Medici minacciati dal governo nepalese
Mentre le proteste continuano violente per le strade di Kathmandu e in altre città nepalesi, il governo ha 'scoraggiato' i medici dal soccorrere i dimostranti feriti durante gli scontri tra il movimento per la democrazia e le forze governative. Contemporaneamente, giovedì scorso Louise Arbour, HCHR delle Nazioni Unite ha espresso preoccupazione per l'uso eccessivo della forza da parte delle forze di sicurezza in Nepal così pure per il numero crescente di arresti arbitrari che violano il diritto alla libertà di riunione pacifica.
Negli scontri dei giorni scorsi le forze di sicurezza del governo hanno arrestato 7 medici Dr Mahesh Maskey, Dr Sharad Onta, Dr Saroj Dhital, Dr Bharat Pradhan, Dr Bidur Osti - membri di Physicians for Social Responsibility (Medici per la Responsabilità Sociale) Nepal, Dr Sunder Mani Dixit, Dr Madhu Ghimire con l'accusa di aver protestato contro le misure autocratiche del regime nepalese sfidando il coprifuoco imposto dal governo del re. Dr. Mathura Shrestha, presidente di Physicians for Social Responsibility è detenuto invece da due mesi con accuse banali. Nei giorni scorsi molti studenti di medicina stati stati arrestati durante le manifestazioni di piazza mentre poliziotti e soldati della Royal Nepalese Army sono entrati in un ostello del Nepal Tribhuwan Institute Teaching Hospital terrorizzando gli studenti e minacciandoli di non intervenire durante le manifestazioni di piazza a soccorrere i feriti.
In Nepal i medici sono stati in prima linea anche durante le dimostrazioni a favore della democrazia del 1990. Dr Mathura Shrestha è stato un catalizzatore del movimento di medici 'per la democrazia' proponendo una medicina che non potesse essere disgiunta dall'impegno sociale, civile e politico visto che molti problemi medici sono causati da ineguaglianze di tipo sociale ed economico e spesso le soluzioni a problemi medici richiedono un'azione politica. Anche allora personale medico e paramedico ha esercitato il loro potere attraverso dimostrazioni, soccorso dei feriti in ospedale e sulle strade, scioperi della fame.
Questa è la testimonianza del Dr. Cobb, medico americano, inviata ad International Nepal Solidarity Network che può dare un'idea del clima che si respira a Kathmandu in questi giorni.
"Sono arrivato in Nepal, dove ero già stato negli anni scorsi per insegnare medicina, il 3 Aprile, per fare un corso di Pronto Intervento ad alcuni studenti e per offrire la mia esperienza di medico specializzato in primo soccorso alle persone che, secondo le mie previsioni, sarebbero state ferite durante le dimostrazioni organizzate in tutto il paese dai partiti politici per protestare contro il regime autocratico del re. Dopo aver letto le minacce di 'sparare a vista' ordinate dal Ministro degli Interni e dell'Informazione, mi aspettavo il peggio. Ho portato con me molto materiale medico e a Kathmandu ho comperato barelle e taniche di ossigeno. Ho trascorso i giorni successivi a preparare la mia squadra, dopodichè abbiamo iniziato a partecipare alle manifestazioni in varie zone della città.
Il 7 aprile siamo corsi al campus della Tribhuvan University dove abbiamo trovato un'agente dell'intelligence dell'esercito ferito: aveva minacciato gli studenti con la pistola ed era circondato da una folla che voleva la sua morte. Con altri due volontari abbiamo assistito 4 o 5 giornalisti e attivisti per i diritti umani che stavano combattendo con la folla per cercare di portarlo in un posto sicuro. Lui si è stupidamente liberato di noi ed è corso giù per un burrone inseguito da studenti arrabbiati in cerca di sangue. Anche noi siamo corsi giù per il terreno scosceso, inseguendolo. Uno del mio gruppo lo ha raggiunto, ha convinto un gruppetto di studenti ad aiutarlo, l'ha messo sulla barella e l'ha portato sulla nostra macchina, diretti verso l'ospedale, anche se la folla cercava di chiuderci. Ci siamo quindi spostati dall'altra parte del campus dove la polizia aveva fatto irruzione nell'ostello e stava malvagiamente picchiando gli studenti, che noi abbiiamo soccorso. Ho parlato con l'SSP [Sovrintendente Capo della Polizia] e l'ho convito a ritirare i suoi uomini mentre negoziavo con gli studenti affinchè smettessero di lanciare mattoni e pietre. Il momento di pausa quindi finì e mentre entrambe le parti se ne stavano andando via noi abbiamo portato 8 studenti feriti in modo grave all'ospedale.
Abbiamo continuato a viaggiare da un posto all'altro, curando i feriti, manifestanti e polizia allo stesso modo. Non ci siamo mai fermati per unirci alle proteste e non abbiamo dimostrato favoritismi. In altre due occasioni abbiamo accordato un 'niente sassi e niente lacrimogeni' tra folla e polizia. Il 10 aprile sono saltato in un fuoco di pneumatici bruciati per salvare un poliziotto che era scivolato sui mattoni ed c'era caduto dentro. Era nostra abitudine presentarci alla polizia in ogni luogo e pensavamo di avere con loro un buon rapporto.
L'11 aprile eravamo a Gongabu, scena di violente dimostrazioni il giorno precedente. Intorno all' 1:30 eravamo seduti in una stazione di soccorso improvvisata a circa 10 metri dall'interfaccia tra polizia e dimostranti. C'erano canti e fuochi di pneumatici ma non azioni violente. Improvvisamente un grande numero di poliziotti con bastoni in mano è disceso sulla folla, selvaggiamente picchiata mentre cercava di fuggire. Due uomini, uno dei quali anziano, sono venuti da noi, con ferite grondanti sangue. Mentre prestavamo soccorso, il Capo di Polizia Mdhav Bahadur Thapa, in carica sul posto, ha cominciato a battere gli uomini feriti fino a farli accasciare al suolo, e quindi ha picchiato uno dei volontari e me. Ho avuto ferite al collo, alla schiena e al braccio destro. Poi l'abbiamo visto perforare l'occhio destro di un ragazzo con la punta del suo lathi (bastone).
Ci siamo infilati i nostri zaini, raccolto le barelle e nuovamente diretti verso la strada per curare i feriti, polizia inclusa. Un gruppo di giovani stava colpendo con una sassaiola le finestre di un enorme edificio della polizia, con barre di metallo all'interno. Potevamo vedere i loro fucili che sparavano dall'interno delle finestre, danneggiando con le pallottole anche le mura degli edifici circostanti. Abbiamo continuato a soccorrere i feriti ma siamo stati subiti chiamati a curare gente colpita dagli spari della polizia alcuni blocchi più avanti. Molti erano stati colpiti alla schiena, al viso o sull'addome con pallettoni di piombo; un giovane aveva bruciature di polvere da sparo e colpi di pallottole di plastica sulla manica oltre a pallettoni sul dorso, vicino alla spina dorsale, a prova che era stato colpito alla schiena di punto in bianco. Siamo corsi in una piccola clinica per aiutare i medici nepalesi quando altre 4 persone ferite da colpi di arma da fuoco sono state portate dentro, due erano bambini. Dopo la nostra partenza ci hanno detto che il capo della polizia SSP Thapa era entrato e aveva picchiato un medico e due assistenti vestiti con il camice bianco.
Quando siamo tornati in strada, abbiamo visto la polizia defenestrare una donna dal terzo piano di un edificio in costruzione. Molte persone ci hanno detto che la polizia ha portato via 15 corpi con i loro veicoli. Mentre abbiamo continuato a soccorrere i feriti gravi, trasportando 35 persone al TU Teaching Hospital e 2 all'Eye Hospital con la nostra macchina, abbiamo visto che molti dei feriti avevano colpi alla schiena e sulla parte posteriore del capo, a prova che la causa non poteva essere stata autodifesa. Scuole sono state forzate, studenti picchiati, in alcuni casi hanno anche sparato. Secondo le nostre stime abbiamo soccorso più di 200 vittime in un solo giorno.
Giornalisti mi hanno cercato, da AP, the Washington Post, BBC, Channel 4 a Kantipur TV, per interviste, nelle quali ho descritto la carneficina che ho visto. Nonostante le accuse del governo di infiltrazioni da parte dei Maoisti, non abbiamo visto armi nelle mani dei dimostranti, solo mattoni, pietre e bastoni.
Il 12 aprile abbiamo trascorso il nostro tempo curando le ferite rimaste dal giorno precedente ma alle 4 del pomeriggio un capo di polizia, SSP e un ispettore senza cartellini con i nomi, mi hanno raggiunto a Gongabu dicendo 'Vogliamo che lei venga nel nostro ufficio. Il nostro capo IGP vuole scusarsi e parlare con lei'. Ci hanno detto 'E' meglio che venga con la sua auto. Ci segua'. Il nostro autista, il Dr. Hensen dalla Germania, un medico nepalese e altri 5 studenti nepalesi volontari sono venuti con noi. Abbiamo seguito un grande furgone grigio della polizia armata dino al quartier generale dove ci hanno detto di aspettare in portineria.
Aspettiamo senza che nulla accada per un'ora e mezza, dopodichè dico alla donna in uniforme dell'ingresso che a noi avrebbe fatto piacere spostare l'appuntamento in un altro momento perchè avevamo del lavoro da fare e ci sembrava che l'Ispettore Generale fosse impegnato. Lei non dice nulla e chiama qualcuno al telefono. Immediatamente, un Ispettore Tamang, un uomo basso, calvo e con 4 stelle [il numero di stelle indica il grado nell'esercito nepalese] esce e ci dice che siamo sotto indagine, come sospetti criminali, e ci chiede di rimanere. Chiedo se siamo in stato di arresto ma ci dice di no. Esco, diretto verso l'auto con l'Ispettore Tamang e altri poliziotti, alcuni con il lathi altri con mitragliatrici, che ci dicono di entrare in macchina. Così facciamo ma quando due poliziotti con SMG entrano con forza nell'auto e dicono al nostro autista di seguire i loro ordini con parole pesanti in nepali, io scendo e mi avvio verso un gruppo dell'UNOCHCR [Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite] che aveva appena lasciato l'edificio e si stava dirigendo verso la loro Land Rover bianca e blue.
Dico loro che mi hanno negato il permesso di contattare i consolati tedeschi e americani o chiamare Yubaraj Sangroula, Direttore della Scuola di Legge di Kathmandu per iniziare una petione Habeas Corpus. Chiamano con le loro radio e telefono satellitari i nostri consolati. Appare un altro ispettore, Jagat Koirala, un uomo obeso con pantaloncini bianchi e T shirt e con arroganza non mi dà il permesso di contattare i consolati dicendo 'Questa è il mio paese. Non hai diritti qui. Se loro [ufficiali del consolato] venissero, non li lasceremo entrare'. Anche gli altri escono per unirsi a me ma siamo circondati da 8-10 poliziotti con SMG.
Gli Ispettori entrano, c'è una conferenza sul balcone del primo piano sopra il parcheggio. Vediamo persone che di volta in volta ci indicano con il dito e sentiamo i mormorii delle loro discussioni. Questo succede tra le 6:30 e le 7. La squadra delle UN ci aveva detto che il console americano stava arrivando e si stavano facendo telefonate ad alti livelli. Tra le 7:30 e le 8 gli Ispettori riemergono e ci dicono di entrare nel nostro veicolo. Noi rifiutiamo. Sussurro ai Nepalesi di usare dei nomi falsi e di mettere le loro carte di identità nella mia tasca.
Subito dopo gli ispettori Koirala, Tamang e altri si avvicinano e ci dicono che il CDO [ufficiale del distretto centrale] vuole incontrarci. Dico che rispettosamente rifiutiamo l'invito perchè ci hanno già mentito e minacciato e aggiungo che la nostra detenzione, nonstante continuino a negare lo stato di arresto, è illegale. Poi, con il team delle UN al fianco, io e il Dr Hensel veniamo ammanettati, ci dicono che siamo in arresto e con il fucile puntato ci forzano ad entrare in un grande furgone grigio della polizia. Non so con sicurezza se fosse lo stesso che avevamo seguito prima.
Con i Nepalesi e alcuni poliziotti nel nostro furgone a seguito, e il team delle UN dietro, veniamo portati nell'ufficio del CDO – Central District Officer dove un certo Signor Ghimire si presenta come CDO. La mia mano destra ammanettata sanguinava sulla sua sedia così lui dà il permesso ad uno dei volontari di mettere un bendaggio. Sembra nervoso, ha un sorriso ovviamente forzato, si fa servire il tè e ci dice che questa era solo una visita di routine per controllare i visti ai turisti. Tuttavia ci dice che stava eseguendo degli ordini, senza dire di chi. Il consule americano parla con lui al telefono per 5-10 minuti dopodichè dice a me e al Dr Hensel, entrambi avevamo i passaporti in hotel, che se io avessi lasciato la mia patente di guida americana saremmo potuti andare via e tornare il giorno dopo con i documenti, ma che i Nepalesi sarebbero stati detenuti in prigione – a questo punto li minaccia in nepali – per assicuare il nostro ritorno. Parlo con la gente delle UN e dico al Signor Ghimire che se i Nepalesi fossero rimasti in prigione io sarei rimasto con loro. Quindi parla in privano con uno delle UN e accetta il rilascio se uno di loro mi avesse accompagnato il giovedì mattina.
Alle 10 di sera saliamo sulle nostre auto per andare verso l'hotel. Il mattino seguente vado, come d'accordo, all'ufficio immigrazione con Alys Spensley, il vice console americano. Uno dei Nepalesi viene con me e il Dr Hensel arriva con due ufficiali del consolato tedesco. Incontriamo gli ufficialil dell'immigrazione che ci dicono che stavamo lavorando illegalmente. Ci mostrano la legislazione in inglese, dalla quale risulta chiaro che prestare primo soccorso ad individui non è illegale. Tuttavia, ci offrono la scelta tra partenza volontaria o deportazione ufficiale con divieto di ritorno. Ovviamente scegliamo la prima. La mia patente di guida mi viene restituita e firmiamo i documenti che dicono che partiamo volontariamente consapevoli che è illegale lavorare in Nepal con un visto turistico.
La signora Spensley mi fa compilare un affidavit e si annota altri dettagli. Vado in aeroporto con una macchina del consolato americano, con la signora Spensley e un ufficiale dell'immigrazione. Con il volo Biman 702 arrivo a Dhaka. Il mio volo era stato prenotato da un mio amico nepalese la mattina stessa. Sono arrivato a casa e ora mi riposo comodamente visto che qui venerdì è vacanza."
Monica Mottin
Se condividi la protesta puoi leggere e firmare la petizione online all'indirizzo sottostante e far girare questa mail.
http://www.petitiononline.com/lapendoc/petition.html
Per informazioni sulle manifestazioni di protesta a favore della democrazia in Nepal: International Nepal Solidarity Network www.insn.org
Contatti: insnitalia@yahoo.it , mm@soas.ac.uk
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