Legati alla catena di comando
Con una cerimonia svoltasi il 28 giugno al Comando centrale delle forze navali Usa a Manama (Bahrain), il contrammiraglio italiano Salvatore Ruzittu ha assunto per sei mesi il comando della Task force combinata 152 (Ctf 152), formazione navale che opera nel Golfo persico. E' la prima volta - sottolinea la marina Usa - che le tre principali task force operanti in quest'area sono affidate a ufficiali non statunitensi: al comando delle altre due, la Ctf 150 e la Ctf 158, vi sono ora un contrammiraglio pachistano e un commodoro australiano. Ma, precisa, «anche se nessuna delle tre task force è in questo momento agli ordini di un ufficiale Usa, tutte e tre dipendono dal vice-ammiraglio Patrick Walsh che, a capo del Comando centrale delle forze navali Usa, comanda sia la quinta Flotta che le Forze navali combinate». Il contrammiraglio italiano, cui è stata affidata la Ctf 152, è quindi agli ordini del vice-ammiraglio Walsh, capo del Comando centrale delle forze navali Usa; questo dipende dal Comando centrale Usa, il cui quartier generale è a Tampa in Florida; a sua volta il Comando centrale dipende dal segretario alla difesa Rumsfeld e questi dal presidente Bush. Il contrammiraglio italiano è quindi inserito nella catena di comando statunitense. La Ctf 152, va precisato, non fa parte della Nato ma della marina Usa impegnata nell'operazione Enduring Freedom lanciata dal Pentagono nel 2001. Dalla stessa catena di comando dipendono le navi italiane Etna e Comandante Foscari che, aggiuntesi alla nave Euro già operante in Enduring Freedom, hanno portato a oltre 600 gli uomini impegnati in questa operazione. Perché le tre task force sono state affidate a ufficiali non statunitensi? Lo ha spiegato alla cerimonia di Manama il contrammiraglio John Miller, vice di Walsh: «Non possiamo condurre efficacemente operazioni di sicurezza marittima senza una coalizione pienamente integrata». L'«area di responsabilità» del Comando centrale delle forze navali Usa, estesa su quasi 20 milioni di km2, comprende il Golfo Persico, il Mar Rosso, il golfo di Oman e parti dell'Oceano Indiano su cui si affacciano 27 paesi. Qui la marina Usa da sola non ce la fa a effettuare «operazioni di sicurezza marittima», ha quindi bisogno di una «coalizione pienamente integrata», ossia di alleati che mettano a disposizione forze da integrare nella catena di comando statunitense. Quale «operazione di sicurezza marittima» deve svolgere la Ctf 152 affidata al contrammiraglio italiano? «La Ctf 152 pattuglia il Golfo persico settentrionale per fornire sicurezza a due stazioni offshore di pompaggio del petrolio iracheno» ( Navy Times, 30 giugno). Il governo italiano, dunque, mentre con una mano toglie le nostre truppe da Nassiryia dove erano state inviate soprattutto per difendere gli interessi petroliferi dell'Eni, con l'altra manda le nostre navi da guerra a difendere gli stessi interessi facendo sì che il petrolio iracheno venga pompato dalle grandi compagnie multinazionali sotto la protezione di Enduring Freedom. Non c'è quindi da stupirsi che, nel decreto di finanziamento delle missioni all'estero, siano aumentati i fondi per la partecipazione a Enduring Freedom. Operazione cui l'Italia partecipa ad alto livello, dato che 8 ufficiali italiani sono integrati nel Comando centrale Usa a Tampa.
Il governo italiano intende in questo modo compensare il ritiro da Nassiryia con altre forme di cooperazione militare col Pentagono nello stesso teatro di guerra. Intende allo stesso tempo mantenere la presenza militare italiana in Afghanistan, sia nel quadro delle forze Nato sotto paravento Onu, sia in Enduring Freedom. Le nostre forze armate sono così inserite, direttamente e indirettamente, nella catena di comando del Pentagono e quindi sottratte all'effettivo controllo del parlamento e dello stesso governo. Chi vorrà affrontare in parlamento questo nodo politico, finora eluso?
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