Iraq: l' ONU esprime grave preoccupazione per la situazione dei diritti umani
Baghdad, 22 marzo 2006 – Le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazioni sulla situazione dei diritti umani in Iraq, citando sospetti secondo i quali squadroni della morte che agiscono “all’interno delle strutture” del ministero degli interni avrebbero compiuto omicidi a Baghdad e nei dintorni.
Le preoccupazioni dell’organizzazione internazionale sono contenute nel rapporto bimestrale sulla situazione dei diritti umani in Iraq della UN Assistance Mission in Iraq (UNAMI), diffuso oggi, e relativo ai primi due mesi di quest’anno.
Il rapporto accusa le forze di sicurezza irachene, in particolare la polizia e le forze speciali, di collusione con le milizie nel commettere violazioni dei diritti umani.
Esso riferisce di "molti corpi" ritrovati a partire da gennaio, che portavano segni tipici di esecuzioni extragiudiziali.
“Le accuse secondo le quali nel paese operano ‘squadroni della morte’ si sono rafforzate dopo la scoperta da parte delle Forze multinazionali in Iraq (MNF-I) e delle forze di sicurezza irachene di un gruppo sospetto, che agisce all’interno delle strutture del ministero degli interni”, osserva il rapporto dell’UNAMI, aggiungendo che il governo iracheno ha promesso di indagare.
In esso inoltre si dice che le forze multinazionali guidate dagli Usa hanno arrestato 22 commando delle forze speciali di polizia in un furgone, che stavano andando a giustiziare un uomo.
Secondo il rapporto, la situazione dei diritti umani in Iraq è una materia che desta "grave preoccupazione", ed è peggiorata in seguito all’attentato contro la moschea sciita di Askariya a Samarra il 22 febbraio scorso, che ha innescato una catena di omicidi, rapimenti, e ritorsioni contro moschee sunnite.
Dopo la distruzione del santuario sciita a Samarra, si legge nel rapporto, “gravi incidenti di violenza sono scoppiati a Baghdad e nei dintorni, nonché a Bassora e in altre parti del paese”, ed è stato riferito che un numero significativo di moschee sunnite sono state attaccate per ritorsione, “e fra coloro che sono stati assassinati ci sono alcuni esponenti religiosi”.
“Scontri nelle strade e assalti da parte di gruppi armati sono continuati per giorni. Molti individui si dice siano stati arrestati a checkpoint improvvisati, o sono stati rapiti dalle case e dalle moschee”.
Il rapporto evidenzia inoltre che “famiglie che vivevano in quartieri misti sono state cacciate con la forza dalle loro case o se ne sono andate spontaneamente a causa di minacce di violenza da parte delle milizie, dei ribelli, e di altri gruppi armati”, aggiungendo che i civili – “in particolare donne e bambini” – continuano a sostenere il peso maggiore delle violazioni dei diritti umani.
Intanto continuano a essere fonte di numerose preoccupazioni per i diritti umani anche le operazioni militari condotte dalla forze multinazionali e dalle forze di sicurezza irachene, specialmente nel governatorato di al-Anbar – si legge nel rapporto - per le accuse di restrizioni alla libertà di movimento, uso eccessivo della forza, maltrattamenti e furti durante le irruzioni nelle abitazioni private, cacciata degli abitanti, e demolizioni di case, che sono arrivate all’UNAMI, accuse che sono state reiterate durante le visite a Ramadi e a Falluja fatte il 20 e il 21 febbraio 2006.
Nel rapporto, inoltre si mette in dubbio la legalità delle detenzioni di sospettati da parte delle forze multinazionali e dei ministeri iracheni della difesa, degli interni, e del lavoro e degli affari sociali (per quanto riguarda i minori).
"Il sovraffollamento e l’assenza di supervisione giudiziaria rimangono problematici".
A fine febbraio, le forze multinazionali a guida Usa avevano in custodia oltre 14. 220 detenuti su un totale di 29.565 fornito dal ministero della giustizia.
Il rapporto definisce inoltre “una grossa fonte di preoccupazione” la nuova legge sulla società civile che regolamenta le organizzazioni non governative (ong), redatta dal ministero per gli affari della società civile.
La bozza di legge impone gravi restrizioni alle organizzazioni della società civile sia nazionali che internazionali. Se approvata, scrive l’UNAMI, una tale legge ostacolerebbe il lavoro delle ong e ne indebolirebbe il ruolo.
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