Sudan : si torna a morire
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Gli scontri che mercoledì scorso hanno coinvolto il Sudan People’s Liberation Army, l’ex-movimento ribelle che dopo la firma degli accordi di pace controlla la parte meridionale del Paese, e una non meglio identificata milizia paramilitare sono i primi dalla firma degli accordi di pace, nel gennaio dell’anno scorso. La guerra civile più lunga della recente storia africana è destinata a riprendere?
Uomini del SplaLa questione milizie. Secondo quanto riferito dalle autorità sudanesi, gli scontri sarebbero avvenuti nella località di Kharasana, nel Sudan centrale, nella zona controllata dall’Spla. I morti sarebbero almeno 12, tutti tra le forze del Spla. Che a sua volta condanna il governo sudanese per quanto accaduto, visto che ad organizzare l’attacco sarebbe stato un gruppo miliziano vicino a Khartoum, finanziato durante la guerra civile dal governo centrale per contrastare l’attività dei ribelli. E che, secondo l’organizzazione Human Rights Watch, manterrebbe ancora stretti legami con il governo sudanese.
Possibili conseguenze. Ma quali conseguenze avrà questa ripresa degli scontri sul processo di pace? A Khartoum si fanno gli scongiuri: le varie milizie che operano nel sud del Paese sarebbero dovute entrare nell’esercito entro gennaio 2006, ma la scarsa organizzazione ha in pratica impedito il rispetto degli impegni di pace. Tutto dipenderà ora dal “dinamismo” di questi gruppi armati, e dalla volontà di governo e ex-ribelli di continuare sulla strada della pace. Già in estate, in occasione della morte di John Garang, i disordini di Khartoum avevano rischiato di mandare all’aria il lavoro diplomatico di anni. Il processo di pace ne uscì rafforzato, ma stavolta sarà lo stesso?
La guerra in Sudan ha provocato più di 2 milioni di mortiUn grosso problema. “Le milizie nel sud del Paese costituiscono un grosso problema”, riferisce a PeaceReporter una fonte diplomatica, “il governo se ne è servito durante il conflitto per poi abbandonarle. E così i vecchi guerriglieri sono diventati delinquenti che vessano la popolazione civile, anche se stavolta si sono spinti oltre. Probabilmente la guerra non riprenderà, ma sarebbe ora che le autorità affrontassero il problema sul serio”. Non è però ben chiaro chi debba organizzare la loro integrazione nell’esercito. Il governo o gli organismi internazionali? “E’ una questione che non è mai stata chiarita del tutto” conclude il diplomatico, “e sono proprio questi mancati dettagli a rendere il processo di pace ancora fragile. Perché chi avesse voglia di sabotarlo troverebbe tutti gli appigli possibili”.
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