Conflitti

«Impariamo a chiedere perdono» Israele si interroga sulla strage

Il bombardamento di Cana incrina il sostegno unanime alla guerra «Accettare le nostre responsabilità». «Un incidente non ci può fermare»
1 agosto 2006
Frattini Davide
Fonte: Il Corriere della Sera (http://www.corriere.it)

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME - La strage di Cana ha spinto Amir Fester a diventare il primo refusnik dell' esercito e Sever Plocker il primo obiettore del suo giornale. Il capitano della riserva, 31 anni, passerà in cella 28 giorni per aver rifiutato l' ordine di richiamo. «All' inizio era favorevole alla guerra - racconta la fidanzata Nitzan -. Il suo sostegno è calato mentre crescevano le vittime tra i civili. Il raid sul villaggio libanese è stato decisivo nella scelta di disobbedire». L' editorialista di Yedioth Ahronoth, una delle firme più note del quotidiano, ha infranto il sostegno quasi totale offerto dai giornali al governo di Ehud Olmert. E ha invitato a compiere il gesto che - dice - per gli israeliani sembra il più difficile: chiedere perdono. «L' uno all' altro o come popolo a un altro popolo è qualcosa che non sappiamo fare. Questa caratteristica è percepita dalle altre nazioni come una sorta di arroganza ebraica. Non c' è spazio per questo atteggiamento di fronte a dozzine di cadaveri. Dobbiamo solo essere umani, profondamente umani: piangiamo, i nemici non ci potranno considerare vigliacchi per le nostre lacrime, le famiglie delle persone uccise ci potranno solo vedere come altri esseri umani. E forse anche perdonare». Solo una settimana fa, Plocker si era scagliato contro quella che chiama «la sindrome di Jenin, diffusa tra la stampa internazionale». «Leggendo le cronache dei reporter di sinistra si potrebbe pensare che Beirut è stata distrutta almeno quanto Dresda durante la Seconda guerra mondiale. Le televisioni continuano a mostrare le immagini delle macerie in uno stesso quartiere della capitale, lasciando intendere che così è ridotta tutta la città». Ieri, dopo le vittime di Cana, usa ancora l' esempio del conflitto combattuto oltre sessant' anni fa. Ma il tono è cambiato: «Accettare la responsabilità del bombardamento su Cana non significa cancellare la legittimità della guerra. In uno scontro come questo, si può essere allo stesso tempo giusti e responsabili della morte di innocenti. Gli Alleati condussero una guerra giusta contro Hitler, i tedeschi, i giapponesi. E fecero cose terribili». Riconosce che i miliziani dell' Hebzollah hanno sfruttato Cana come base di lancio «proprio perché erano consapevoli della riluttanza degli israeliani a colpire una città che dieci anni fa era diventata il simbolo di un massacro di innocenti». «Questa volontà dei fondamentalisti sciiti non può consolare o esonerare la nostra coscienza. Siamo tutti da biasimare, la strage ricade sulle nostre teste». Alex Fishman, sempre su Yedioth, invita invece il governo a tirare diritto con la campagna militare. E considera sbagliato anche solo lo stop di 48 ore ai bombardamenti. «Qualcuno ha chiesto ad Hassan Nasrallah di fermarsi, dopo che otto operai delle ferrovie sono stati ammazzati ad Haifa? Se un razzo tra le migliaia lanciati contro le città israeliane dovesse colpire un' area popolata e causare dozzine di vittime, nessuno chiederebbe scusa, figuriamoci perdono. Un incidente - per quanto traumatico - non può distogliere lo Stato d' Israele dal suo obiettivo principale. Se perde questa guerra, sarà impossibile continuare a vivere in un Medio Oriente dove possiamo essere minacciati dal nucleare iraniano nel giro di pochi anni». Prima e dopo la strage di Cana. Le manifestazioni dei movimenti dell' estrema sinistra hanno cominciato a gonfiarsi. Di slogan e di persone. Da poche centinaia all' inizio del conflitto, agli oltre duemila che sono scesi in piazza domenica sera. Shulamit Alloni, fondatrice di Meretz, 70 anni, ha voluto partecipare a una dimostrazione anche se Yossi Beilin, leader del partito, ha garantito il sostegno a Ehud Olmert all' inizio della campagna militare. Yossi Sarid, che ha lasciato Meretz e la Knesset nel 2005 dopo 32 anni di battaglie politiche, si è opposto fin dall' inizio alla strategia del capo di stato maggiore Dan Halutz. E nel commento pubblicato dal quotidiano liberal Haaretz non crede sia possibile per i ministri e i generali tentare di discolparsi. «Il governo non voleva e l' esercito non voleva e il pilota non voleva. "Non volevamo" è un buon argomento. Ma non abbastanza. "Ci dispiace" è una frase giusta da dire e anche rispettabile. Ma non è abbastanza». Naomi Ragen, scrittrice che vive a Gerusalemme e che nei suoi romanzi ha raccontato la vita degli ultraortodossi, chiede al contrario di «risparmiare la compassione per le madri, le sorelle e le fidanzate dei nostri giovani soldati che preferirebbero rimanere a studiare la Torah, ma non hanno altra scelta che rischiare le vite per combattere i terroristi. Fate una scelta e tenete in serbo le vostre lacrime. Se si nascondono dietro ai bambini per sparare ai miei bambini sono gli unici responsabili, se dei piccoli verranno uccisi».

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