Conflitti

«Civili uccisi dagli Usa spacciati per talebani»

Afghanistan, il racconto di due soldati: fucili accanto alle vittime per farle sembrare miliziani
21 settembre 2006
Enrico Piovesana (PeaceReporter.net)
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Le forze Nato della missione Isaf che combattono nel sud dell'Afghanistan spacciano per combattenti talebani le vittime civili dei bombardamenti. Lo ha rivelato a PeaceReporteruna fonte militare affidabile e ben informata che ha chiesto di rimanere anonima.
Fucili messi accanto ai cadaveri per farli apparire come «talebani». «L'aviazione bombarda i villaggi in cui si pensa vi siano dei talebani. Vengono sganciati ordigni da 500 libbre, che non distinguono certo tra combattenti e civili. Dopo il raid aereo, intervengono sul posto le forze speciali per verificare il risultato dell'attacco e fare rapporto al comando. Queste pattuglie si portano sempre dietro una bella scorta di kalashnikov sequestrati in altre occasioni e li depongono accanto ai civili. Scattano una bella foto ed ecco che quei morti, nel rapporto, diventano talebani. Il sistema lo hanno inventato gli statunitensi, stanchi di vedersi messi sotto accusa per i "danni collaterali": con queste messe in scena e con le prove fotografiche sanno di poterla fare franca di fronte a chiunque li accusi. Ma adesso hanno imparato a fare lo stesso anche i britannici e i canadesi. Tale pratica si sta però rivelando strategicamente controproducente, perché la popolazione locale, che in passato non appoggiava minimamente i talebani, preferisce andare a combattere con loro per vendetta o semplicemente perché, se vengono ammazzati lo stesso, tanto vale morire in battaglia. È una condotta idiota, che sta facendo innervosire molti negli ambienti militari Nato, dove tutti sanno queste cose. Ma non vi aspettate che qualcuno ve lo confermi: nessuno vuole perdere il posto!».
«Così si rischia una rivolta generale come al tempo dei sovietici». Qualcuno che confermasse questa incredibile storia l'abbiamo trovato: un altro militare, in servizio a Kabul. Ma anche lui ha chiesto di non rivelare il suo nome.
«Qui lo sanno tutti quello che succede», spiega la fonte. «Quando leggete sui giornali "Uccisi 50 talebani qui, 90 talebani là", in realtà si tratta sempre di civili spacciati per talebani con il giochino dei fucili buttati vicino ai cadaveri. È una cosa che rivolta lo stomaco. Ma nessuno per ora ha il coraggio di denunciarlo. Per paura di ritorsioni, ma anche perché non verrebbe creduto: le foto sono una prova, costruita, ma sono una prova. Qualcuno però dice che, prima o poi, qualcuno denuncerà questi fatti. Se non altro per evitare che in Afghanistan si verifichi un'insurrezione come al tempo dell'occupazione sovietica».
Il 13 settembre, il comando Isaf dichiara di aver eliminato 510 talebani solo nelle ultime due settimane di combattimenti. Fonti locali riferiscono che tra la gente circola invece la cifra di 100 talebani e 500 civili uccisi, nello stesso lasso di tempo. Cifre raccolte dai racconti degli oltre 85 mila civili fuggiti dalla zona dei combattimenti e accampatisi alla periferia di Kandahar e Lashkargah. Mohammad Giran, un abitante di Panjwayi, ha dichiarato: «La Nato bombarda senza sosta, di giorno e di notte. Per ogni talebano ucciso, almeno tre civili perdono la vita sotto le bombe. Negli ultimi quattro giorni ho perso dieci parenti. Sparano su tutti, senza stare a guardare se sono civili o talebani». Haji Khudai Nazar, residente di Nawzad, provincia di Helmand, dice di aver perso 4 familiari in un bombardamento e di volerli vendicare: «Da oggi in poi non farò altro che combattere le truppe straniere e il governo che consente loro di bombardare i nostri villaggi». Quattro mesi fa le forze della Coalizione hanno sferrato nel sud dell'Afghanistan la più grande offensiva militare contro i talebani dal 2001. Undicimila soldati statunitensi, britannici, canadesi e afgani hanno lanciato l'operazione «Mountain Thrust» (Avanzata di Montagna) contro le roccaforti talebane nelle province meridionali di Kandahar, Helmand, Uruzgan e Zabul. Dopo il 31 luglio - data in cui la missione Nato Isaf (alla quale partecipa l'Italia) ha ufficialmente assunto il comando delle operazioni sul fronte afgano meridionale, prima in carico alla missione Usa «Enduring Freedom» - l'offensiva è proseguita, ma con un nome diverso: operazione «Medusa».
Secondo i comandi militari alleati, oltre 1.650 combattenti talebani sono stati uccisi finora, nel corso di queste due operazioni. Delle vittime civili uccisi non c'è traccia nei bollettini dei comandi militari alleati, che parlano ogni giorno di decine di morti, tutti «talebani». Versioni discordanti che fanno sorgere legittimi dubbi sulle verità ufficiali dei comandi della missione Isaf e confermano quanto rivelatoci dalle nostre fonti. Soprattutto se considerate alla luce delle sibilline dichiarazioni del generale Fabio Mini, ex-comandante della missione Nato in Kosovo, «Kfor», che su La Repubblicadel 10 settembre ha scritto: «La legalità dell'intervento più che nelle risoluzioni o nella forza delle armi, sta nella capacita di affibbiare ai morti il titolo di Taliban, a prescindere dall'etnia, dal sesso e dall'età».

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