Conflitti

Beirut è forse in fiamme?

31 luglio 2006
Uri Avnery

Tel Aviv – "Sembra che Nasrallah sia sopravvissuto", hanno annunciato i quotidiani israeliani, dopo che 23 tonnellate di bombe erano state sganciate in un luogo di Beirut, dove si suppone si stesse nascondendo il leader di Hizbullah.

Una formulazione interessante. Poche ore dopo il bombardamento, Nazrallah aveva rilasciato un'intervista alla televisione Aljazeera. Non solo sembrava vivo, ma anche composto e fiducioso. Ha parlato del bombardamento – prova che l'intervista era stata registrata lo stesso giorno.

Dunque, che cosa significa "sembra che"? Molto semplice: Nasrallah pretende di essere vivo, ma non puoi credere ad un arabo. Chiunque sa che gli arabi mentono sempre. E' nella loro natura, come ha affermato una volta Ehud Barak.

L'uccisione di un uomo è un obbiettivo nazionale, quasi l'obbiettivo principale della guerra. Questa è, forse, la prima guerra nella storia intrapresa da uno stato per uccidere una persone. Fino ad ora, solo la Mafia ha pensato su queste linee. Persino gli Inglesi nella Seconda Guerra Mondiale non proclamarono che il loro obbiettivo era uccidere Hitler. Al contrario, volevano catturarlo vivo, per processarlo. Probabilmente è quello che volevano anche gli Statunitensi, nella loro guerra contro Saddam Hussein.

Ma i nostri ministri hanno deciso ufficialmente che è questo l'obbiettivo. Non c'è molta novità in questo: i governi israeliani hanno adottato una politica di uccidere i leader dei gruppi nemici. Il nostro esercito ha ucciso, tra gli altri, il leader di Hizbullah Abbas Mussawi, il numero 2 dell'OLP, Abu Jihad, allo stesso modo in cui ha ucciso lo sceicco Ahmad Yassin e altri leader di Hamas. Quasi tutti Palestinesi, e non solo loro, sono convinti che anche Yassir Arafat sia stato assassinato.

E i risultati? Il posto di Mussawi è stato preso da Nasrallah, che è molto più abile. Lo sceicco Yassin è stato succeduto da leader molto più radicali. Al posto di Arafat abbiamo Hamas.

Come in altre questioni politiche, una primitiva mentalità militare governa anche questo ragionamento.

Una persona che ritorna qui dopo una lunga assenza e guarda i nostri schermi televisivi potrebbe avere l'impressione che una junta militare sta governano Israele, alla (ex) maniera sud-americana.

Su tutti i canali TV, ogni sera, si vede una parata di ottoni militari in uniforme. Spiegano non solo le quotidiane azioni militari, ma commentano anche su questioni politiche e dettano legge sulla linea politica e di propaganda.

Durante tutte le ore di trasmissione, una dozzina o giù di lì sono state di generali che ripetevano ancora e ancora il messaggio dei comandanti dell'esercito. (Alcuni di loro non sembrano particolarmente intelligenti – per non dire davvero stupidi. E' spaventoso pensare che queste persone una volta erano in una posizione per decidere che vivrà e chi morirà).

Vero, siamo una democrazia. L'esercito è completamente soggetto alla società civile. Secondo la legge, il Governo è il "comandante supremo" dell'esercito (che in Israele comprende la marina e l'aviazione). Ma in pratica, oggi sono gli alti ufficiali che decidono su tutte le questioni politiche e militari. Quando Dan Halutz dice ai ministri che il comando militare ha deciso su questa o quella operazione, nessun ministro osa esprimere opposizione. Certamente non i sventurati ministri del Partito Laburista.

Ehud Olmert si presenta come l'erede di Churchill ("sangue, sudore e lacrime"). E' piuttosto patetico. Poi Amir Peretz gonfia il petto e spara minacce in tutte le direzioni, ed è ancora più patetico, se possibile. Non sembra altro che una mosca sull'orecchio di un bue mentre proclama "stiamo arando!".

La scorsa settimana il capo ha annunciato con soddisfazione: "L'esercito apprezza il pieno sostegno del governo!". Anche questa è una formulazione interessante. Implica che l'esercito decide cosa fare, e il governo offre "sostegno". E così stanno le cose, ovviamente.

Ora non è più un segreto: questa guerra è stata pianificata per molto tempo. Questa settimana i corrispondenti militari hanno fieramente riportato che l'esercito si è esercitato a questa guerra in tutti dettagli per molti anni. Solo un mese fa, c'era un grande gioco di guerra per provare l'entrata di forze di terra nel Libano del Sud – ad un tempo in cui sia i politici che i generali stavo dichiarando che "non dovremmo mai ritornare nel pantano libanese. Non dovremmo mai introdurre nuovamente forze di terra lì". Ora siamo nel pantano, e ampie forze di terra stanno operando nell'area.

Anche l'altra parte ha preparato questa guerra per anni. Non solo hanno costruito depositi di migliaia di missili, ma hanno anche preparato un elaborato sistema di bunker, tunnel e cave in stile vietnamita. I nostri soldati stanno ora affrontando questo sistema e pagando un alto prezzo. Come sempre, il nostro esercito ha trattato "gli arabi" con disprezzo e sottovalutato le loro capacità militari.

Questo è uno dei problemi della mentalità militare. Talleyrand non si sbagliava quando diceva che "la guerra è una cosa troppo seria per lasciarla ad uomini dell'esercito". La mentalità dei generali, che risulta dalla loro educazione e professione, è per natura orientata alla forza, semplicistica, unidimensionale, per non dire primitiva. E' basata sulla convinzione che tutti i problemi possono essere risolti con la forza, e che se essa non funziona – allora serve più forza.

Ciò è ben illustrato dalla pianificazione e dall'esecuzione della guerra attuale. Questa è stata basata sull'assunto che se causando terribili sofferenze alla popolazione, essa insorgerà chiedendo la rimozione di Hizbullah. Una minima comprensione della psicologia di massa suggerirebbe l'opposto. Assassinare centinaia di civili libanesi, che appartengono a tutte le comunità etnico-religiose, trasformare la vita degli altri in un inferno, e distruggere le infrastrutture vitali della società libanese solleverà un'ondata di furia ed odio – contro Israele, e non contro gli eroi, come li vedono loro, che sacrificano le proprie vite a loro difesa.

Il risultato sarà un rafforzamento di Hizbullah, non solo adesso, ma per anni a venire. Forse questo sarà il principale risultato della guerra, più importante di tutti i risultati militari, semmai. E non solo in Libano, ma in tutto il mondo arabo e musulmano.

Davanti agli orrori che sono mostrati su tutte le televisioni e in molti schermi di computer, anche l'opinione mondiale sta cambiando. Quella che era vista all'inizio come una risposta giustificata alla cattura di due soldati ora assomiglia all'azione barbara di una brutale macchina da guerra. Un elefante in un negozio di porcellana.

Migliaia di e-mail sono circolate nella mailing list con orribili serie di foto di neonati e bambini mutilati. Alla fine, c'è una foto macabra: gioiosi fanciulli israeliani che firmano con i loro "saluti" le bombe che stanno per essere lanciate. Poi appare un messaggio: "Grazie ai bambini di Israele per il bel regalo. Grazie al mondo per fare nulla. Firmato: i bambini del Libano e della Palestina". La donna a capo dell'Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha già definito questi atti come crimini di guerra – qualcosa che in futuro potrebbe significare guai per gli ufficiali dell'esercito israeliano.

In generale, quando gli ufficiali dell'esercito stanno determinando la politica di una nazione, sorgono seri problemi morali.

In guerra, un comandante è costretto a prendere decisioni difficili. Manda i soldati in battaglia, sapendo che molti non ritorneranno e altri saranno mutilai per tutta la vita. Indurisce il suo cuore. Come il generale Amos Yaron ha detto ai suoi ufficiali dopo il massacro di Sabra e Shatila: "I nostri sensi si erano intorpiditi!".

Anni del regime di occupazione nei territori palestinesi hanno causato una terribile insensibilità per quanto riguarda il valore della vita umana. L'uccisione di dieci o venti Palestinesi al giorno, tra cui donne e bambini, come accade ora a Gaza, non agita nessuno. Non fanno nemmeno i titoli di giornale. Gradualmente, persino espressioni di routine come "Ci dispiace... non avevamo intenzione... l'esercito più etico al mondo..." e tutte le altre frasi trite non sono più ascoltate.

Ora questo torpore si sta rivelando in Libano. Gli ufficiali dell'Aviazione, calmi e a loro agio, siedono davanti alle telecamere e parlano di "fasce di obbiettivi", come se stessero parlando di un problema tecnico, e non di essere umani in vita. Parlando di allontanare centinaia di migliaia di essere umani dalle loro case come imposizione di un obbiettivo militare, e non nascondo la loro soddisfazione davanti ad esseri umani la cui vita è stata distrutta. Adesso la parola più popolare tra i generali è "polverizzare" - polverizziamo, sono polverizzati, i quartieri sono polverizzati, gli edifici sono polverizzati, le persone sono polverizzate.

Persino il lancio di razzi sulle nostre città e villaggi non giustifica questa ignoranza delle considerazioni morali nel combattere la guerra. C'erano altri modi di rispondere alla provocazione di Hizbullah, senza radere al suolo il Libano. Il torpore morale sarà trasformato in un gravoso danno politico, sia immediatamente che a lungo termine. Solo un folle o peggio ignora i valori morali – alla fine, essi si prendono sempre la loro vendetta.

E' quasi banale dire che è più facile iniziare una guerra che concluderla. Si sa come comincia, è impossibile sapere come finirà.

Le guerre hanno luogo nel reame dell'incertezza. Accadono cose impreviste. Persino i più grandi capitani della storia non poterono controllare le guerre che avevano iniziato. La guerra ha le sue leggi.

Abbiamo iniziato una guerra di giorni. Si è trasformata in una guerra di settimane. Ora stanno parlando di una guerra di mesi. Il nostro esercito ha iniziato un'azione "chirurgica" dell'Aviazione. Poi ha mandato piccole un unità in Libano, ora stanno combattendo lì intere brigate, e i riservisti sono stati richiamati in gran numero per un'invasione totale sullo stile del 1982. Alcune persone già prevedono che la guerra potrebbe precipitare verso un confronto con la Siria.

Per tutto questo tempo, gli Stati Uniti hanno usato tutto il loro potere per prevenire la fine delle ostilità. Tutti i segnali indicano che stanno spingendo Israele verso una guerra con la Siria – un paese che ha missili balistici con testate chimiche e biologiche.

Solo una cosa è già certa nell'undicesimo giorno di guerra: non ne verrà nulla di buono. Qualunque cosa accada – Hizbullah ne uscirà rafforzata. Se c'erano state speranze in passato che il Libano sarebbe lentamente diventato un paese normale, dove Hizbullah sarebbe stata privata del pretesto per mantenere una forza militare propria, ora abbiamo fornito all'organizzazione la giustificazione perfetta: Israele sta distruggendo il Libano, solo Hizbullah sta combattendo per difendere il paese.

E' come per la deterrenza: una guerra in cui un'enorme macchina militare non può schiacciare una piccola organizzazione di guerriglia in undici giorni di guerra totale certamente non ha ristabilito il proprio potere deterrente. Da questo punto di vista, non è importante quanto durerà questa guerra e quali saranno i suoi risultati – il fatto che poche migliaia di combattenti abbiano resistito all'esercito israeliano per 11 giorni e più, è già stato stampato sulla consapevolezza di milioni di arabi e musulmani.

Da questa guerra non verrà nulla di buono – non per Israele, non per il Libano e non per la Palestina. Il "Nuovo Medio Oriente" che sarà il suo risultato, sarà un posto peggiore in cui vivere.

Note: Uri Avnery è un giornalista, scrittore e attivista per la pace israeliano.

Traduzione a cura di Carlo Martini per www.radioforpeace.info
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