Conflitti

Nuovi colloqui tra Belgrado e Pristina che cerca l?indipendenza. L'allarme di Minority Rights Group: «rischio genocidio in Kosovo»

Intervista con Clive Baldwin, capo dell?ufficio legale del Mrgi
17 settembre 2006
Carlo M. Miele
Fonte: Liberazione (http://www.liberazione.it)

Sette mesi di colloqui tra Belgrado e Pristina non sono bastati a fare chiarezza sul futuro status del Kosovo. I negoziati sulla provincia della Serbia - uscita da soli sette anni dalla guerra e ancora sotto amministrazione Onu - sono ripresi venerdì a Vienna, ma le due parti sembrano procedere sulla propria strada, senza reale volontà di conciliazione. La scorsa settimana il presidente serbo Boris Tadic ha chiesto al Parlamento di inserire il Kosovo nella nuova costituzione dello Stato, definendolo «parte della Serbia». Pristina, invece, pretende l’indipendenza e ha incassato, di recente, la solidarietà dell’inviato Onu Martti Ahtisaari, che ha invitato a «tenere in conto» le colpe commesse dalla Serbia negli anni novanta.

Il vero problema resta la convivenza tra la maggioranza albanese (1,5 milioni) e le altre comunità, a partire da quella serba (circa 100mila). Lunedì il capo della missione Onu Joachim Ruecker ha messo in allarme il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, spiegando che rimandare la soluzione del problema potrebbe solo accrescere le tensioni. La protezione dei diritti delle minoranze è stata al centro delle ultime sedute negoziali e al primo posto nell’agenda dei delegati.

Ne abbiamo parlato con Clive Baldwin, capo dell’ufficio legale dell’organizzazione Minority Rights Group International (Mrgi) e autore di un rapporto sui diritti delle minoranze in Kosovo.

Il vostro rapporto (Minority Rights in Kosovo under International Rule) dà un’immagine drammatica del Kosovo di oggi. Si parla di segregazione, di sfollati e di città “etnicamente pure”. A chi è addebitabile questa situazione?

La principale responsabilità va a coloro che hanno perpetrato le vessazioni e le violenze che hanno costretto le persone ad abbandonare le proprie case. Ma anche le autorità internazionali del Kosovo hanno una grande responsabilità per aver consentito che questa situazione continuasse. Sono stati fatti molti pochi passi concreti per identificare e perseguire legalmente gli autori delle pulizie etniche. Nel 2004 (in coincidenza con gli scontri tra albanesi e serbi, costati la vita a 19 persone, ndr) le forze di sicurezza internazionali avvertirono ripetutamente le minoranze che non sarebbero stati in grado di proteggerli, ma solo di aiutarli a fuggire. Da allora poco è stato fatto per favorire con decisione il ritorno degli sfollati. Sebbene nel 2004 una nuova normativa anti-discriminazione abbia messo fuori legge la segregazione, di fatto non le è stata data attuazione.

Nel rapporto dite che in Kosovo permane «un rischio elevato di pulizia etnica» e «anche il rischio di genocidio». Cosa intendete con queste affermazioni?

Il Kosovo è l’unico posto in Europa che consideriamo a rischio genocidio. Con questa parola intendiamo la distruzione di una parte o di un intero gruppo etnico, che può avvenire tramite uccisioni o semplicemente creando le condizioni che impediscano a un gruppo di esistere come tale.

Le operazioni di pulizia etnica avvenute in Kosovo nel 2004, nonostante la presenza delle forze di sicurezza, dimostra che quel rischio rimane anche oggi. E il fatto che non siano state prese misure concrete per affrontare impedire la pulizia etnica indica che la comunità internazionale ha dimostrato di accettare nella sostanza quello che è avvenuto. In questo modo si dà “il via libera” al compimento di ulteriori operazioni di pulizia etnica. Quello che viene proposto a Vienna (nel corso dei negoziati, ndr) equivale alla divisione su base etnica tra albanesi e serbi e - qualora venga accettata - comporterà una pressione per “ripulire” ogni parte del Kosovo delle sue minoranze.

Negli ultimi mesi la comunità serba ha deciso di interrompere le relazioni con le autorità albanesi della provincia. Alcuni osservatori parlano di preparativi per l’auto-difesa.

Quello che avverrà in futuro non sarà uguale a quello che è avvenuto in passato. » auspicabile che le forze di sicurezza internazionali possano prevenire un’escalation di violenza, ma visto quello che è successo nel 1999 e nel 2004 non si può stare tranquilli. Il Kosovo è ad alto rischio di un futuro conflitto etnico, in particular modo col perdurare dell’incertezza sul suo status. Qualora venisse promossa una divisione su base etnica, in molti - da entrambe le parti - riterrebbero nel proprio interesse di attaccare le minoranze nella “loro” parte di Kosovo, per rafforzare le proprie rivendicazioni su di essa.

Nel rapporto del Mrgi si legge che la comunità internazionale ha mancato di “imparare le lezioni del passato”. Cosa vi aspettate dai negoziati tra Belgrado e Pristina tuttora in corso a Vienna? Pensate che i governi della regione abbiano finalmente imparato qualcosa dai propri errori?

C’è una differenza tra cosa uno spera e cosa si aspetta. Noi auspichiamo una seduta finale dei negoziati che abbia luogo in Kosovo e che accolga le richieste di tutte le parti, in particolare quelle delle minoranze, compresi i rom, i turchi e i bosniaci. Ciò porterebbe a una costituzione che garantisca l’eguaglianza di tutti, che ponga strumenti reali per attuare questi diritti - compreso quello a vivere in sicurezza - e affrontare la discriminazione. Sfortunatamente, quello che è avvenuto finora sono stati i colloqui tra governi del Kosovo e della Serbia, con un minima parte assegnata alle rivendicazioni delle minoranze.

Sempre a proposito dei negoziati. Alla luce di quello che sta avvenendo, che tipo di soluzione ritenete possibile. Un’eventuale divisione del Kosovo - sostenuta da alcuni osservatori - potrebbe essere un esito accettabile o, comunque, inevitabile?

Una divisione - formale o semplicemente con la creazione di aree “serbe” - rappresenterebbe un fallimento significativo e causerebbe ulteriori problemi. Si baserebbe sul falso mito che creare aree etnicamente pure basti a fermare un conflitto. Di fatto, comunque vengano divise le aree del Kosovo, ci saranno minoranze al suo interno. Perciò è necessario assicurare a tutti questi gruppi un’eguaglianza effettiva. In caso contrario, saranno create le basi per nuovi conflitti.

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