ultimo esempio, soltanto due giorni fa: il quotidiano britannico ‘Guardian’ ha denunciato che il governo di Toni Blair nasconderebbe alcuni inquietanti aspetti della guerra in Iraq sotto la copertura del ‘segreto di stato’. “Se confermato, sarebbe l’ennesimo grave attentato. Ma non mi sorprende del tutto: il controllo sui mass-media viene esercitato da quando è iniziato quel conflitto”. Amin - che già nel 1973 fu autore di una profetica critica all'economia liberale dal titolo ‘Lo scambio ineguale’ – deplora il “complotto contro la democrazia iniziato già da tempo: bisogna tornare con la memoria all’11 settembre 2001”, con la tragedia delle Torri Gemelle. “Poco dopo il presidente Bush presentò il ‘Patriot Act’ (la strategia degli Usa contro il terrorismo, ndr): non è immaginabile pensare che quel voluminoso documento sia stato elaborato in così tempi così ristretti. Significa allora che era già stato preparato con ampio anticipo” dice ancora Amin alla MISNA. E aggiunge: “Esiste una società civile che fa resistenza, che con blog, mezzi di informazione alternativi o indipendenti diffonde notizie di cui abbiamo bisogno. Ma non facciamoci illusioni: viene raggiunto soprattutto il pubblico delle classi medie di Paesi ricchi”. Resta tagliata fuori “la grande massa dell’opinione pubblica e, soprattutto, i paesi del Sud del mondo che non hanno accesso alle nuove tecnologie”. Per questo, conclude, “c’è ancora molto da fare per “alzare le voci” e fare in modo che siano ascoltate sempre più”


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