Kenia: Si aggrava di giorno in giorno la crisi politica
Sono ben quattro gli esponenti di spicco del governo coinvolti nello scandalo. Ad accusarli l’ex-capo dell’ufficio anticorruzione, John Githongo.
Continua a tenere banco in Kenya lo scandalo che sta colpendo il governo del presidente Kibaki.
La questione, sollevata per la prima volta nel febbraio dello scorso anno dall’ambasciatore inglese a Nairobi, aveva portato alle dimissioni John Githongo, il consigliere di Kibaki per la lotta alla corruzione, che si è rivelato un personaggio chiave della vicenda.
Infatti è stato lui a redigere il rapporto di 31 pagine che accusa ben quattro esponenti del governo di essere implicati nello scandalo denominato Anglo Leasing. Infatti il vicepresidente della Repubblica Moody Awori, il ministro delle Finanze David Mwiraria, quello dell'Energia Kiraito Murungi, e l'ex responsabile dei Trasporti, Chris Murungaru, fra il 2003 e il 2004, grazie ad una serie di appalti rivelatisi fittizi ad una società inesistente (la Anglo Leasing appunto), avrebbero riciclato milioni di dollari usati poi per finanziare una campagna elettorale del loro partito.
Secondo la versione di Githongo, che dopo una serie di minacce di morte si è trasferito a Londra, il presidente sarebbe stato debitamente informato a suo tempo dei fatti, ma non avrebbe preso alcun provvedimento costringendo in pratica alle dimissioni lo stesso Githongo, dopo che da un anno circa ricopriva la carica, mai istituita prima di allora, di capo dello speciale ufficio anticorruzione.
Kibaki, eletto nel 2002, aveva fatto della lotta alla corruzione uno dei suoi cavalli di battaglia ed ora, a distanza di quattro anni dalle elezioni, la situazione del suo governo è drammatica: l’esecutivo non gode neanche più della maggioranza parlamentare (e certo non di quella del Paese: la linea del presidente Kibaki e dei suoi alleati è stata clamorosamente sconfitta in un recente referendum costituzionale), e l'opposizione è sempre più insistente nella richiesta di nuove elezioni. A questo si aggiunga anche una forte perplessità degli Stati donatori causata proprio dalla corruzione dilagante, e la Gran Bretagna ha già sospeso una parte degli aiuti.
Nonostante tutto il vicepresidente Awori proprio oggi ha affermato che non si dimetterà e, assieme al ministro dell’Energia Murungi, ha definito falso e infondato il rapporto di Githongo. Ma l’opposizione non sembra essere intenzionata a lasciarsi sfuggire la possibilità di screditare il governo, e ha definito l’attuale coalizione al potere come “incapace a continuare le indagini”. Anche i gruppi per i diritti civili ed alcuni esponenti ecclesiastici si sono mostrati critici nei confronti del governo, ed hanno invitato Kibaki a sospendere i quattro indagati sino alla fine dell’inchiesta. Inoltre Githongo è stato invitato, dal parlamento keniota, ad apparire di fronte ad una commissione istituita dal parlamento stesso per fare luce sulla vicenda; l’ex-capo dell’ufficio anticorruzione ha però detto di non sapere se farà o meno ritorno nello Stato africano, anche se il governo si è impegnato a garantirgli la dovuta protezione.
Una vera e propria crisi politica dunque, che si va ad innestare in una situazione nazionale complessa a causa della siccità che ha già mietuto una quarantina di morti nel nord-est del Paese, in gran parte bambini.
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