«Costruttori di pace» italiani per il voto in Congo
L’Italia aiuterà la ricostruzione democratica del Congo. E’ con queste intenzioni che partirà, il prossimo 23 luglio, la missione di osservazione elettorale nella Repubblica democratica del Congo (Rdc) finanziata dal ministero degli esteri grazie all’intervento della vice ministra Patrizia Sentinelli e promossa dall’associazione “Beati costruttori di pace” e l’Ong “Chiama l’Africa”. Sessantuno osservatori, formati secondo gli standard internazionali, sovrintenderanno alle operazioni di voto il prossimo 30 luglio, le prime negli ultimi 40 anni di storia di uno dei Paesi più tormentati del continente.
Dopo il regime di Mobutu Sese Seko, salito al potere con un golpe nel 1965 e ripagato con la stessa moneta da Laurent Desiré Kabila nel 1997, la Rdc ha subito quella che è stata definita la prima guerra mondiale africana. Tra il 1998 ed il 2003, praticamente tutti gli Stati confinanti (Uganda, Ruanda, Zimbabwe, Namibia e Angola) si sono schierati all’interno delle frontiere congolesi, chi per difendere il governo - nel frattempo passato di padre in figlio a Joseph Kabila nel 2001 - chi per costituire quello che l’Onu ha definito «un saccheggio sistematico delle (ricchissime) risorse naturali del Paese». Le ostilità, costate la vita secondo l’Onu a 2,5 milioni di persone, hanno portato ad una serie di colloqui di pace - prima in Zambia e poi in Sud Africa - e ad una soluzione di compromesso: un governo di unità nazionale, nato nell’aprile 2003, dove sono confluiti i principali artefici del conflitto, diventati vice presidenti della Rdc, con il mandato di approvare una nuova Costituzione, ratificata con un voto popolare nel dicembre scorso, e di gestire la transizione sino a nuove elezioni.
Secondo la Sentinelli, che si recherà in Congo a settembre, «la democratizzazione della Rdc è un segnale importante per la regione, tanto più che questo avviene dal basso attraverso le relazioni tra le società civili». L’iniziativa è indicativa di come stia cambiando la politica di cooperazione allo sviluppo della Farnesina dove «movimento e governo riescono a promuovere le iniziative di costruttori e portatori di pace». Non è un caso, come spiega Don Albino Bizzotto, che la missione avrà come punto di partenza il Kivu, regione orientale della Rdc, «dove sono passate tutte le guerre di questi anni». E, per certi versi, gli osservatori sono i testimoni di quanto fatto nel 2001, racconta Eugenio Melandri, «quando 300 mediatori arrivarono a Butenbo in pieno conflitto e, dimostrando la loro vicinanza ad una società civile congolese vogliosa di pace, diedero il via al dialogo tra le fazioni in lotta».
La vigilia del voto nella Rdc è stata macchiata da accuse di irregolarità, minacce e vessazioni - come denunciato sia dalla missione Onu in loco, la Monuc, che dai vescovi congolesi e dai partiti di opposizione - al punto che qualche analista teme che le elezioni possano dar vita «ad un periodo di instabilità e riaccendere il conflitto». Per questo, la prospettiva della Farnesina è quella di considerare il voto «un primo passo» al quale dovrà seguire la «riapertura del dialogo fra le diverse forze politiche del Congo».
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