Conflitti

"Dico no ai caschi blu, meglio forze non militari"

Pacifisti «La politica estera italiana deve avere il coraggio di cambiare», dice Fabio Corazzina, coordinatore di Pax Christi. «D'Alema? Spregiudicato nel richiamarsi al mandato Onu»
19 agosto 2006
Alessandro Braga
Fonte: Il Manifesto


La politica estera italiana? «Deve avere più coraggio, e sostenere le ragioni di una interposizione non violenta. La risoluzione approvata dall'Onu non ci piace. Noi diciamo no a chi vuole mandare i militari a portare la pace». Sono questi i punti fondamentali per Fabio Corazzina, coordinatore nazionale di Pax Christi, storica associazione pacifista cattolica, se si vuole trovare un nuovo modo per risolvere i problemi internazionali.
Il mondo pacifista italiano ha in maggioranza approvato la risoluzione dell'Onu riguardante la crisi israelo-libanese. Qual è la posizione di Pax Christi?
Prima di tutto devo dire che sono contento per il cessate il fuoco. Mi pare, da quanto apprendo, che sia efficace: l'esercito israeliano si sta ritirando, seppure con i suoi tempi, e la tregua mi sembra che regga.
Quindi è favorevole?
Il problema è che fatico a comprendere i tempi con cui si è giunti a questo obiettivo. Perché la diplomazia internazionale non si è mossa un mese fa? Avremmo evitato un'altra guerra, un altro attacco militare, migliaia di morti e tantissimi sfollati.
Ora le Nazioni unite manderanno una forza di interposizione nel sud del Libano.
Sì, ma che tipo di forza di interposizione? Una forza militare, armata. E' vero che lo statuto dell'Onu contempla questa possibilità, ma come strumento ultimo. Invece mi pare che se ne faccia un uso troppo facile, che venga utilizzata come prima, forse unica ipotesi.
Per quale motivo?
Credo perché questa risoluzione, come altre, è arrivata in seguito a un'azione diplomatica intercorsa tra le grandi potenze mondiali. Lo strumento dell'Onu può essere efficace, ma non deve restare in mano a chi arma gli eserciti. E' necessario che le Nazioni unite riprendano il ruolo che compete loro in campo internazionale.
In che modo può farlo?
Innanzitutto servirebbe una riforma delle Nazioni unite, tanto attesa ma di cui nessuno si fa promotore. Potrebbe essere questo il compito dell'Italia.
Il ministro degli esteri Massimo D'Alema è stato molto attivo in questo periodo per cercare di trovare una soluzione alla crisi.
D'Alema ha dimostrato anche altre volte di sapere usare l'intervento militare, sotto cappello Onu o Nato in maniera che definirei spudorata. E' necessario un cambiamento radicale della politica estera italiana.
In che direzione?
La politica non può, non deve accontentarsi di aprire corridoi umanitari per poi affidarli ai militari. E' una teoria che va avanti da troppo tempo, e che ritengo sommamente sbagliata: quella di credere che una forza umanitaria non può esistere disgiunta da quella militare.
Quindi la risoluzione approvata non vi va bene.
No, se va nella direzione di escludere altre opzioni e perché, ancora una volta, il cessate il fuoco non è stato imposto dall'Onu ma dall'accordo di alcune potenze mondiali. Perché non si arriva a una soluzione sulla questione del disarmo di Hezbollah? Semplicemente perché alcune potenze non lo vogliono.
Cosa dovrebbe fare allora l'Italia?
Il nostro paese deve cambiare la sua politica estera. La questione in Medio Oriente è irrisolta da anni, e se si continua così lo sarà ancora per molto tempo. L'Italia deve avere coraggio, e sostenere le ragioni di una interposizione non violenta. Ma non affiancata a quella militare. Dobbiamo finalmente dire che vogliamo intervenire con la cooperazione, affidarci ai non militari.

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