Conflitti

Due giorni per scavare e fuggire

La gente approfitta dello «stop» nei bombardamenti. Dalle macerie affiorano 50 corpi. In migliaia scappano verso nord
1 agosto 2006
Michele Giorgio
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Attenuatasi la paura dei bombardamenti dopo la sospensione, non totale, per 48 ore dei raid aerei, le squadre della Croce Rossa libanese scortate dagli osservatori dell' Onu, ieri hanno raggiunto cittadine e villaggi del sud del paese rimasti sotto il fuoco israeliano per quasi tre settimane. Hanno scoperto che non c'è stato solo il massacro di Qana con i suoi 54 morti, 37 dei quali bambini, perché sotto le macerie di Bint Jbeil, Srifa, Zivqin, Qleileh e altre località, si trovano decine di cadaveri in avanzato stato di putrefazione. Finora i morti accertati sono 519, ma il ministero della sanità libanese ha indicato che il totale reale supera i 750. Una cinquantina quelli restituiti ieri dalle macerie del paese sconvolto dalla guerra. Spesso mancano i mezzi per scavare. A Srifa, dove ieri sono stati recuperati una ventina di corpi (di civili uccisi il 19 luglio), era al lavoro solo una ruspa. Israele, dopo la strage di Qana si è giustificato sostenendo che i combattenti di Hezbollah si fanno scudo dei civili e anche l'ex ministro degli esteri italiano Gianfranco Fini, che nel Libano del sud non è mai stato e non ha mai incontrato un rappresentante di Hezbollah, si è affrettato a confermare questa tesi dei comandi militari dello Stato ebraico. È l'abusato mito dei «terroristi che si nascondono tra i civili» e che già è servito in passato per spiegare l'uccisione di uomini, donne e bambini innocenti durante raid a Gaza e in Cisgiordania ma che poco si adatta al Libano. Certo, non si può escludere, anzi è probabile che i guerriglieri in qualche caso abbiamo lanciato katiusha da aree vicine ad abitazioni civili. Ma chi nel corso degli anni ha seguito lo sviluppo e l'affermazione sulla scena libanese di Hezbollah sa che questa è l'eccezione e non la regola perché per ragioni di sicurezza la guerriglia si tiene a distanza dai civili. Hezbollah, che agisce applicando strettissime misure di controllo, infatti è ossessionato dal pericolo dei collaborazionisti, delle spie del nemico, sulla scorta dell'esperienza di Gaza, dove i servizi israeliani riescono a conoscere con largo anticipo, grazie ai loro informatori, i movimenti di militanti e dirigenti delle formazioni palestinesi e ad ucciderli con relativa facilità. Hezbollah sa che tenere una batteria di katiusha nascosta in una stalla aumenta le possibilità che venga scoperta e distrutta, ecco perché ha scavato in segreto le decine di bunker e tunnel sotterranei nelle zone a ridosso del confine di cui nei giorni scorsi riferivano gli stessi giornali israeliani.
«Cosa sono venuti a fare quelli della Croce Rossa a Bint Jbail. Ormai non c'è più nessuno a cui dare soccorso. Il mio paese è completamente distrutto. Non esiste più l'80% delle case», ha urlato rabbioso ai giornalisti Ali Bazi, sindaco di Bint Jbail. E i soccorritori non hanno mancato di volgere lo sguardo di tanto in tanto verso l'alto perché la sospensione dei raid aerei è stata solo parziale. Un'incursione degli F16 è avvenuta ieri mattina sul centro di Taibe e l'Unifil, che la scorsa settimana ha perduto quattro osservatori in un bombardamento israeliano a Khiam, ha riferito che i caccia hanno preso di mira anche Ayta Ash Shbab e di Ramiyah, a sud ovest di Bint Jbeil. Combattimenti intensi sono continuati a Kafr Kila, Deir Mimess, Adaisseh e Taibe.
Hezbollah da parte sua ha aperto il fuoco verso postazioni israeliane lungo il confine o appena dentro il territorio libanese. In serata la guerriglia ha annunciato di aver colpito e affondato una fregata israeliana davanti a Tiro ma la notizia non ha trovato conferma. Nelle stesse ore le squadre di soccorso facevano il possibile per recuperare i corpi e dare una sepoltura alle vittime dei raid aerei mentre migliaia di civili bloccati da tre settimane si sono spostati in massa verso il nord. Le strade, non ancora colpite, che dai villaggi colpiti portano a Tiro e poi da Tiro conducono a nord sono state affollate da camioncini e auto gremiti di rifugiati. A rimanere sono gli anziani, gli ammalati e quelli che hanno troppa paura dei massicci bombardamenti lungo le strade per rischiare la fuga. Sono arrivati anche aiuti per la gente di Tiro martellata dai raid aerei per giorni ma l'Onu ha comunicato che l'invio di convogli umanitari in altre zone del Libano è stato sospeso perché troppo rischioso «Cerchiamo di arrivare nel maggior numero possibile di posti ma il nostro problema è l'accesso», ha detto Patrick McCormick, portavoce Unicef, «non riusciamo a spostarci verso sud. E ogni minuto conta». L'Alto commissariato per i rifugiati (Unhcr) ha annullato uno dei suoi tre convogli, con tende e altre generi di prima necessità, che doveva partire da Damasco, per insufficienti condizioni di sicurezza. Medici senza Frontiere ha aiuti umanitari bloccati a Cipro e sino ad oggi è riuscito solo a inviare un convoglio di materiale medico da Tiro a Tibnin, dove oltre 1.700 sfollati si trovano in un ospedale diventato un rifugio improvvisato. Alcuni camion della Croce Rossa destinati al villaggio di Aytaroun per evacuare la popolazione si sono dovuti fermare a 15 chilometri a nord del confine israeliano, a causa del fuoco dell'artiglieria.
Intanto a Qana poco o nulla rimane della palazzina «dell'orrore e del martirio», come è stata descritta dalla stampa libanese, da dove domenica sono stati estratti quasi 60 corpi (sotto le macerie rimangono ancora 6-7 cadaveri). Le vittime di Qana sono state portate all'ospedale di Tiro ma nell'obitorio non c'è più spazio e sono ancora ammassate un Tir-frigorifero parcheggiato non lontano dal campo profughi palestinese di Al Bus. Nessuno sa quando e dove quei poveri corpi, in buona parte di bambini, verranno seppelliti. Le squadre della Croce Rossa ieri hanno scoperto altri venti cadaveri, tra cui quello di un bimbo di 8 anni, sulle strade del Libano del Sud. Erano da giorni in campagne o in auto nelle aree di Jibbain e Qlailè, Kafra e Yater. «Israele continua a combattere - ha ribadito in serata il premier Ehud Olmert in un discorso alla nazione - porremo fine alla guerra quando la minaccia che incombe su di noi verrà scongiurata e quando i nostri soldati rapiti torneranno alle loro case». Tra qualche ora gli F16 torneranno a scaricare tonnellate di bombe e missili sul Libano.

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