Elezioni in RD Congo: osservatori italiani della società civile
L'appuntamento è di quelli che contano: saranno le prime vere elezioni democratiche e multipartitiche in Congo. Un paese grande otto volte l'Italia, devastato da una guerra che ha provocato circa quattro milioni di morti, causati dalle armi ma più ancora dalla fame e dalle malattie. Un paese che ora si avvia finalmente sulla difficile strada della democratizzazione. Gli accordi di pace firmati nel 2003 avevano stabilito un governo e un parlamento di transizione, che termineranno il proprio mandato il prossimo 30 giugno. Entro quella data, deve aver luogo almeno il primo turno delle elezioni, che avvii il processo di normalizzazione.
Le sfide e le difficoltà sono enormi, in questo paese senza infrastrutture, senza strade e alla prima esperienza elettorale. Le Istituzioni Internazionali stanno seguendo da vicino (e finanziando) tutte le fasi del processo. E per quel giorno (probabilmente il 18 giugno) porteranno anche un buon numero di osservatori. Osservatori ce ne saranno anche di altri gruppi, più o meno istituzionali: dallo statunitense Centro Carter al sudafricano EISA, l'Electoral Institut of South Africa. Anche varie ong stanno preparando i loro osservatori, che saranno ovviamente su un altro piano. Ma, stavolta, non ci sarà conflitto di sorta. Le Istituzioni Internazionali hanno fatto sapere che ogni aiuto è benaccetto: in un paese così grande, gli osservatori internazionali rischiano di essere comunque pochi rispetto alle reali necessità.
Per questo anche l'associazione Beati i costruttori di pace ha deciso di venire incontro a questo bisogno e sta raccogliendo adesioni per formare un gruppo di osservatori indipendenti di società civile. I "Beati" già da tempo seguono gli avvenimenti nella Rd Congo e hanno stretto legami soprattutto nella regione del Kivu, quella più colpita dalla guerra. È lì che porteranno gli osservatori, con un duplice intento: affiancare la popolazione civile in questo momento storico, per dar loro incoraggiamento, e scoraggiare la possibilità di pressioni e intimidazioni. La presenza di internazionali funge da deterrente, si sa. E in tal modo la gente si sentirà più sicura nell'andare alle urne e scegliere senza condizionamenti i propri governanti.
Oltre a questo, c'è un altro intento, rivolto all'Europa: coinvolgere nel progetto tutte quelle realtà di associazionismo e movimento che tanta attenzione hanno per altri paesi ma che poco o nulla sanno di Africa. Si vorrebbe portare in Congo, per esempio, chi ha fatto l'osservatore elettorale in Palestina, o in America Latina. Si vorrebbero coinvolgere i sindacati e le tante anime del movimento per la pace. Magari chi di recente è stato a Bamako. E, soprattutto, si spera in un sostegno degli Enti locali, realtà sempre più preziosa in questa Italia "resistente".
A tutti loro è rivolto l'invito dei "Beati". Con qualche accorgimento: una conoscenza minima del francese; la consapevolezza che le zone in cui si va possono essere zone a rischio; l'obbligo tassativo di partecipare agli incontri di formazione. Il primo dei quali è fissato per il 25 marzo a Padova. Le spese sono a carico dei partecipanti. Per i dettagli e l'adesione: www.beati.org
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