Perchè vado in Libano
Ciao
Salvo insormontabili difficoltà logistiche dell'ultimo momento, da domani
sarò in Libano insieme ad altre amiche e amici rappresentanti di altrettante
organizzazioni.
Perché vado in Libano in questi giorni di guerra? Me lo sono chiesto e mi è
stato chiesto da alcune e alcuni.
Ci sono le motivazioni ufficiali che la delegazione ha concordato e che sono
dichiarate nel documento congiunto che avete letto.
Ci sono poi motivazioni personali (più profonde) che non sono nell'ordine
delle finalità politiche e di solidarietà comuni a molti tra noi.
Io in Libano ci vado con i significati e lo stile che ci hanno insegnato don
Tonino Bello nei giorni di Sarajevo, Teissier nell'Algeria ferita e piagata
dalla pazzia del fanatismo, Helder Camara nel Brasile delle torture e
dell'uccisione degli avversari politici. Andare in Libano per farsi prossimi
anche (soprattutto?) quando la situazione sembra essere senza speranza.
Quando una nostra sorella, un nostro fratello, un'amica stanno male, minimo
andiamo a far visita. Persino quando si tratta di una malato terminale per
cui è stato dato fondo a tutte le strade conosciute e percorribili. andiamo
per stare accanto ad una persona che amiamo. E quello stare accanto non
aiuta fisicamente, non è un farmaco miracoloso. E' come rispondere ad un
moto interiore che dice che quello è il tuo posto. Al capezzale dell'amico
morente.
C'è inoltre la convinzione che per poter disprezzare la guerra bisogna
guardarla negli occhi. Per potersene disgustare bisogna sentirne il fetore.
Per poterne comprendere il paradosso, la stupidità, la drammaticità, è
necessario assumere lo stesso punto d'osservazione delle vittime. L'ho
sempre creduto e ritenuto vero. Se fossi nella condizione dei libanesi,
degli abitanti dell'Alta Galilea, di Gaza. vorrei sapere se il mondo sa
della mia paura in fondo ad un rifugio, della casa che ho dovuto
abbandonare, di quelli che non ci sono più. E non si tratta di numeri e di
statistiche quanto di volti, di storie, di progetti di vita andati in
frantumi. Spero di incontrarli e, al ritorno, di contagiarvi perché il
disgusto della guerra generi il suo ripudio. Fermo e assoluto. Sempre e
dappertutto.
L'esperienza e la vita mi hanno già raccontato che proprio nelle situazioni
di morte è possibile cogliere i segni nuovi della speranza. Intravedere le
prime luci dell'alba a partire dal cuore della notte. Prego perché questa
grazia mi sia ancora riservata e veda protagonisti proprio le vittime cui la
storia e gli egoismi, i giochi perversi della politica e gli interessi
economici. impongono questo calice amaro.
Per ultimo, il mio attuale impegno in Libera sta rafforzando in me la
sensibilità e il valore della legalità democratica. Alla luce di questo
appare ancora più chiaro che la guerra sia la più eclatante e drammatica
violazione del diritto e dei diritti a partire da quello fondamentale alla
vita. Cosa insegneremo mai alle generazioni che seguono se consentiamo e
addirittura pretendiamo di regolare il ricorso alla violenza, alla morte
minacciata e inflitta, alla distruzione su vasta scala come sta avvenendo in
questi giorni in Libano? Rischia di essere inefficace ogni altro progetto di
educazione alla legalità se poi tolleriamo o legittimiamo la guerra!
Grazie a Libera che mi consente questo cammino verso il Libano e alle amiche
e agli amici di Pax Christi e Tavola della pace che, insieme a Libera, mi
delegano a rappresentarli. Spero di esserne all'altezza.
L'ascolto attento degli operatori delle ONG libanesi ci farà comprendere
meglio cosa è necessario fare da qui in avanti, ma contiamo sul fatto che
nessuno di noi tralascerà di fare ogni cosa possibile anche qui in Italia
perché tacciano le armi e si risvegli la politica, la diplomazia sincera,
l'umanità, la fraternità.
Shalom Salam Peace
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