Conflitti

Ogni scusa si è rivelata falsa

Perchè Bush ha distrutto l’Iraq?

27 marzo 2006
Paul Craig Roberts
Il 20 marzo è ricorso il terzo anniversario dell’invasione dell’Iraq da parte del regime di Bush. Secondo i dati attuali le vittime militari statunitensi sono circa 20.000 tra morti, feriti, mutilati e invalidi di guerra. Il numero delle vittime civili irachene sono decine di migliaia. Le infrastrutture dell’Iraq sono distrutte. Decine di migliaia di casa sono state distrutte. A Fallujah, una città di 300.000 abitanti, i militari americani hanno distrutto 36.000 delle 50.000 case esistenti. Metà della popolazione della città è costituita da profughi che vivono nelle tende. Migliaia di iracheni sono stati fatti prigionieri e centinaia sono stati brutalmente torturati. La reputazione americana presso il mondo musulmano è rovinata. Il regime Bush si aspettava una guerra breve, un “gioco da ragazzi”, seguita dall’ imposizione di un governo fantoccio e da basi militari americane permanenti. Invece, le forze militari statunitensi si trovano di fronte a una insurrezione che non ha permesso ai militari americani di avere il controllo sull’Iraq. Regna il caos e l’insurrezione potrebbe volgersi in una guerra civile. Il 9 marzo, il segretario della difesa americano Donald Rumsfeld, l’uomo che non ha capito nulla dell’Iraq, ha dichiarato al Congresso che se l’inaudita violenza in Iraq dovesse scoppiare in guerra civile, gli americani conteranno principalmente sulle forze di sicurezza irachene per contenere la guerra civile. Quali forze di sicurezza irachene? L’Iraq non ha una forza di sicurezza. Gli sciiti hanno una forza di sicurezza. I sunniti hanno una forza di sicurezza, i curdi hanno una forza di sicurezza. La guardia nazionale controlla le strade, le piccole e le grandi città. Se scoppierà la guerra civile, le “forze di sicurezza irachene” scompariranno nella guardia nazionale, lasciando i militari americani nel bel mezzo della confusione. E’ questo che significa "sostenere le truppe"? La determinazione del presidente Bush di restare in Iraq, nonostante il fallimento palese della tentata occupazione, lo ha messo in conflitto col pubblico americano e con le truppe. I sondaggi mostrano che la maggior parte degli americani credono che l’invasione dell’Iraq sia stata un errore e che bisognerebbe ritirare le truppe. Anche una maggioranza sempre più ampia delle stesse truppe ne sono convinte. Eppure Bush non riesce ad ammettere l’errore e insiste con una strategia sbagliata che si sta trasformando in catastrofe. I consensi per il presidente sono crollati al 34%. Il costo della guerra si aggira a circa 300 miliardi di dollari – con i soldi presi in prestito dai paesi esteri. Gli esperti di economia e di bilancio hanno previsto che il costo finale della guerra contro l’Iraq, considerando le cure a lungo termine per i reduci, gli interessi sui prestiti e le risorse dirottate dagli usi produttivi, saranno intorno ai duemila miliardi di dollari. Quali vantaggi si otterranno da questo enorme sacrificio? Nessuno lo sa. Ogni pretesto fornito per supportare l’invasione irachena si è rivelato falsa. Saddam Hussein non possedeva armi di distruzione di massa. I rapporti degli ispettori dell’ONU, dei funzionari dell’intelligence americana, del segretario del ministro del Tesoro Paul O'Neill e i documenti top secret diffusi dal governo inglese rendono evidente che il governo di Bush prima ha deciso di invadere l’Iraq e poi ha cercato una scusa. Saddam Hussein non aveva legami terroristici con Osama bin Laden e non aveva avuto un ruolo negli attacchi dell’11 settembre. Saddam era un dittatore laico che non aveva nulla a che vedere con le idee islamiste di bin Laden. Chiunque al mondo fosse un minimo informato, questo la sapeva. Crollate le giustificazioni iniziali che sostenevano l’invasione americana, Bush ha dichiarato di aver invaso l’Iraq per liberarlo dalla dittatura e mettere la democrazia al suo posto. Nonostante la confusione che si è creata riguardo alla democrazia e alle elezioni, non si è costituito alcun governo iracheno, e il paese è sul punto di una guerra civile. Alcuni esperti in questioni medio orientali credono che la violenza si stenderà a tutto il paese. La crudele verità è che gli Stati Uniti sono i massimi responsabili. Abbiamo distrutto un paese e creato il caos politico senza avere il benché minimo motivo per farlo. Raramente nella storia un governo ha così male i suoi calcoli quanto Bush in Iraq. La cosa più preoccupante è che il presidente non sembra assolutamente in grado di rimediare al suo errore. Tutto quello che abbiamo sono ostinate promesse di vittoria a cui nessuno dei comandanti militari oramai crede. L’intero governo è smarrito. Un giorno il vicepresidente Cheney e il segretario alla difesa Rumsfeld ci hanno detto che l’ addestramento dell’esercito iracheno prosegue con grande successo e che tra un anno si potrà iniziare il ritiro delle truppe. Il giorno successivo, hanno affermato che la guerra continuerà ancora per decenni. L’invasione irachena da parte di Bush è stata un errore. Il tentativo di Bush di nascondere il suo errore col patriottismo screditerà alla fine il patriottismo stesso. Gli Stati Uniti devono essere maturi abbastanza da ammettere il loro errore e porre fine a questa guerra.
Note: Paul Craig Roberts è stato vicesegretario del Ministero
del Tesoro durante l’amministrazione Reagan. E’ stato direttore
associato dell’editoriale del Wall Street Journal e collaboratore del
National Review. E’ coautore del The Tyranny of Good Intentions. Il suo
indirizzo è: paulcraigroberts@yahoo.com

traduzione di Floriana Figura per www.peacelink.it
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