Libano, la forza della non violenza
Care «cugine e cugini»palestinesi e libanesi Una volta si diceva compagni in Europa quando ci si rivolgeva ad amici con i quali si condivideva amicizia e militanza politica. Ma ormai la parola «compagno» non possiamo più usarla, se non attraverso infiniti distinguo. Il '900 l'ha inquinata, ed oggi, per esempio, si chiamano fra di loro «compagni» leader politici che sono stati a fianco delle guerre umanitarie o delle operazioni di polizia internazionale che hanno portato morte e distruzione in tanta parte del pianeta. E poi siete stati voi che per primi ci avete chiamato «cugini» quando siete arrivati in Italia, soprattutto nel nostro sud, perché avete scoperto la nostra cultura e vita materiale comune,la nostra sensibilità mediterranea. Quindi cari cugini, siamo desolati del poco che possiamo fare per sostenere in questo momento la vostra lotta di liberazione da una dominazione coloniale che dura da troppo tempo e che nelle forme dell'occupazione israelo - statunitense (non diciamo americana poiché confonderemo le glorie di un grande continente con le ciurme militari che lo hanno invaso qualche secolo fa) sta in questi giorni segnando nuovi crimini contro di voi e l'umanità tutta.
Sappiamo che non vinceranno, poiché la vostra forza non sta certo nella debole resistenza militare che potete opporre, ma nella grande forza della non violenza dei vostri popoli che uscendo ogni giorno nelle strade sotto il fuoco delle bombe testimoniano la forza dei popoli e della pace. In questo momento l'unico appoggio positivo che possiamo darvi è quello di gridare la nostra vergogna per essere parte di una Europa, di un Paese, per le cui classi dirigenti, nella loro stragrande maggioranza, il potere economico e politico, grande e piccolo, sembra prevalere su ogni valore e principio di umanità e sovranità dei popoli. L'Europa che produce quintali di retorica sul Mediterraneo , che insegue il mitico 2010 -la data della creazione dell'area di «libero scambio» - pensando a come allargare il mercato delle proprie merci, non ha capito niente della grande storia che ha attraversato per millenni questo mare. Non ha capito che senza la giustizia sociale e la convivenza pacifica, e soprattutto la difesa dei Beni Comuni - dalla tutela degli ecosistemi mediterranei alla salvaguardia dei patrimoni culturali e artistici- non c'è futuro per i popoli del Mediterraneo, e neanche per la stabilità della Unione Europea.
Vogliamo dirvi grazie perché ci state insegnando molto. Anzitutto che la forza dei popoli nelle forme della non violenza è invincibile. Per questo le truppe israeliane che sparano sulle vostre case e sulle vostre famiglie sono impazzite di trovarsi di fronte a una nuova forma di resistenza e di lotta che non conoscono, ma che sanno invincibile. Loro vedono in ciascuno di voi, in ogni bambino, donna e uomo un Hezbollah, un nemico, non capendo che così ammettono la loro sconfitta. Cercano di allontanare le vostre forze di pace con i volantini invitandovi alla resa, cioè ad abbandonare al loro potere e alla loro violenza le vostre case, i vostri campi, gli animali del cortile. Ma ci state insegnando anche come i legami comunitari, le religioni e le tradizioni possano essere il collante che fa saltare quei vincoli di omertà che ciascuno di noi in Europa, anche se inconsciamente, mantiene con il potere criminale del capitalismo internazionale. Cari cugine e cugini, ora tocca a noi, in Europa, far scricchiolare da dentro le fondamenta dell'impero che vi opprime e che ha lacerato la coscienza di noi mediterranei d'Europa. Vi promettiamo il nostro impegno perché questo avvenga e perché le nostre comunità e famiglie possano presto costruire quegli «anelli di solidarietà» che pongano veramente fine all' «impero del male» che appesta le nostre vite e che impedisce al Mediterraneo di diventare una grande regione, come la Cina, con un mare amico da attraversare per conoscersi e crescere insieme.
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