Il bilancio
Durante la guerra israeliana contro il popolo libanese, i nostri media, politici e diplomatici si sono coalizzati con gli aggressori distraendoci con questioni non rilevanti, architettando controversie, nascondendosi dietro al linguaggio della diplomazia. Nella fragile tregua che sta venendosi a creare mentre il Libano attende che Israele si ritiri subiamo, una volta di più, lo stesso genere di propaganda.
Uno dei molti esempi di diversivo che rivela chiaramente i loro veri scopi è la faccenda sulla "falsa fotografia REUTERS". Il presunto scandalo del fotografo libanese che ha alterato la foto di un attacco missilistico israeliano aggiungendo del fumo --va detto senza alcun risultato degno di nota-- non è stato soltanto denigrato dagli attivisti o dai siti internet dei sionisti ma amplificato anche dai principali commentatori e trasformato in un dibattito sulla possibilità o meno di fidarsi delle immagini di questa guerra.
A chi giovano questi dubbi? Se non possiamo essere sicuri che questa fotografia sia autentica, allora molte più foto che mostrano la morte dei mille civili libanesi deceduti a causa dei bombardamenti israeliani, anche quelle foto possono essere false. Magari il morto è stato leggermente ritoccato. Forse, una volta rimosso il fumo, saremmo capaci di scorgere che Israele ha "il più morale esercito al mondo".
Il di gran lunga peggiore scandalo, del quale non si parla, riguarda le immagini della guerra che abbiamo visto nel mese trascorso sui nostri media occidentali, foto queste che sono state costantemente filtrate, questa si, questa no.. Non da semplici fotografi che rischiano la propria vita e che sperano di aver successo comunicando la realtà della guerra, ma dai dirigenti anziani dei giornali e delle televisioni che si assicurano che a noi questa realtà non giunga affatto. Foto sono state tagliate o eliminate se in qualche modo accennavano a come sia veramente la morte e la sofferenza. Agli spettatori occidentali non sono state mostrate le file di corpi carbonizzati disposti lungo la strada, o l'agonia di un figlio che preme con forza il brandello di un vestito per fermare il flusso di sangue che esce dal braccio gravemente ferito della madre che morirà dissanguata, oppure il bambino schiacciato dalle macerie.
I giornali e gli editori dicono che è una questione di buon gusto. Giustificano le proprie decisioni affermando che non dobbiamo sfruttare le vittime della guerra mostrando immagini pornografiche della loro morte --un'utile scusa dato che non possiamo sapere cosa ne avrebbe pensato il morto. Ancora più rilevante, in ogni caso, l'esclusione di immagini significative sul costo umano della guerra ci protegge dalla comprensione delle ovvie conseguenze delle azioni militari israeliane. Un attacco autorizzato e sostenuto dai media occidentali, dai politici, dai diplomatici e indirettamente dalle nostre tasse. Se i cittadini americani avessero visto i bambini morti e quei corpi carbonizzati quanto a lungo Israele avrebbe potuto continuare con le proprie azioni? Quanto sarebbero potuti rimanere silenziosi gli spettatori occidentali di fronte alle immagini mostrate quotidianamente sui canali satellitari arabi? Non potremmo allora cominciare a comprendere perchè ci odino, e più vantaggiosamente capire perchè dovremmo odiare noi stessi?
Molti degli stessi obbiettivi sono stati raggiunti nell'arena diplomatica grazie all'infinito dibattito se l'offensiva di Israele fosse "sproporzionata" --una parola che evoca uno sbadiglio nel secondo stesso in cui viene pronunciata-- o se piuttosto fosse necessaria. E dalla controversia iniziata da Jan Egeland (delle Nazioni Unite) riguardo al "vigliacco nascondersi" dei combattenti Hezbollah tra i civili libanesi, un commento espresso mentre era a Gerusalemme e non a Beirut, basato su prove che non ha mai reso pubbliche. E' veramente stupefacente che i rappresentanti mondiali in ambito umanitario in questa guerra --nella quale 1000 libanesi sono stati uccisi e centinaia di migliaia sono stati privati di un tetto-- tentino di far ricadere sugli Hezbollah la colpa per migliaia di attacchi compiuti in aree civili del Libano. Tale è la sconclusionata logica e la disordinata morale dei nostri leader.
E siamo nello stesso campo quando si discute su come Libano e Israele verranno ricostruite dopo i combattimenti. Ricostruzione -- un'altra parola che evoca immediatamente noia -- rende perfettamente l'idea: entrambe le nazioni, ci viene detto, avranno bisogno di miliardi di dollari per riparare i danni procurati alle proprie infrastrutture.
La storia di perdite astronomiche ci trasmette, rassicurandoci, la sensazione di essere in presenza di problemi tecnici che alla fine verranno risolti e in tutto questo si ritroverà la giusta definitiva simmetria della sofferenza di entrambe le nazioni. Entrambi i popoli affrontano un pesante fardello economico imposto dalla guerra, entrambi meritano la nostra solidarietà.
Ma riflettiamo un attimo. Precisamente come è possibile che le perdite materiali di queste due nazioni si equivalgano? Le perdite di Israele derivano in gran parte dai costi enormi dei suoi attacchi sul Libano, dalle decine di migliaia di missili sparati sulle città e sui villaggi uccidendo soprattutto civili, e dai danni provocati ai carriarmati, agli elicotteri e alle navi da guerra che sarebbero stati mezzi necessari per invadere un altro paese sovrano. Gran parte della restante perdita sarà frutto delle mancate entrate in ambito turistico. Il tutto causato da una guerra scatenata da Israele per riavere i due soldati catturati da Hezbollah invece che perdere tempo in negoziazioni. Una piccola parte dei miliardi persi da Israele può essere attribuita ad Hezbollah.
Il danno materiale inflitto al Libano è in una categoria completamente diversa. Le strade e i ponti bombardati, le decine di migliaia di case in rovina, le centrali elettriche distrutte, industrie e pompe di benzina devastate. Il petrolio che scaturisce lungo gran parte delle coste libanesi è un diretto risultato della campagna israeliana di bombardamento ad alta precisione delle strutture civili.
Immaginate cosa potrebbe affermare un tribunale locale prendendo in considerazione i rispettivi reclami di queste due nazioni se tutto ciò fosse una bega tra vicini. Il giudice vedrebbe con simpatia la richiesta di un uomo che pretenda un indennizzo dal suo vicino per avergli rovinato la sua costosa mazza dopo una violenta incursione nella casa del vicino stesso, e magari anche per la perdita reputazione dovuta al fatto di essere considerato un uomo violento? Farebbe qualche differenza dimostrare che il vicino si sia comportato provocatoriamente nei suoi confronti prima che decidesse di spaccargli la casa?
Incredibilmente una simile richiesta potrebbe venire fatta --e probabilmente con comprensione-- al tribunale civile statunitense se gli avvocati israeliani riuscissero a citare il governo Libanese per danni.
Ma tutto questo, come "l'affare della fotografia falsa", è l'ennesimo diversivo. Il vero punto che dovrebbe essere in cima alla lista delle questioni mondiali non è la valutazione dei crimini reciproci contro la proprietà ma la stima dei crimini - soprattutto di una parte- nei confronti degli esseri umani -- gli imponenti crimini che sono stati commessi nel mese trascorso in Libano. Crimini i cui effetti continueranno dato che le Cluster Bomb esploderanno sui rifugiati che tornano alle proprie case, e crimini che ancora vengono commessi ogni giorno contro i palestinesi di Gaza e della Cisgiordania.
Questo impellente quesito morale è stato trascurato a favore della parte materiale, e per ragioni non difficili da comprendere. Perchè se ci concentrassimo sul conteggio dei crimini di guerra Israele uscirebbe vincitore incontrastato sia in Libano che a Gaza.
Traduzione di Fabio Sallustro per ZMag.org
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