La Corte per i diritti umani condanna Mosca per la scomparsa di un ceceno
La Corte Europea dei Diritti Umani ha riconosciuto la Russia responsabile della sparizione di un giovane ceceno di 25 anni, Khadzhi-Murat Yandiyev, mentre si trovava in custodia nelle mani delle forze di sicurezza moscovite. La causa - riferisce la Bbc - è stata intentata dalla madre, Fatima Bazorkina, che ha anche accusato le autorità russe di non aver condotto indagini adeguate. Fra le prove, la donna ha presentato un filmato nel quale si vede chiaramente un generale russo che, dopo aver sbrigativamente interrogato Yandiyev vicino a un autobus, dà ordine di portarlo via e ucciderlo. Da allora non si hanno più notizie del ragazzo.
Mosca ha respinto le accuse della madre sostenendo che non è stato dato nessun ordine di ucciderlo, né esiste alcuna prova che Yandiyev sia morto. I giudici, tuttavia, hanno stabilito che il ragazzo è presumibilmente deceduto e che la Russia deve essere considerata legalmente responsabile per questo. Il fatto che da nessuna parte sia stata annotato l’arresto del giovane viene considerato della Corte un’aggravante. «La Corte - si legge in un comunicato - considera il fatto in sè una mancanza molto grave, perchè ha consentito ai responsabili di un atto di privazione della libertà di nascondere il loro coinvolgimento nel crimine». La Corte ha, inoltre, riconosciuto alla madre un risarcimento di 35 mila euro e il rimborso delle spese sostenute, ma non ha specificato chi dovrà pagarle. La sentenza è stata accolta favorevolmente dai gruppi che si battono per i diritti umani: è infatti la prima volta che si riconosce una responsabilità russa nel conflitto ceceno. Un fatto che potrebbe aprire le porte alle oltre 200 simili denunce che attendono di essere ascoltate. Dall’inizio del secondo conflitto ceceno nel 1999 sono oltre 5 mila le persone scomparse.
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