Libano, per i contadini “grappoli” di bombe
A quasi un mese dal cessate il fuoco i terreni agricoli del sud del Libano restano disseminati di bombe inesplose che impediscono ai contadini di tornare nei campi proprio nel momento in cui il lavoro agricolo dovrebbe essere al massimo. Questo significa che, al di là delle distruzioni immediate, i 34 giorni di bombardamenti a tappeto avranno una conseguenza molto pesante sull’agricoltura, sia perché il raccolto di quest’anno rischia di andare perduto che per i danni alle infrastrutture e agli strumenti di lavoro, primo fra tutti il sistema di irrigazione indispensabile per un paese arido come il Libano. Un danno che le associazioni di categoria valutano intorno a svariate centinaia di milioni di dollari.
Bisogna capire che in questo paese l’agricoltura contribuisce al prodotto interno lordo con un buon 7 per cento, ricavato quasi integralmente dai prodotti provenienti dal sud, le zone appunto più duramente colpite dall’attacco israeliano e quelle per le quali un ritorno alla normalità risulta più difficile. «Ho paura per la mia famiglia, per i miei figli e per i miei lavoratori» ha confessato al Financial Times Ali Thini, un piccolo proprietario terriero di Aaita al-Chaab, un villaggio vicino al confine meridionale. La sua piantagione di tabacco e i suoi alberi di ulivo sono situati in una valle resa inagibile dalle bombe a frammentazione ancora inesplose. «E guardate», aggiunge, «che non sto parlando del futuro: sto solo cercando di mettere insieme i soldi per pagare l’iscrizione scolastica dei bambini, e non ho assolutamente idea di come fare».
Normalmente i produttori di tabacco libanesi cominciano la raccolta alla fine di maggio, selezionando inizialmente le foglie alla base della pianta, per continuare fino alla fine di settembre risalendo piano piano su per lo stelo. Si possono vedere tracce di questo lavoro lasciato a metà nelle fattorie ancora in piedi, dove le foglie di tabacco raccolte prima del conflitto sono state lasciate a essiccare dai lavoratori fuggiti sotto le bombe. Dopo il cessate il fuoco del 14 agosto scorso i contadini hanno cominciato a tornare nei campi, solo per trovare un’amara sorpresa: le piantagioni sono disseminate di ordigni inesplosi e sono decisamente inagibili.
La scorsa settimana Jan Egeland, il coordinatore delle operazioni d’emergenza delle Nazioni Unite, ha condannato duramente l’impiego delle cluster bomb, (le bombe a frammentazione, appunto) da parte dell’esercito israeliano, sostenendo che ci sono almeno 100 mila bombe inesplose «fra le quali bambini, donne, civili, negozianti e contadini dovranno passeggiare». «Inoltre, ha aggiunto Egeland, trovo oltraggioso e particolarmente immorale che il 90 per cento delle cluster bomb siano state lanciate nelle ultime 72 ore del conflitto». E per gli agricoltori questo vuol dire una cosa sola: che fra il 60 e il 70 per cento dei raccolti andranno perduti, circondati come sono dalla versione moderna delle mine anti-uomo.
Per il signor Thini in particolare significa che, invece della normale produzione di 1.200 chilogrammi di tabacco, quest’anno è riuscito a salvare solo 200 chili con una perdita netta di 10 mila dollari e sette raccoglitori stagionali senza lavoro. A novembre il signor Thini dovrebbe occuparsi dei suoi 400 alberi di olive, ma chi ha il coraggio di addentrarsi fra le bombe inesplose? E davvero basteranno un paio di mesi a decontaminare il terreno? Le Nazioni Unite, le agenzie non governative e un esercito libanese ancora male equipaggiato per questo compito, stanno cominciando a ripulire il terreno ma, almeno secondo i contadini, le zone agricole sono fortemente penalizzate visto che, finora, non sono state ancora nemmeno ispezionate.
Nei suoi primi giorni di attività dopo il cessate il fuoco, il Mine Coordination Centre delle Nazioni Unite ha identificato almeno 435 aree contaminate dalle bombe a frammentazione, ma nuove zone vengono scoperte ogni giorno. Tuttavia, in questa fase l’attività di sminamento si concentra soprattutto sulle case, sulle infrastrutture e sulle strade piuttosto che sui terreni agricoli. Eppure, per quanto a rilento, le operazioni di decontaminazione hanno già preteso il loro tributo di vittime. Dal cessate il fuoco 5 soldati libanesi e almeno 13 civili sono stati uccisi dagli ordigni inesplosi, a cui bisogna aggiungere 61 feriti, in maggioranza bambini, secondo quanto risulta al Mine Coordination Centre.
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